L’Italia è stata la prima nazione occidentale ad essere colpita massicciamente dal Coronavirus e una di quelle che ha subito i danni e le perdite più alte. Per questo è stata la prima tra i cinque maggiori campionati europei a sperimentare sospensioni e partite a porte chiuse. Ora, sospesi al filo tra l’alba di un nuovo giorno e la ricaduta all’inferno, la parola d’ordine per gli italiani è prudenza. Non a caso la predicano i ministri della salute e dello sport nella loro nota congiunta. Gli allenamenti potranno riprendere dal 18 maggio, ma solamente se la FIGC rivedrà le proprie linee guida.
Serie A ripartenza : Il modello italiano
Infatti, il comitato tecnico-scientifico del governo non gradisce affatto il modello tedesco. Da sabato, in Germania si riprenderà il campionato e se si trovasse un giocatore positivo verrebbe considerato come un normale infortunato. Il modello italiano, invece, chiede che si mantenga quella parola più scientifica che magica, obbligo per ogni abitante della penisola, la prudenza. Dunque, in caso di un contagiato tutta la squadra dovrà andare in quarantena e non si potranno fare tamponi quotidiani, previsti invece in Bundesliga, per non toglierne di utili per il resto della popolazione.
Serie A ripartenza : la nuova idea
Con queste premesse la Serie A potrebbe dirsi conclusa e, anzi, sarebbe messo in pericolo anche il prossimo campionato, dato che 14 giorni di isolamento porterebbero ad un numero enorme di rinvii in un torneo da giocare ogni tre giorni. Il CTS propone però una soluzione che potrebbe convincere non solo in Italia, ma anche all’estero, soprattutto in Spagna e Inghilterra. Calciatori e staff dovrebbero restare totalmente isolati con l’esterno per evitare ogni possibilità di essere colpiti dal virus. La proposta è fattibile, ma la sua attuazione non è altrettanto scontata. Sono molti i fattori che potrebbero metterla in difficoltà, uno tra tutti, la completa adesione non solo dei calciatori milionari, ma anche di figure meno stipendiate, come magazzinieri o massaggiatori, per un non breve periodo di tempo.
Un grande sforzo da veri eroi
Alla fine, da qualsiasi lato la si guardi, la questione resta sempre la stessa e divide il mondo tra divanisti e giochisti. Il calcio è prima di tutto un gioco, non è un bene essenziale e non può avere la precedenza sulla salute, ma in qualche modo bisogna ripartire per evitare la scomparsa di molte società e il conseguente licenziamento di una buona fetta di persone secondarie, che però riescono a vivere grazie a questo sport. Inoltre, per uscire dalle macerie, c’è bisogno di eroi che trainino almeno simbolicamente la rinascita della nazione e della sua economia, un po’ come Bartali e Coppi settant’anni fa.