Roma, Garcia promosso o bocciato?

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Garcia

Probabilmente anche il Dott. Sigmund Freud avrebbe qualche problema a comprendere questa Roma. Ogni aggettivo che le è stato assegnato sarebbe calzante: pazza, folle, splendida, insicura. Ognuno di essi rappresenta, in ogni momento diverso della gara, perfettamente l’anima di questa squadra. Una squadra che, finché non diventa preda di se stessa e delle sue paure, potrebbe giocarsela con chiunque: fare quattro gol in trasferta ad una compagine tedesca che aveva fatto della BayArena il proprio fortino non è da tutti.

Questo potrebbe essere un lato della medaglia: facilità di andare in gol; calci piazzati che, grazie a Pjanic ed agli schemi, sono diventati quasi una sentenza per gli avversari; leadership indiscussa del giocatore bosniaco e di Daniele De Rossi ormai tornato ai massimi livelli.

Peccato però che una medaglia abbia due facce. Ed allora, dall’altra parte, appare una compagine fragile, insicura, priva di quella cattiveria e cinismo che trasformano le formazioni di livello in compagini invincibili. Sono tanti i fattori che lasciano basiti tutti, dagli addetti ai lavori ai tifosi ai calciatori stessi, di fronte alle prestazioni dei capitolini.

Partiamo dalla difesa, il reparto più bersagliato: Szczesny sembra aver subito una involuzione dopo lo sfolgorante avvio di stagione; ancora non si trova un compagno stabile per Manolas con la conseguenza che anche il colosso greco alla fine debba alzare bandiera bianca; a sinistra Digne è una sicurezza, ma anche a lui manca un cambio per poter rifiatare, mentre a destra è sempre una giostra tra Florenzi, Torosidis e, ogni tanto, Maicon. Nel primo anno di Garcia, quando la retroguardia giallorossa era una delle migliori d’Italia, la Roma si basava su 4 uomini: Maicon, Benatia, Castan e Balzaretti. Loro erano una delle certezze romaniste e, a meno di clamorose situazioni, difficilmente venivano cambiati. Questo, in aggiunta al valore assoluto dei protagonisti, si traduceva in una amalgama ed in sincronismi ad oggi sconosciuti dalle parti di Trigoria. Una tale girandola di giocatori, insieme alla mancanza di un elemento come Strootman che garantisce filtro e ripartenza, sono alla base delle partite double face della formazione di Garcia.

Già, Rudi Garcia. Fino al minuto 82 di Bayer Leverkusen – Roma aveva riconquistato tutti nella capitale, subito dopo si era riaperto il dibattito sul tenerlo o meno. Sul tecnico transalpino va fatta un’analisi accurata vista la sua situazione attuale. Quest’anno l’ex allenatore del Lille ha gli elementi per vincere e, alla sua terza annata sulla panchina della Roma, è quasi obbligato a farlo. Dzeko, Digne, Szczesny, Salah e Iago Falque sono le punte di diamante di un mercato che ha portato si giocatori di primissimo livello ma anche altri che, finora, hanno deluso le attese, Rudiger su tutti. La rosa, probabilmente, è meno forte, almeno da un punto di vista tecnico, di ciò che si vuole far credere e se a questo subentrano paura e frenesia di dover dimostrare qualcosa, allora ecco che l’errore è dietro l’angolo.

Garcia dal canto suo però in alcuni casi ha lasciato perplessi per l’atteggiamento tattico dato, o non dato, alla squadra: troppo turnover in alcuni frangenti; l’intestardirsi con uomini che, ad un certo punto, sembravano un corpo estraneo alla squadra (Gervinho è l’esempio più evidente); l’apparizione fugace, e poi la scomparsa, di altri elementi con Uçan, Vainquer o Iturbe.

La frenesia di dover vincere a tutti costi, la pressione costante che ne deriva, fa sì che non si giochi con la giusta serenità d’animo, liberi da pensieri o anche dalla possibilità di sbagliare. Questa frenesia, anche se non ammessa, sembra abbia coinvolto pure l’allenatore che sente ogni giorno voci di nuovi personaggi che si dovrebbero sedere sulla panchina della Roma dal prossimo giugno. Ovviamente l’unico modo per scacciare le voci sarebbe quello di vincere, possibilità che è ampiamente alla portata dei giallorossi come dimostra lo scontro al vertice di domenica pomeriggio contro la Fiorentina.

La domanda però sorge spontanea: che Roma si vedrà al Franchi? Quella splendida ammirata per 60 minuti a Leverkusen e contro la Juventus o quella folle vista nei 120 secondi in terra tedesca, nel primo tempo contro il Bate oppure che ha rischiato di farsi rimontare dal Palermo? Solo il campo, che è giudice ultimo, darà la risposta: a giugno poi sarà tempo di tirare le somme, per Garcia, per i giocatori, per la società…