In principio è stato Antonio Caliendo: l’attuale proprietario del Modena tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta ebbe l’intuizione di creare dal nulla una professione che sarebbe stata negli anni a venire tra le più amate ed odiate nell’ambito sportivo, il procuratore.
Cosa fa un procuratore nello specifico? Il suo compito è quello di rappresentare e tutelare un calciatore (ma anche un atleta di un altro sport) ogni qual volta che c’è una trattativa che lo interessi, curandone i rapporti commerciali, legali ed il marketing. Deve inoltre assicurargli una nuova destinazione alla scadenza del contratto (o prima di questa), sedendosi al tavolo delle trattative con il direttore sportivo della squadra di turno, imbastendo una trattativa. Ovviamente è nell’interesse suo, e del giocatore, tirare il più su possibile l’ingaggio, anche perché in media il 5% del lordo dell’ingaggio di un calciatore va nelle sue tasche. E un procuratore può avere un numero illimitato di assistiti.
L’Italia è la nazione con più agenti FIFA e con più società legate a questo ruolo, superando la Germania, l’Inghilterra e molti Paesi sudamericani: siamo un paese di santi, poeti, navigatori…e procuratori (anche tanti non esercitano).
Il procuratore sportivo, nell’immaginario collettivo, è visto come un personaggio furbo, abile nell’alzare l’asticella delle trattative con le squadre ma altrettanto oscuro, in quanto non si conoscono i retroscena delle trattative e quindi lo si guarda con diffidenza (mai sentito parlare della GEA?).
Il procuratore lavora e viaggia tutto l’anno, a destra e a manca. I picchi sono ovviamente le finestre di mercato e per dodici mesi l’agente osserva migliaia di partite (anche pessime) in ogni dove, telefonando a tutti i direttori sportivi che potrebbero essere interessati, cercando la migliore destinazione (ed il migliore ingaggio) per il proprio assistito.
Il procuratore è un ruolo che o si ama o si odia, non ci sono vie di mezzo: è grazie a lui se molti calciatori guadagnano fior fior di milioni; è grazie a lui se molti calciatori strappano contratti in età avanzata; è grazie a lui (in parte) se non esistono più le bandiere; è grazie a lui se il web si scatena con notizie (false o presunte) di trattative avviate, in dirittura d’arrivo o morte in partenza; è grazie a lui se ci sono trasmissioni televisive ad hoc. Il procuratore è colui che tiene con il fiato sospeso l’italiano medio sotto l’ombrellone e nelle sere fredde di gennaio.
La professione del procuratore dal 1° aprile 2015 ha avuto un cambiamento epocale: da quella data, chiunque può fare il procuratore diventando “intermediario”. O meglio, dal 2001 fino al 31 marzo 2015 tutti gli aspiranti tali dovevano partecipare ad una sessione d’esame (due date in due mesi differenti dell’anno) stabilita dalla FIFA per essere iscritti all’albo ed ottenere la licenza, previo avere alcuni requisiti fondamentali (maggiore età, diploma, casellario penale pulito). Ad ogni sessione, centinaia di candidati sostenevano un corposo e difficile esame che solo in pochi riuscivano a superare, potendo poco dopo operare già sul campo. Non solo metaforicamente.
L’agente è anche lo psicologo del suo assistito, il suo motivatore, quello che prima di tutti crede nelle sue capacità, e non solo per un mero calcolo monetario. Ed il calciatore si affida anema ‘e core al suo procuratore, conscio del fatto che se farà carriera (e guadagnerà tanto) lo dovrà anche a lui.
Il procuratore è cercato dai singoli giocatori o dalla famiglia del giocatore se molto giovane e per l’agente avere una fitta rete di contatti, e contare nell’ambiente, è sinonimo di successo, non solo per lui ma anche per chi si mette nelle sue mani (ops, nelle sue trattative). E se il procuratore è un professionista serio e professionale, è un piacere anche per le società intavolare un discorso con lui ed ingaggiare atleti sotto la sua tutela.
Il procuratore può essere anche un parente entro il primo grado del calciatore, che può rappresentarlo senza essere iscritto all’albo, come per gli avvocati: Giorgio Chiellini, Francesco Totti e Gonzalo Higuain sono seguiti dai fratelli; Lionel Messi, Mesut Ozil e Kakà dai padri; Adrien Rabiot dalla madre; Mauro Icardi e (quando giocava) Matteo Sereni dalle mogli; Fabio Capello dal figlio Filippo. Sono anche procuratori (però iscritti all’albo) anche Davide Lippi e Matteo Materazzi, i quali oltre a seguire i più famosi parenti, hanno anche una buona “scuderia” di giocatori.
Molti giovani sono attratti da questa professione, spinti dalla voglia di guadagnare tanti soldi e di rappresentare le istanze dei campioni che ammirano sui campi da gioco, nelle trasmissioni televisive e sui giornali. I punti di riferimento sono i vari Mino Raiola,Jorge Mendes, Paco Casal, Jorge Cysterpiller, Gilmar Rinaldi, Pini Zahavi, Claudio Pasqualin, Andrea d’Amico, Beppe Bozzo, Oscar Damiani, Giovanni Branchini e Ernesto Bronzetti (deceduto il febbraio scorso), l’intermediazione fatta persona. Per diventare come loro (e non è detto che lo si diventi) bisogna partire dal basso, iniziando a visionare partite di giovani calciatori nei campionati giovanili più disparati non solo in Italia, ma anche all’estero. Molti vedono in questo lavoro una El dorado, ma fare il procuratore necessita di studio, conoscenze legali e vedere partite su partite per capire se in quel giocatore c’è la stoffa per farlo emergere. Ergo, non ci si improvvisa agenti.
I due procuratori top di questi ultimi anni sono un portoghese ed un olandese con chiarissime origini italiane: Jorge Mendes e Mino Raiola, due che arrivano dalla gavetta.
Jorge Mendes, ex calciatore nonché ex titolare di una videoteca e di un locale da ballo, è il top a livello mondiale non solo per le provvigioni guadagnate dai suoi assistiti, ma anche perché segue gli interessi di gente del calibro di Cristiano Ronaldo, James Rodriguez, Angel di Maria, José Mourinho e tanti altri giocatori portoghesi.
Mino Raiola è nato nel Salernitano, ma da piccolo si trasferì con la famiglia nei Paesi Bassi, ad Haarlem, nel nord-ovest del paese. Amante del calcio, dopo averlo praticato i gioventù si buttò nell’ambito della ristorazione divenendo poi direttore sportivo dello stesso Haarlem. Da venti anni Raiola fa il procuratore e nella sua squadra spiccano calciatori come Paul Pogba, Zlatan Ibrahimovic, Romelu Lukaku e Mario Balotelli. Affidarsi a Raiola significa avere la strada spianata verso i top team e verso ingaggi sicuri. Ma attenzione: per far parte della sua scuderia bisogna essere capaci di giocare a calcio e capaci di far fare business al buon Mino: il passaggio di Ibrahimovic al Barcellona portò nelle casse dell’agente italo-olandese, solo in provvigioni, qualcosa come 1,2 milioni di euro. E proprio lui è, per gli italiani, l’esempio da seguire: il self-made man che cura le trattative di assi del calcio.
In questo calcio mordi-e-fuggi, il procuratore ci “sguazza” alla grande, ma è grazie a lui se ogni domenica (o quando si gioca) le squadre per cui tifiamo vincono o ci fanno innamorare del gioco del calcio.
Lunga vita ai procuratori, allora.