UEFA EURO 2024, riflessioni ad alta voce: la valigia è pronta e l’America è lontana

L'Europeo è finito, e ora?

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amichevole di calcio italia vs turchia
IL CT AZZURRO LUCIANO SPALLETTI E NICOLO FAGIOLI PENSIEROSI ( FOTO FORNELLI/KEYPRESS )

UEFA EURO 2024, giovani e nobili decadute: la Germania deve essere un punto di partenza per molti

Riflettere su questo Europeo provoca rimpianti, delusioni, ma offre spunti di riflessione importanti, che potrebbero essere fondamentali per ripartire. Appagamento, maledizione dei campioni in carica, chiamiamola così, e la confusione l’hanno fatta padrone nelle dichiarazioni Spalletti e nelle facce dei calciatori, con animo completamente diverso all’esperienza di UEFA EURO 2020. Naturalmente, se ci si sofferma a parlare dei campioni bisogna concretamente porsi dinanzi ad un sistema calcistico rinnovato, che già aveva portato i primi frutti, di semi posti tempi addietro, nella scorsa edizione della competizione continentale, interrotta in semifinale proprio contro l’Italia di Mancini, e nelle due Nations League, l’ultima conquistata a Rotterdam contro la Croazia nello scorso giugno. Procediamo per gradi, la Spagna, a seguito dell’esperienza non positiva in Qatar, perde la certezza Luis Enrique e porta sulla propria panchina un allenatore, de la Fuente, che conosce benissimo il mondo delle giovanili della Roja, dato il lungo percorso nelle nazionali minori, dove mette in bacheca diversi titoli, tra cui l’Europeo Under 21 (a dimostrazione che il CT ha compiti diversi da un allenatore di club, ma altro ragionamento). Non a caso, il punto di avvio della spedizione tedesca delle Furie Rosse sono i giovani, supportati da quella necessaria esperienza, in aiuto alla crescita di questi. Se si parla di Yamal non si può trascurare Morata, o Rodri, o Carvajal – secondario nella vecchia nazionale, primario nella nuova –  così come se non si parla di Nico Williams, non si può trascurare la crescita esponenziale dell’ex Napoli, Fabian Ruiz, pilastro del centrocampo spagnolo e del PSG, o di Cucurella, arrivato tra le critiche, come ad esempio quella di Neville (con cui si è tolto più di qualche sassolino dalle scarpe al termine della gara), e uscito da autore dell’assist al gol vittoria. L’unione aiuta e porta una nuova coppa in bacheca, a sottolineare l’ottimo lavoro dei settori giovanili dei club spagnoli e della nazionale. Dall’altro lato c’è un’Inghilterra che sbatte contro un muro, ancora una volta. Il trofeo è proprio ciò che manca al lavoro di Southgate, bravo a riportare in auge una nazionale sempre promettente, ma mai efficace, si guardino le grandi aspettative dal 2006 in poi, o le generazioni di campioni finite nel baratro di una serie di partecipazioni negative. Il CT dei Tre Leoni punta sulla cattiveria e sul cinismo, che mescolato a talento e buona dosa di fortuna, non guasta mai. Non è tutto da buttare, l’Inghilterra deve ripartire dalla criticità maggiore: la poca incisività e voglia di vincere nei momenti chiave; le forze non mancano, i calciatori ci sono, un Bellingham e un Kane sono invidiati da chiunque, ma manca quel qualcosa, quel passo in più verso la gloria. Insomma, una tradizione non positiva, come una sorta di maledizione dal ’66, non può continuare a condizionare una formazione con l’appeal dell’Inghilterra. Poi ci sono le semifinaliste: la Francia, mai uguale a sé stessa, che soffre l’assenza, non fisica di un calciatore come Mbappé, completamente trasformata, in atteggiamento a tattica, rispetto al cammino mondiale, e l’Olanda, figlia di due semifinali, Europeo e Nations League, con tante ambizioni e prospetti futuri. Buona prova per la Svizzera, la Germania, delusa dall’episodio arbitrale della gara contro la Spagna, ancora lontana dalla gloria del proprio nome, ma che mostra segni di ripresa, e il Portogallo. Tra le nobili decadute c’è l’Italia, su cui si è detto tanto. Dunque, fine di un campionato europeo, si apre una nuova avventura, quella a cui gli azzurri non possono proprio mancare: il Mondiale 2026. Bissare una competizione iridata sarebbe il tracollo senza fondo per una squadra con il blasone dell’Italia. Si esca dalla mentalità delle critiche, si entri in quella di una ricerca di soluzioni, le scuse devono divenire fattive realtà, valori concreti. Un barlume di luce c’è, si veda la finale di Coppa del Mondo Under 19, si vedano le altre nazionali minori, le stesse su cui si è costruita, appunto, l’ossatura dei Campioni d’Europa. Il futuro riparta da qui, con la Spagna come esempio da seguire e con un torneo che ha rimarcato un problema: il mancato attaccamento di giocatori e tifosi alla maglia azzurra. Sì, l’America è lontana, “dall’altra parte della luna”, citando Dalla, ma arrivarci diventa fondamentale. Lì dove manchi il fenomeno, si cerchi il gregario, si costruisca il gruppo, e si guardi il futuro.