Sul ponte sventola bandiera… Lucarelli

 Lucarelli
 
Nel calcio di oggi, il termine “bandiera” è caduto un po’ in disuso: tra introiti milionari provenienti dai diritti televisivi e sceicchi che “scendono in campo” investendo miliardi di petrodollari, diventa difficile (ma non impossibile) che un calciatore vesta sempre la stessa maglia per anni, se non per tutta la carriera. Sono lontani i tempi dei Boniperti, dei Rivera, dei Mazzola, dei Riva, degli Scirea, dei Bruno Conti o dei più contemporanei Nesta, Maldini, Baresi, Costacurta (da dire tutto d’un fiato), Del Piero, Totti e Bellini solo per fare qualche nome. E chi non giura fedeltà alla maglia, viene additato come un mercenario.

In un mondo pallonaro travolto da insulti omofobi, razzisti, cori beceri ed insulti tra allenatori e tra atleti in campo, la città di Livorno ha consegnato al calcio nazionale due giocatori, anzi due fratelli, che hanno tatuato la parola “bandiera”: Cristiano ed Alessandro Lucarelli. Guardando la loro carriera,  i “Lucarellis” rientrano nella schiera dei fratelli/gemelli che hanno giocato o contro o insieme nei vari campi della nostra massima serie (i gemelli Filippini, i fratelli Sentimenti, Inzaghi, Baresi, Frey, Burdisso, Cannavaro e via discorrendo).

I due fratelli in questione sono livornesi DOC: schietti, generosi, combattivi ed altruisti. Tra i Lucarelli ci sono due anni di differenza (sono nati nel 1975 e nel 1977), molte squadre cambiate (dodici il più vecchio, dieci il secondo) ma solo Cristiano è andato a giocare all’estero, militando per due stagioni nel Valencia e nello Shakhtar Donetsk, mentre il “fratellino” ha giocato solo nel nostro Paese. Cristiano conta sei presenze in Nazionale maggiore, mentre Alessandro non ha mai giocato in nessuna selezione nazionale, ma ha militato in squadre di sei regioni diverse tra la vecchia C2 e la Serie A.

Cristiano dopo l’addio al calcio nel’estate 2012 (una manciata di presenze in due stagioni con il Napoli) ha deciso subito di allenare, passando prima alle giovanili del Parma e poi in Lega Pro: dal Perugia al Viareggio, dalla Pistoiese al Tuttocuoio, compagine della provincia di Pisa. Alessandro invece milita nel Parma dall’estate 2008, di cui ne è il capitano da tre stagioni ed è rimasto in Emilia anche ora che il club gioca in Serie D.

I due fratelli Lucarelli hanno giocato nel “loro” Livorno una stagione e mezza, ma Cristiano con la maglia amaranto non solo ha disputato una fantastica stagione in Coppa UEFA (2006/2007), portando il club “della triglia” fino ai sedicesimi di finali, ma ha anche vinto la classifica marcatori nella stagione 2004/2005 con 24 reti, una in più di Alberto Gilardino. Cristiano Lucarelli oggi è un nome pesante nella Livorno calcistica: Cristiano ha rappresentato lo stereotipo del giocatore “fatto in casa” che ha dovuto emigrare per cercare fortuna nel calcio, salvo poi tornare a casa rinunciando ad un contratto sontuoso (e miliardario) con il Torino pur di giocare nel “suo” Livorno per la prima volta in carriera.

Alessandro gioca, come detto, nel Parma dalla stagione 2008/2009 e da allora non si è mai più mosso dalla cittadina emiliana e dal club ducale, neppure ora che il Parma gioca in Serie D dopo i fasti del passato. Alessandro è il capitano di una squadra di giovani volenterosi che giocano per portare il il club tra i professionisti del pallone. Per fare ciò, si è drasticamente ridotto lo stipendio per giocare tra i dilettanti e la cosa non gli ha dato nessun problema. La cosa che ha colpito di più è che Alessandro Lucarelli ha detto che sarebbe rimasto in gialloblù anche se la squadra sarebbe ripartita dalla Serie D e così ha fatto, mantenendo la parola. E grazie anche a suo apporto, il portiere parmense Zommers ha incassato finora solo dieci reti in ventitré partite.

Tutti si ricordano che fine fece il Parma la scorsa stagione: dalla mancata qualificazione (o meglio, accettazione) in Europa League per alcune irregolarità con l’Irpef al dichiarato fallimento decretato il 19 marzo scorso. Nel mentre, si sono succeduti quattro presidenti e l’ultimo, Giampietro Manenti, è stato anche arrestato per reimpiego di capitali illeciti: il Parma che ha vinto il primo trofeo europeo niente meno che a Wembley e che ha lottato sempre per lo scudetto in quegli anni, si era ritrovato a fare le docce con l’acqua fredda, con la panchina dello spogliatoio di mister Donadoni venduta all’asta e con i cancelli del “Tardini” chiusi perché non vi erano abbastanza soldi per pagare gli addetti alla sicurezza.

Di quel Parma in rosa è rimasto il solo Alessandro Lucarelli: tutti gli altri giocatori o hanno rescisso il contratto lo scorso gennaio o hanno atteso il 1° luglio per svincolarsi per cercarsi una nuova sistemazione. La rosa parmense è costituita da tanti giovani con varie esperienze in Lega Pro e Serie D ed il leader è proprio quell’Alessandro Lucarelli che non ha mai giocato tra i dilettanti in carriera e che ora guida la squadra in vetta al gruppo D con concrete possibilità di tornare il prossimo anno in Lega Pro, quindi tra i professionisti. Se tutti hanno deciso di lasciare la squadra quando sono stati tutti svincolati, Lucarelli ha deciso di non lasciare la barca mentre stava affondando, anzi ha voluto rimettersi in discussione rinunciando magari all’ultimo contratto da professionista, giocando in serie D con uno stipendio molto più basso rispetto a quello percepito negli anni passati.

I fratelli Lucarelli sono due bandiere: il primo pur di giocare con la maglia del Livorno ha rifiutato un ingaggio miliardario nel Torino appena retrocesso e che voleva puntare sul suo numero 9 per un immediato ritorno in massima serie ma che invece ha rinunciato a tutto pur di vestire, a  28 anni, la maglia del suo Livorno con il quale non aveva mai avuto l’onore di giocare; il secondo a quasi 39 anni, non ha ancora deciso di appendere le scarpe al chiodo ma di rimettersi in discussione tra i dilettanti.

Cristiano Lucarelli in panchina insegna non solo a giocare a calcio o a migliorare la propria posizione in campo, ma anche a stare al mondo, ad usare sempre la grinta, le proprie forze per raggiungere i propri obiettivi ma soprattutto ad usare la testa; Alessandro invece deve essere preso da esempio non solo per la caparbietà e per il gusto di rimettersi in gioco, ma anche per il fatto di sentirsi in dovere di riportare nel campo di calcio la squadra che (forse) più di tutte ha creduto in lui e dove lui è diventato il calciatore che tutti conoscono e che ora ammirano per il fatto di aver messo la maglia davanti ai soldi.

Cosa racconta la favola dei Lucarelli? Semplice, che il calcio è fatto ancora da valori ed amore verso  questo sport seppur in provincia ma che ha nella Maglia il vero trait d’union.
I soldi non sono tutto nella vita, ma conta solo il cuore. Ed i fratelli Lucarelli ne hanno uno grande come un campo di calcio.