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Il senso di Iniesta per il calcio

Ha senso, nel (tardo) giugno 2016, parlare (e scrivere) di quanto è forte e determinante Andres Iniesta? Evidentemente si, visto che il numero 6 della Nazionale spagnola sta facendo cose…da Iniesta. Come sempre. Anche in Francia durante questo Europeo, che vede la Spagna tornata ai suoi livelli e che stasera, nel caso in cui battesse la forte (ma discontinua) Croazia, potrebbe vincere il girone D, lasciando a Rakitic e compagni l’incombenza di sfidare l’Italia lunedì prossimo a Saint Denis negli ottavi di finale.

Il 32enne centrocampista di Fuentealbilla è il perno di una Roja che si diceva in fase calante ed indirizzata alla fine di un ciclo non d’oro ma di platino, mentre invece le chiavi del centrocampo delle “furie rosse” sono sempre nelle sapienti mani (e negli strepitosi tocchi) di don Andres.

L’età non è più dalla sua, ma l’intelligenza tattica e tecnica del giocatore sono sempre quelle di quando, con il “gemello” Xavi, dettava i tempi del centrocampo blaugrana: da Rijkaard a Guardiola passando Vilanova, Martino e Luis Enrique. Non c’è niente da fare: se il Barcellona è una delle squadre che negli ultimi anni ha segnato di più, lo deve al tocco o alla posizione in campo di Andres Iniesta. E la stessa cosa vale per la Spagna: chi non fosse ancora convinto può chiedere a Nolito, messo davanti a Volkan per il gol del momentaneo 2 a 0 contro la Turchia grazie ad una “iniestata”.

Iniesta è la quintessenza del gioco del calcio. Stop.

Su Iniesta è stato detto e scritto di tutto: giocatore taciturno ma efficace, poco polemico ma tanto concreto, ragazzo con la testa a posto con un piede sinistro che incanta e che mette il compagno nella migliore posizione possibile in campo. Insomma, il compagno di reparto che qualsiasi centrocampista vorrebbe al proprio fianco. Senza contare la sua visione di gioco, il suo tocco di palla, il suo cambio di passo e gli assist serviti a iosa ai compagni. Quale allenatore non vorrebbe un Iniesta nella propria rosa?

Due cose balzano all’occhio nella carriera del castigliano: zeru Palloni d’oro e niente fascia di capitano della Spagna. Se nel primo caso, Iniesta ha dalla sua il fatto di non essere un attaccante (anche se il pentacampeon di Palloni d’oro Lionel Messi, oltre a essere forte di suo, ha segnato molti dei suoi 453 gol con il Barcellona grazie ad azioni partite dai piedi di Iniesta), nel secondo il centrocampista di del Bosque ha davanti a sé un mostro sacro (forse ancora più sacro di lui) come Iker Casillas, Se è diventato (con il tempo) capitano del suo Barcellona, presto lo diventerà anche della Roja.

E chi ci dice che il prossimo vincitore del Pallone d’oro FIFA non sia proprio lui, il “tuttocampista” di Fuentealbilla? Sarebbe il trionfo finale di una carriera che lo ha visto vincere, tra Barça eRoja, ben trentuno titoli. E poi perché il premio più ambito di ogni calciatore manca dalla Spagna addirittura dal 1960, quando lo vinse “Luisito” Suarez. Non ci sarebbe miglior vincitore spagnolo se non Iniesta. E al giocatore brucia ancora il fatto di essere arrivato secondo dietro a Messi nel 2010 (nonostante don Andres avesse segnato il gol della vittoria mondiale contro i Paesi Bassi a Johannesburg) e terzo nel 2012, dietro a Messi e Cristiano Ronaldo.

E’ presto sapere se Iniesta vincerà il prossimo premio FIFA, ma di questo passo lui e la sua Spagna hanno le carte in regola per fare un clamoroso tris consecutivo all’Europeo.

Si diceva che la Roja fosse finita: mai dare per spacciata una Nazionale che ha dato le chiavi della sua “cerniera” ad uno che si chiama Andres Iniesta. Mai.

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