Home Editoriale Quando lo straniero passa. Anche troppo…

Quando lo straniero passa. Anche troppo…

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Il tema, certamente a sproposito, viene tirato in ballo spesso anche dalla politica, nell’infinito dibattito sui pro e contro dell’immigrazione.

Gli stranieri, infatti, sono ormai parte integrante e fondante del calcio italiano, in un senso ovviamente diverso da quello che provoca i movimenti migratori di massa. Le statistiche, i numeri e le percentuali hanno dell’incredibile, specie se paragonate al pallone nostrano di una ventina di anni fa. Con alcuni paradossi significativi: vent’anni fa, infatti, nonostante il tetto di 3 stranieri per squadra, gi stranieri stessi erano quasi sempre di livello altissimo. Oggi, invece, si contano decine di stranieri che nel calcio italiano passano senza lasciare alcuna traccia.

Dopo la sentenza Bosman del ’96 è successo tutto molto velocemente: nella primavera del ’99 l’Inter fu sconfitta in casa della Salernitana schierando ben 10 stranieri – unico italiano Pagliuca in porta -, successivamente è capitato di vedere compagini italiane che di italiani in campo proprio non ne avevano. Pensiamo ai portieri brasiliani, un tempo concettualmente impossibili da immaginare. Quella italiana era tra i pali una delle scuole più importanti al mondo, poi Milan e Inter hanno vinto tutto con Dida e Julio Cesar. Stranezze di un calcio che cambia nelle tendenze ma anche nelle regole: le due cose vanno di pari passo.

E’ sufficiente fare due chiacchiere con un qualsiasi procuratore sportivo italiano per sentirsi dire sempre la stessa cosa: un giovane calciatore italiano, a parità di curriculum sportivo, costa il quadruplo rispetto ad un pari età straniero. Il motivo? Regola di mercato semplice semplice: di italiani, in giro, ce ne sono di meno. Ecco quindi che di solito si preferisce investire meno per uno stranieri: se fallirà, quantomeno l’investimento è stato piuttosto contenuto, se invece farà bene ecco che la scommessa vinta porterà ad una plusvalenza utilissima al club.

Il Milan, per esempio, quest’anno ha cercato di invertire la tendenza spendendo cifre altissime per Romagnoli e Bertolacci: si parla sempre della necessità di investire sugli italiani, ma i rossoneri sono stati criticati non poco per questi due acquisti, a fronte di un’Inter che invece ha puntato su un Murillo low cost dal Granada che per ora sta facendo molto bene. Ci sono Higuain, Pogba, Kondogbia, Dzeko, Bacca. Ci sono tanti stranieri bravi nel calcio italiano. Ma ce ne sono altrettanti inutili. Maradona, Matthaus, Van Basten, Gullit, Platini, Zico, Savicevic e via dicendo – chi più ne ha più ne metta – erano invece gli stranieri che calcavano i campi nostrani quando le squadre italiane potevano schierarne al massimo tre.

E contemporaneamente la nazionale italiana soltanto in attacco poteva contare su Roberto Baggio, Vialli, Signori, Del Piero. Mancini e Zola, tanto per capirci, in azzurro facevano fatica ad avere spazio. Con tutto il rispetto, basta pensare agli attaccanti che giocano oggi nella nazionale di Conte per comprendere appieno il problema. Arrigo Sacchi, grande conoscitore di calcio, lo ripete ogni volta che può: puntare sui giovani italiani è fondamentale per i club e per la nazionale. Gli esempi della Spagna che ha vinto Europei e Mondiale e della recente Germania sono lì a dimostrarlo nei fatti.

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