In una lunghissima intervista a Radio Serie A, l’ex ds biancocelste Igli Tare, ha raccontato tanti aspetti della sua vita, tra cui l’esperienza alla Lazio. Di seguito le sue dichiarazioni.
L’ADDIO ALLA LAZIO – “Come mi sono sentito dopo che ho lasciato la Lazio? All’inizio era strano fare questa vita senza pensieri. Poi mi sono abituato e oggi cerco di riempire le giornate con la possibilità di conoscere meglio tanti campionati europei, visitare stadi, club, per conoscere un po’ le diverse mentalità. Non ho rabbia per come è finita. Era un mio desiderio. La Lazio ti entra dentro e la porterò sempre di me, ovunque. La Lazio è stata la più bella esperienza della mia vita. In 18 anni ho vissuto momenti brutti e belli, ma con gli anni ho capito che il mio ciclo era terminato e ho cercato di trovare il momento giusto per andarmene. Il rispetto da parte mia nei confronti della società e tifosi era molto grande e volevo lasciarlo al top e così è stato. L’uscita è stata dolorosa i primi mesi, ora sono ricaricato, ma sarò sempre un tifoso della Lazio.
MEZZO ALBANESE, MEZZO ITALIANO – “Sono sempre stato un po’ italiano. Sono nato a Valona ed è come se fosse italiana, siamo cresciuti con calcio italiano, musica, lingua italiana. Ho fatto questo grande percorso in Italia con piacere, 23 anni è una vita. Sarò sempre grato all’Italia, sono cittadino italiano e lo sono con fierezza perché devo tanto a questo paese che mi ha accolto con rispetto. Sono albanese orgoglioso, le radici sono forti, so di aver fatto parte della prima generazione di chi ha lasciato il paese con difficoltà, sentivo di rappresentare me stesso e il mio popolo e questa era una grande responsabilità”.
LAZIO DA CALCIATORE – “Con La Lazio è un legame cresciuto negli anni. Io arrivai in un momento finale della mia carriera, a 32 anni e sarei voluto arrivare prima. Non era una scelta del direttore sportivo e dell’allenatore, ma fatta dal presidente. Non lo sapevo, ma quando arrivai lo capii. Ho avuto degli anni con alti e bassi, da giocatore fu bellissimo perché raggiunsi la Champions, un terzo posto in campionato e fu un’esperienza che mi aiutò tantissimo nel ruolo di ds. Conoscevo la piazza”.
IL RUOLO DA DS – “Fare il calciatore è la cosa più bella che c’è, ma i calciatori hanno un modo di vedere le cose sbagliata. Ai giocatori arrivati alla Lazio ho cercato di far capire che la visione delle cose va fatta a 360 gradi, devono capire il ruolo del direttore sportivo. Entrai nell’ufficio di Lotito per fare un rinnovo da giocatore, ne sono uscito direttore sportivo. Ebbi difficoltà con gli ex compagni, dicevano “Perchè Lotito ha fatto questa scelta?”, ma Lotito fece una buona scelta, sapeva che conoscevo le lingue, avevo conoscenza delle lingue e avevo un carattere determinante”.
IL RAPPORTO CON LOTITO – “Lotito per me è fondamentale. Una persona che mi ha dato tanto, sarò sempre grato a lui, ha dato nelle mani di un ragazzo senza esperienza la sorte di una società importante, quindi questa scelta ha un ruolo fondamentale per me. Ci aveva visto lungo. In 15 anni ci sono state proposte di altri club ma li rifiutai anche per riconoscenza verso di lui. Abbiamo un legame forte, perché l’ho visto nei suoi occhi. Lui lo sa. Abbiamo avuto discussioni ma lui aveva una capacità di scordarsi subito di un litigio e di andare avanti. La fine della nostra storia è come la fine di un rapporto consumato negli anni ma che rimane sempre un rapporto bellissimo. I nostri erano litigi per fargli capire il percorso che deve avere una società, soprattutto sul lato tecnico. Parlavamo del centro sportivo, del perché di alcuni giocatori”.
SARRI – “Sarri sul campo è molto bravo, fuori è difficile da creare un rapporto e comunicare. Non è una novità, ovunqnue è stato ha avuto questo carattere difficile da gestire. La scelta fatta 3 anni fa era perché si chiudeva l’era di Inzaghi che era la storia della Lazio e dovevamo creare un progetto completamente scioccante, opposto. Fu una scelta mia condivisa con Lotito. Non ho mai avuto problemi con Sarri, me lo confermò anche in una cena che ebbi con lui alla fine. Abbiamo due modi di vedere il calcio, ma le due visioni dovevano combaciare per il bene della società. I meriti del secondo posto dello scorso anno vanno a lui e alla squadra. Lui accettò la nostra offerta sapendo che il nostro obiettivo era la crescita dei giocatori. Sono fiero di aver contribuito di aver contribuito alla crescita della società”.
COLPI RIUSCITI E SFUMATI – “I miei più grandi colpi? Quando fai questo mestiere pensi al primo colpo: Brocchi fu la mia prima scelta ed Hernanes fu il mio primo grande colpo. Tutti erano convinti che non lo avrei portato alla Lazio, aveva tante squadre su di lui, ma la mia esperienza fu bellissima perché in 8 giorni in Brasile conobbi il suo agente spettacolare con un modo di fare da film. Su di lui c’era un’altra trattativa con il Lione, non sapevo che ci fosse questa cosa parallela. Hernanes però ci preferì per la passione. Un colpo sfumato all’ultimo? Cavani, Kim che poi andò al Fenerbahce.
FUTURO – “Se mi richiamasse Lotito? Non lo so. In questo momento non è la mia priorità ma avere la chiarezza dopo tanti mesi in cui ho scelto di andare via. Volevo lasciare la Lazio al suo top. La mia ultima partita della Lazio me la immaginavo con lo stadio tutto esaurito, piansi con mia moglie perché in quel Lazio – Cremonese era davvero pieno lo stadio. Era una piccola cosa che mi diceva di aver fatto la cosa giusta”.