Milan, lo scudetto del gruppo
Non ha vinto la squadra più forte; ha vinto il gruppo più unito. Non ha vinto la rosa più completa; ha vinto il gruppo che ha saputo meglio far fronte agli infortuni, alle difficoltà incontrate durante il lungo percorso della stagione. Non ha vinto la società che ha speso di più sul mercato; ha vinto il gruppo di dirigenti che in barba agli addii eccellenti è riuscito a cogliere le occasioni che gli si sono parate davanti, scovando calciatori e non figurine. Ha vinto il Gruppo con la g maiuscola, un gruppo formato da giocatori, società e tecnico, tutti protesi dalla stessa parte, sempre convinti di arrivare alla mèta, anche quando sembrava impossibile, anche quando nessuno, al di fuori del Gruppo, ci credeva più.
Nonostante le previsioni della vigilia il MIlan si aggiudica il suo diciannovesimo scudetto
I favori del pronostico alla vigilia erano per altri; per la Juve, che pure orfana di Ronaldo ritrovava mister Allegri, capace di vincerne già sei di scudetti (cinque in bianconero ed uno proprio col Milan), e poi c’erano i campioni in carica dell’Inter, che sembravano aver rimpiazzato al meglio le illustri partenze di Hakimi e Lukaku. Qualcuno azzardava anche la candidatura del Napoli, forse la squadra con la rosa più profonda. Al Milan credevano in pochi. Già il secondo posto dello scorso anno sembrava un miracolo, un’impresa estemporanea difficilmente ripetibile, specie con Stefano Pioli in panchina, uno che “al secondo anno fallisce sempre”. Stavolta non è stato così.
Proprio l’allenatore parmense ha saputo compattare la squadra ed attorno ad essa l’ambiente, grazie al lavoro quotidiano sul campo, senza fare proclami, senza lagnarsi troppo per qualche torto arbitrale, rimboccandosi metaforicamente le maniche e puntualizzando con stile e pacatezza le proprie ragioni, laddove altri si sarebbero lasciati andare ad invettive e lamentele. Ed alla fine ha avuto ragione lui, hanno vinto i suoi ragazzi…
Diavolo che gruppo!
Difficile dare meriti superiori a qualcuno rispetto ad altri quando è palesemente la forza del collettivo ad aver vinto, ma qualche distinguo va fatto, anche per rendere merito a chi certi calciatori li ha presi, a chi su certi elementi ha puntato con decisione e convinzione. Su tutti il portiere Maignan, chiamato a sostituire Donnarumma e riuscito nell’impresa di non farlo rimpiangere, e naturalmente Giroud, trasformatosi strada facendo da bomber di scorta a uomo decisivo: sue le reti determinanti che hanno deciso il derby di ritorno e la sfida del Maradona. Ma questo è stato anche e soprattutto il Milan di Tonali, cresciuto a dismisura e divenuto perfino risolutore sotto porta nel finale di campionato, il Milan di Tomori e Kalulu capaci di vincere la concorrenza di Romagnoli, finito in panchina, ed al contempo in grado di sopperire alla pesantissima assenza di Kjaer; il Milan di Leao, forse il talento più puro in assoluto e capace di superare il suo iniziale egoismo per diventare un formidabile uomo assist; il Milan di Messias, l’ex fattorino arrivato dal Crotone l’ultimo giorno di mercato. E potremmo continuare a lungo. E poi, in ultimo c’è lui, Zlatan Ibrahimovic, 22 presenze, non tutte intere, ed 8 gol, recita il suo personalissimo tabellino stagionale, ma il peso specifico dello svedese è stato ben più importante; anche quando ha seguito la squadra soltanto per onor di firma dalla panchina, o semplicemente allenandosi con i suoi compagni a Milanello, la sua personalità è riuscita a trasmettere al gruppo un’ulteriore iniezione di fiducia, quella convinzione e quella autostima che insieme a tutte le altre componenti di questa straordinaria stagione rossonera, hanno disegnato una fetta importante di quella torta chiamata scudetto!