Si riparte, ma asimmetricamente. Il nuovo format introdotto nel calendario di Seria A dalla stagione 2021/2022 è ormai acquisito. Proviamo a tirare le somme delle nove sorelle prima degli “scrutini” di fine stagione ora che siamo al giro di boa.
Serie A, le prime della classe
Da agosto ad oggi le due certezze cardinali che hanno accompagnato l’approdo di Conte all’ombra del Vesuvio permangono saldamente. La prima risiede nella scelta stessa del mister leccese, voluto fortemente da De Laurentis per ridare al pubblico partenopeo quel diritto di sognare che aveva assaporato con Spalletti. Il fattore Antonio Conte è sinonimo di garanzia in Italia per le ambizioni scudetto di chiunque, e non a caso era stato accostato anche al Milan. In una stagione contraddistinta dagli avvicendamenti sulle panchine delle big, il nome nuovo del Napoli è stato da sempre quello che ha raccolto maggiori sostenitori. La seconda certezza sembra un tormentone sanremese: il Napoli non fa le coppe. Concetto rafforzato dalla prematura uscita dalla Coppa Italia per mano della Lazio. Altro fattore da tenere in considerazione per i momentanei primi della classe è proprio la capacità di aver saputo subito reagire al quasi unico momento complesso della stagione, ovvero il tifone Lazio che si è abbattuto sugli Azzurri in quel doppio intreccio che li ha visti sconfitti non solo in Coppa, ma anche in Campionato. Il Napoli non propone il miglior calcio della Serie A, e non è la squadra più completa su tutti i reparti per ambire al titolo. Per cui anche se non è la principale candidata allo Scudetto, comunque a metà stagione è la prima della classe (la classifica è virtuale a causa dei recuperi ancora mancanti delle inseguitrici). Sul tema dell’organico però la possibile partenza di Kvaratskhelia in direzione Parigi potrebbe essere un fattore. Il dibattito è aperto, ma immaginare un Napoli senza il suo giocatore rivelazione dello Scudetto di due anni fa è sinonimo di ridimensionamento. De Laurentis ha un cruccio: intascare 80 milioni oggi o sperare nel titolo a maggio. Se potessero scegliere i tifosi non avrebbero dubbi. Ma i soldi non sono i loro.
Oggettivamente è difficile immaginare un’Inter ridimensionata dalla batosta araba contro il Milan. Il ritorno al campionato con una trasferta accessibile come Venezia non può che rimettere gli allineamenti planetari al loro posto. Inoltre le due partite da recuperare legittimano una proiezione da prima in classifica e l’Inter ha l’obbligo morale di sentirsi tale. Squadra da battere, campioni in carica e prima candidata per lo scudetto: ognuna di queste etichette ha ragion d’essere a metà stagione. Il vero rivale dell’Inter è se stessa come dimostra il proprio riflesso nell’acqua. Il mito di Narciso, lo specchiarsi adagiandosi sugli allori è l’unico limite della squadra di Inzaghi. Un memento da qui a fine anno è il fatto di non staccare mai la spina crogiolandosi nelle proprie certezze. Il carbone dell’Epifania di Supercoppa ha la stessa amarezza dello scudetto soffiato dai cugini tre stagioni or sono, tra l’altro sempre per la stessa mano diabolica. Ma il saporaccio in bocca deve servire da sprone. Recuperare gli uomini chiave, ritrovare le energie e puntare agli obiettivi di medio termine: questi i mantra per reagire subito. Concludere la stagione con “zero tituli” per citare un interista DOC sarebbe inaccettabile. Obbligati a vincere.
Sulla gioia ingenerata dalla divinità del calcio italiano ci siamo più volte sperticati. L’Atalanta tra tutte le pretendenti rimane quella che ha dalla sua un fattore spesso determinante nello sport: la leggerezza. Non è obbligata a vincere, ma ormai ci ha preso gusto nel farlo. Se pensiamo che ormai da settimane la Dea continua a vincere senza un attaccante di ruolo causa infortuni, ciò la dice lunga sulle risorse dei ragazzi indemoniati di Gasperini. La striscia positiva in Campionato parla da sé e la sconfitta rimediata in Supercoppa contro l’Inter non può scalfire una struttura solida come quella Bergamasca edificata dai Percassi.
