Zero punti e zero gol segnati. Questo il bilancio di Roma e Lazio nella giornata di campionato numero 14 al cospetto di Atalanta ed Empoli che, con tutto il rispetto, non sono proprio il Bayern Monaco o il Barcellona. La crisi del calcio capitolino è sotto gli occhi di tutti e, in un torneo senza padrone, il rammarico di ciò che poteva essere e al novanta per cento non sarà è davvero enorme.
La Roma era chiamata al riscatto dopo la tremenda serata del Nou Camp contro un’Atalanta che aveva racimolato appena un punto nelle ultime tre gare, segnando peraltro una sola volta nelle ultime 4 trasferte. La prestazione incresciosa fornita dai giallorossi ha aperto ufficialmente la crisi della compagine allenata da Garcia. Il tecnico francese è, agli occhi di gran parte dei tifosi e della maggior parte della stampa, il principale responsabile del tracollo tecnico e tattico: la squadra e la società, al contrario, sembrano essere dalla sua parte come si evince dalle parole di Daniele De Rossi a fine gara: “Dare tutta la colpa a Garcia vorrebbe dire darsi la zappa sui piedi”. Concetto emblematico ma la realtà sarà poi davvero questa? Sono in molti a credere che il rapporto con il tecnico si sarebbe dovuto interrompere dopo la fine dello scorso campionato ma un contratto triennale del valore di 15 milioni ha frenato questa decisione. La convivenza con Walter Sabatini, il quale ha ammesso di essere lui a fare la squadra, lo scollamento con qualche giocatore ed ora anche con una buona parte dell’ambiente non facilitano certo il lavoro dell’ex tecnico del Lille. L’impressione è che, a meno di clamorosi tracolli, si andrà avanti insieme fino a fine anno per poi salutarsi. A giugno, a quel punto, potrebbe essere una lotta a due tra Conte ed Ancelotti per la panchina giallorossa anche se non è da escludere un terzo incomodo come Mazzarri o Di Francesco. In estate poi si dovrà decidere anche il futuro di Walter Sabatini, non più saldissimo come in tempi passati. Alla fine non dovrebbero esserci rivoluzioni in casa giallorossa sempre che non ci siano tracolli clamorosi con Torino e Bate Borisov: in caso contrario ci potrebbe essere un terremoto da far tremare le mura di Trigoria.
Se Atene piange Sarta non ride. Candreva e compagni non trovano i tre punti in campionato dal 25 ottobre quando travolsero il Torino per 3 a 0. Da allora 4 sconfitte (Atalanta, Milan, Roma ed Empoli) ed un pareggio con il Palermo hanno ricacciato la Lazio nel centro della classifica facendo esplodere una serie di malumori latenti: da Candreva a Biglia, da Felipe Anderson a Lulic. La situazione in casa biancoceleste è molto delicata ed un ulteriore passo falso potrebbe aprire scenari finora inimmaginabili. È vero che in alcune partite i ragazzi di Pioli non sono stati fortunati con i direttori di gara ma anche loro ci hanno messo molto non mostrando quella grinta e quella unione di intenti che ne avevano fatto la terza forza del campionato. A ciò si aggiungono un mercato deficitario, almeno fino ad ora, ed un tecnico che sembra aver perso il polso della squadra: Pioli, ottimo allenatore e persona di grande intelligenza, è consapevole del fatto che la situazione sia profondamente diversa dalla scorsa annata ma sembra incapace di invertire la rotta. Il calendario, inoltre, non è certo amico della Lazio: le prossime tre partite, prima della pausa di Natale, saranno contro Juventus, Sampdoria e Inter, non certo le compagini più semplici per provare a risalire la china. Anche Pioli, come Garcia, non sembra essere in pericolo ma se non dovesse uscire dalla crisi la sua posizione, già non più saldissima, potrebbe traballare pericolosamente. Le ombre di Brocchi e Simone Inzaghi, con una supervisione di Marcello Lippi, iniziano a palesarsi all’orizzonte…