Intervistato da “Cittaceleste.it”, Alessio Romagnoli, difensore della Lazio è tornato a parlare della sua carriera e del suo arrivo in biancoceleste: “Per me indossare la maglia della Lazio significa coronare il sogno che avevo da bambino, è un orgoglio e un’emozione, qualcosa anche difficile da spiegare”.
Romagnoli: “Tare fondamentale per me”
Come è nata questa occasione? “È una cosa durata diverso tempo. È sempre stato un mio pensiero e una mia volontà quella di venire qui. Con la mia situazione all’epoca, senza contratto, c’è stata questa opportunità e ho pensato fosse il momento giusto per venire qui. Un grazie devo dirlo sicuramente alla società, al presidente che ha fatto uno sforzo, ad Igli (Tare, ndr) che è stato fondamentale. Con lui ho parlato molto tempo di questa situazione, ma anche ai ragazzi, allo staff tecnico e al mister: hanno tutti fatto sì che potessi venire qui”.
Sarri brontola: contro l’UEFA, per le condizioni del campo… “Quello è vero. Il campo che non va bene è un punto che bisogna mettere a posto, perché per fare il nostro gioco o qualsiasi gioco almeno in Serie A bisogna avere un campo in condizioni buone. L’Olimpico non lo è nella maggior parte delle volte e non lo è nemmeno ora. Penso che si veda, non so se lo notate anche voi. Però penso che soprattutto per il nostro gioco il campo deve essere in perfetta condizione, come in Inghilterra dove ci sono leggi in merito. È sbagliato avere campi brutti, che non permettono di dare un bello spettacolo alla gente”.
Del Sarri allenatore, invece, che ci dice? “Penso sia il migliore allenatore che ho avuto fino a oggi, ero curioso di vedere come lavorasse con la linea. Non dimentico gli altri allenatori che ho avuto: per me tutti sono ottimi mister. Ognuno ha le proprie caratteristiche, ma nel complesso per quello che piace a me Sarri lo metto come primo, perché cura in modo maniacale la linea difensiva, perché ha dei concetti con la palla che a me piacciono molto. È veramente un mister molto molto forte”.
Perché ha lasciato il Milan a parametro zero? “Non lo so, ma è una domanda che va fatta ai direttori dell’epoca e non a me. Non mi sono sentito abbandonato, ma avevo un accordo con loro e poi non si è deciso di continuare. Loro hanno fatto altre scelte, io ho fatto le mie ed è finita così, in modo molto sereno e pacifico. Con il Milan ho passato sette anni, l’ho sempre detto: è un periodo della mia vita molto bello e che porterò sempre nel mio cuore. Potrò solo parlare bene del Milan”.
Il Derby del 26 maggio 2013, la finale di Coppa Italia, per lei che giocava nella Roma non deve essere stato facile.
“È stata una gara particolare, perché comunque da professionista ero dispiaciuto per la sconfitta e penso sia anche giusto. Era un titolo, io ero tesserato della Roma ed era normale fossi dispiaciuto per la sconfitta. Ma allo stesso tempo l’ha vinto la mia squadra, normale fossi un po’ più sollevato. È stata una partita difficile”.
Qualcuno da ringraziare nella sua carriera? C’è anche chi magari la ha ostacolata?
“Il grazie penso di doverlo a Sinisa, ha scommesso su di me e ha fatto sì che potessi crescere prima alla Sampdoria e poi in una grande squadra come il Milan. E poi Bruno Conti perché mi ha scoperto da bambino permettendomi di entrare nelle giovanili della Roma, quindi sicuramente un grazie va anche a lui, che tra l’altro è del mio stesso paese. Io sono nettunese, ma sono nato ad Anzio perché a Nettuno non ci sono ospedali che facciano nascere i bambini. Ma sono di Nettuno, di un quartiere che si chiama San Giacomo, e ne sono molto fiero. Lì c’è una bella tradizione del baseball, da piccolo ci giocavo anche io. Qualcuno da non ringraziare? Nessuno, non penso ci siano state per ora persone che abbiano ostacolato la mia carriera”.