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Una luce tra le nubi

palloneCi sono momenti in cui scrivere, parlare, esternare ciò che si ha dentro diventa difficile, forse impossibile. Le immagini che ci giungono dal Belgio, dopo quelle dei mesi passati che arrivavano dalla Francia e dalla Turchia, colpiscono ognuno di noi in maniera differente: rabbia, paura, dolore, stupore sono solo alcune delle sensazioni che attanagliano il corpo, la mente, l’anima.

CALCIO NEL PALLONE, REGNA LA PAURA

In circostanze come queste il primo pensiero sarebbe quello di fermarsi, di cambiare le proprie abitudini, di evitare luoghi affollati o di ritrovo, di cedere, insomma, a quella strategia del terrore in atto ormai da troppo tempo. Lasciare che la nostra vita venga irrimediabilmente modificata per un innato istinto di conservazione. Ci si guarda intorno alla disperata ricerca di qualcosa che possa ridare speranza, coraggio, uno spiraglio di luce in mezzo alle nubi che faccia pensare: “Si, nonostante tutta questa burrasca il sole, alla fine, tornerà sempre a splendere”.

Il sole, quel famoso raggio di luce che squarcia le nuvole, può essere lo sport. In ogni sua forma. Gli attentati di Parigi, allo stadio Saint Denis, dello scorso 13 novembre ci hanno fatto capire come proprio i grandi eventi sportivi potrebbero diventare obiettivi sensibili per eventuali atti terroristici futuri. Gli Europei di calcio in terra transalpina, le grandi classiche ciclistiche del Belgio sono solo alcune delle manifestazioni che riempiranno le giornate di sportivi, addetti ai lavori e semplici appassionati nei prossimi mesi. Eventi che c’è chi vorrebbe si svolgessero a porte chiuse o senza spettatori, privando tutto e tutti dello spettacolo, del calore, della passione che probabilmente solo lo sport sa regalare sempre, in ogni occasione.
Gli attentati di Bruxelles avevano fatto ventilare l’idea di rinviare l’amichevole fra Belgio e Portogallo: dopo 24 ore si è scelto di disputare la partita a campi invertiti. Questa decisione è un segnale fortissimo; è la risposta che tutti dovremmo dare.

La sera dell’11 settembre 2001, a poche ore dalla tragedia delle Torri Gemelle a New York, si giocava Roma – Real Madrid all’Olimpico. La gara si disputò in un clima surreale, con tutti che alzavano gli occhi al cielo per vedere se qualche aereo sorvolasse lo stadio capitolino. Ma, nonostante tutto, quella sera, quella sera stessa, c’erano più di ottantamila persone che gremivano gli spalti. Non erano lì solo per vedere Figo, Raul, Zidane, Totti, Batistuta o Montella. No, chi era presente quella notte di 15 anni fa era lì per gridare a tutto il mondo, noi non molleremo, noi non ci faremo piegare, noi, nonostante la paura, siamo qui. Perché è la nostra vita e continueremo a viverla. Anche grazie ad un pallone che rotola…

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