Tra le prime della classe la Lazio è quella che ha pagato dazio proprio in chiusura del girono di andata. Dopo l’amarezza di un derby perso nettamente, anche la festa per i 125 anni di storia è stata rovinata ieri sera dal pareggio col Como sono un pessimo esordio del girone di ritorno. La squadra di Baroni resta e rimane una rivelazione del Campionato, autentica outsider come ormai consuetudine da diversi anni. La probabile risalita di squadre più quotate dalle retrovie è sicuramente una dinamica che obbliga la Lazio a guardarsi le spalle. Tutto è nelle mani di Baroni: saprà muovere le giuste corde dei suoi uomini?
Il girone di ritorno per svoltare la stagione?
Mettiamo su un unico piedistallo Juventus, Milan e Roma, per poi affiancare subito sotto l’accoppiata Fiorentina e Bologna. Le prime tre sono accomunate da una stagione al di sotto delle aspettative, in un gradiente di colori che va dal nero notte profonda della Roma, passando per il buio crepuscolare dei Rossoneri fino al grigio dei Bianconeri (che cromaticamente non fa una grinza). Perché diverse sono le spie accese nella stanza delle emergenze delle rispettive società, così come le correzioni intraprese e non ultimo i rispettivi trend. Roma e Milan hanno cambiato marcia per effetto degli avvicendamenti alla guida tecnica. Se con Ranieri l’iter è stato lungo e tortuoso, in casa Milan la vittoria subitanea di un trofeo per merito del neo allenatore Conceição che non ha avuto nemmeno il tempo di trovare un appartamento in quel di Milano, ha del sensazionale. Il fatto che il trend di queste due squadre sia benaugurante crea un precedente che probabilmente inquieta il sonno di Motta. In casa Juve, infatti, l’andamento tra pareggi e sconfitte non promette nulla di buono. Benché la classifica in Serie A sia meno drammatica, l’insoddisfazione non è dissimile da quella che si respira a Milanello e Trigoria. Ma è l’immobilismo decisionale in casa Juve sul fronte allenatore a lasciare perplessi. Ogni situazione è differente e non è detto che il cambio di gestione sia sempre risolutivo, ma la Juve ha bisogno di una svolta. Ognuna di queste squadre sulla carta dovrebbe essere attiva sul fronte mercato – mentre stiamo scrivendo Rashford sembra sempre più vicino ai Rossoneri – e chissà che per la Juve la svolta non possa venire proprio da qui, magari con l’innesto di Kolo Muani. Proviamo a sbilanciarci: ognuna di queste compagini ha le carte in regola per ribaltare la stagione nel girone di ritorno. La storia del calcio dimostra che nulla è impossibile. Lo scudetto sembra un miraggio, è vero ma se si faranno trovare pronte in caso di terremoti sui piani alti, mai dire mai. Il discorso vale più per Milan e Juve, la classifica della Roma è troppo deficitaria in tal senso. Ma non bisogna dimenticare che per queste società, entrare nella zona Champions è quasi analogo alla vittoria scudetto in termini di obiettivi stagionali.
Su questo proiezione ottimistica si distende l’ombra della accoppiata Fiorentina e Bologna di cui sopra. Queste due società stanno giovando di una posizione in classifica dignitosa che si si intreccia con gli scarsi risultati del terzetto già citato. Insomma, il destino dell’accoppiata è interconnesso a quello del terzetto, con una distinzione. Questa Fiorentina ha le carte in regolare per dire la sua con qualche asso in più rispetto al tentennante Bologna. La Viola venderà cara la pelle nel tentativo di “rubare” l’ultimo posto Champions disponibile al terzetto. Il pareggio con la Juve del Turno precedente in questo senso è simbolico.