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Totti, cosa farai da grande?

TIENE SEMPRE BANCO A ROMA LA QUESTIONE RELATIVA AL FUTURO DEL SUO CAPITANO. APPESE LE SCARPE AL CHIODO, QUALI SCENARI SI PROSPETTANO?

Innanzitutto è lecito nutrire una legittima speranza. Che Francesco Totti resti nel mondo del calcio, ma soprattutto che continui a gravitare nell’universo romanista come la più luminosa delle sue stelle.

L’arrivo degli americani, nel 2011, ha dato nuova linfa al progetto tecnico della Roma, ormai presenza fissa sul podio del nostro campionato, certificandone quindi l’alto livello di competitività.

Ma in queste sei stagioni il tifoso romanista ha dovuto far fronte al ridimensionamento di alcune figure che hanno rappresentato qualcosa di iconico, trascendendo il ruolo stesso del calciatore, della bandiera.

Dall’accantonamento contro lo Slovan Bratislava effettuato da Luis Enrique – che è costata ai giallorossi la prematura uscita dalle coppe – allo scarsissimo minutaggio durante la gestione di Luciano Spalletti, il ruolo di Francesco Totti in chiave puramente tecnica ha subìto un brusco ma fisiologico ridimensionamento.

Qui sta la noce del problema. Poteva la Roma affidarsi in toto alla classe ormai datata del suo fuoriclasse più illustre, senza subirne ripercussioni in negativo? Oggettivamente, se un club vuole portare avanti un processo di crescita che, a conti fatti, pare irreversibile, è fondamentale avere il coraggio di guardare in faccia la realtà. Un Totti ben dosato sarebbe stato una lussuosa scelta in più da poter inserire in corso d’opera, contando sul suo intatto campionario di magie. mantenerlo al cenro di un progetto che vuole la Roma come anti-Juve (assieme al Napoli) e possibilmente più competitiva in Europa francamente sarebbe stato deleterio nel lungo periodo.

Non ci soffermiamo sul ruolo di chi ne ha gestito il talento negli ultimi tempi, ovvero il Lucianone fresco di investitura nerazzurra, poichè la chiarezza non ha regnato sovrana. Dapprima aziendalista a tutto tondo, poi filo-tottiano per elaborare una perfetta exit strategy con macchiavellici artifizi.

Rimane dunque lui, Totti. Ed è arrivato un suo vecchio compagno di battaglie, ovvero Eusebio Di Francesco, pronto ad accoglierne la romanità a braccia aperte. E qui gli scenari cambiano, in una gestione molto yankee – ma non ditelo a Pallotta per non farvelo nemico – ma ancora bisognosa di un vero tramite con l’anima della Roma, il suo ambiente tentacolare, i suoi umori e malumori, i suoi eccessi nel bene come nel male. Decriptare alcune situazioni non deve essere stato facile per la proprietà del club, sempre proiettata in avanti ma spesso incapace di tappare alcuni spifferi.

Francesco Totti, come ambasciatore del club, sarebbe la figura perfetta, una sorta di capitano – lui lo resterà sine die – in grado di aiutare il tecnico nella gestione emotiva degli eventi, vero punto debole di tutto l’ambiente. Dall’alto di un ruolo istituzionale potrebbe godere di poteri decisionali che come giocatore difficilmente gli sarebbero stati concessi.

Quali scenari si aprono a questo punto, per la Roma e per il nostro calcio? Quelli del prolungamento della carriera di alcune figure che sul campo tanto hanno dato e che, con altre vesti e più azzimati, possono ancora dare. Ripuliamo il dimenticatoio di personaggi che darebbero lustro all’italica sfera. E i medesimi, non si lascino schiavizzare dalla loro gloria ma imparino a mettersi in discussione, a ricominciare da zero. Il caso – Maldini di quest’inverno funga da insegnamento.

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