Non starò qui a dirvi che la Premier League è il campionato più bello del mondo, nè quello più spettacolare e competitivo. Queste cose – in fondo – si conoscono già. Invece, quello che mi risulta naturale è parlare dell’elettricità sprigionata dalle menti più fredde e visionarie dei top manager. Con Pellegrini, Wenger, Mourinho e Van Gaal nello stesso campetto, a contendersi lo stesso pallone, non ci sarà mai il fair play a condurre le operazioni. Troppi interessi e divisioni interne per pretendere questo principio tanto caro agli inglesi.
Quest’anno, poi, Agosto ha deciso di essere determinante nell’economia dell’anno calcistico britannico. È il 2 Agosto quando uno straordinario Petr Cech regala la Supercoppa all’Arsenal contro gli odiati cugini blu. L’Arsenal sembra definitivamente una squadra da titolo; il Chelsea la versione sbiadita di quella schiacciasassi dello scorso campionato.
Passa soltanto una settimana e tutto viene rimesso in discussione quando Cech decide di pareggiare i miracoli della Community Shield con due papere contro il West Ham(0-2 all’Emirates). Ma più che le incertezze di Cech da sottolineare c’è il solito – vecchio – problema ‘Gunner’: la palla gira ossessivamente allo stesso ritmo, il centravanti lavora esclusivamente di sponda e le mezzali provano le solite trame fittissime alla ricerca del gol nello stretto. Se riavvolgessimo i nastri della videocassetta del 2008 ritroveremmo la stessa cocciutaggine tattica. Il calcio di Wenger , spesso ingiustamente criticato per la limitata tenuta difensiva, in realtà presenta un altro poco pubblicizzato tallone d’Achille: non ha un piano B. In alcune partite non è possibile entrare in porta col pallone. Anche quando i biancorossi non trovano lo spiraglio non c’è mai un secondo attaccante ad occupare l’area. L’ostracismo assoluto verso il gol di confusione è il primo grande limite dell’integralismo dell’alsaziano. Sir Alex Ferguson questo lo aveva capito in tempi non sospetti. Nel suo “My autobiography” racconta di quando seguendo una partita dell’Arsenal vide il centravanti non attaccare frontalmente la porta(nonostante fosse libero) preferendo un compagno che si inseriva. Capì insomma che per sconfiggere Wenger occorreva difendere lo spazio e non l’uomo. All’ex squadra di Titi Henry servirebbe un centravanti elastico in grado di mandare a memoria alternativamente gli schemi dell’allenatore e l’estro. Ma in Francia, e nel Mondo intero, attaccanti così non ne fabbricano più.
Nel frattempo un banalissimo Chelsea-Swansea di Campionato entra di diritto nell’archivio delle ‘mourinhiate’. Al minuto 93, col punteggio dello Stamford Bridge fermo sul 2-2, Eden Hazard si accascia improvvisamente. Per uno spettatore attento si tratta di un modo per rifiatare. Per una dottoressa è materiale per intervenire immediatamente. È facilmente intuibile capire Mou da che parte sia andato. Il portoghese va su tutte le furie perché ad una squadra che lotta per la retrocessione se sei in parità non puoi regalare l’ultimo minuto di gioco senza il tuo giocatore più rappresentativo. E se fai parte dello staff dello Special One devi saper leggere anche la partita. Risultato: dottoressa Carneiro allontanata dai campi di gioco.
Ora buonsenso sarebbe criticare la decisione del lusitano: una dottoressa deve pensare innanzitutto alla salute dei calciatori e non è tenuta ad interpretare l’andamento del match. Ma trattandosi dell’allenatore più visionario d’Europa siamo tentati dal credere all’ipotesi lungimirante. José Mourinho si è comportato così perché in quel momento ha capito che alzare un polverone mediatico su una situazione sconnessa alla squadra avrebbe potuto deresponsabilizzare i suoi ragazzi in un momento delicato della stagione.
Un momento delicato della stagione perché nella regione del Lancashire si è partito subito forte: il Manchester City ha aggiunto al gruppo storico degli Yaya Touré, Silva, Aguero e Kompany l’imprevedibilità di $terling; il Liverpool ha optato per l’ennesimo shopping di mezza estate(alla ricerca del Suarez perduto) puntando forte su Benteke e Firmino; ma soprattutto il Manchester United sembra lanciato verso la prima posizione della lega. Louis Van Gaal adesso è indiscutibilmente il boss del Manchester United. Dopo un solo anno hanno dovuto cambiare aria gente come Robin Van Persie(un idolo dalle parti di Manchester e perfino grande amico dell’allenatore olandese), Falcao(nel “Teatro dei Sogni” in realtà, la Tigre non ha mai morso nessuno) e addirittura Angel Di Maria(un campione all’apice del successo ma non disposto a buttarsi nel fuoco per il proprio allenatore). Nel calcio di posizione non c’è spazio per le insubordinazioni e nel 4-2-3-1 serve gente affamata e intelligente. Non è un caso che il Guru ex Az(riuscì a vincere un campionato anche con la squadra del dentifricio) abbia avallato esclusivamente l’acquisto di persone calcisticamente evolute: Darmian, che con Ventura ha imparato ogni singolo segreto tattico; Schweinsteiger, centrale di centrocampo dell’ultima squadra campione del Mondo e conseguentemente con un ‘quid pluris’ in valigia; Depay, lanciato nel grande calcio proprio da Van Gaal. E se arrivasse anche Pedrito, laureato al Master dell’Università di Barcellona col relatore Guardiola, LVG avrebbe con sé l’ultimo grimaldello in grado di scassinare il fortino difeso gelosamente da José Mourinho.