Queste le parole di Cesare Prandelli intervistato in esclusiva a Tuttomercatoweb.it: “Avevo detto che sarebbero stati importanti gli scontri diretti, riuscire a vincere quelli… Però la partita l’abbiamo vista, non ha demeritato così tanto, ha preso tre legni. Il secondo tempo è stato più aperto dopo la noia del primo. Ora non potranno proprio più sbagliato”.
Vlahovic a Roma ha faticato molto ed è spesso al centro delle critiche. Lei che lo conosce bene, che fare?
“Mi dispiace molto leggere certi giudizi negativi. Sono sempre partito dal presupposto che quando hai un attaccante con tali qualità realizzative devi cercarlo molto. Se vediamo, prima che arrivi la palla a lui ci sono un sacco di passaggi… Ho sempre pensato che debba essere valorizzato, la fortuna sua potrà essere il rientro al 100% di Chiesa e di questo sono convintissimo. Mi spiace dirlo, ma i compagni dovrebbero servirlo di più e non solo in uscita per fargli fare il lavoro sporco. Quello dovrebbero farlo altri e non la punta che ha doti realizzative. Nella mia carriera ho avuto la fortuna di trovare grandi attaccanti e quando li vedevo rientrare troppo era perché la squadra non andava bene. Deve essere per emergenza, ma non una costante… Era da solo, sempre, ed era contro una difesa a tre guidata da un certo Smalling. Ha dimostrato di saper come si segna, a vent’anni ha segnato cinquanta gol, dovrebbero comprenderlo gli altri…”.
Chi invece sta trovando i gol degli attaccanti è Italiano per la sua Fiorentina. Può svoltare e magari vincere un trofeo?
“Ce lo auguriamo. La Fiorentina ha attraversato un momento particolare, ma secondo me Italiano ha inquadrato meglio le caratteristiche dei suoi giocatori. I suoi sono attaccanti che hanno bisogno di spazio e profondità, nelle ultime partite ha tolto magari un paio di passaggi nella costruzione in favore della verticalizzazione. La chiave di lettura è questa, e l’ho sempre detto: verticalizzare e scegliere una punta. L’ha fatto con Cabral, ora ha un’alternativa importante come Jovic. Più tieni il pallone e meno spazi hai, ma se hai attaccanti che ne hanno bisogno… Possono fare un finale di stagione importante, hanno idee, sono organizzati e sanno costruire”.
Cosa sta succedendo all’Atalanta?
“Quando si parla di Atalanta, prima di darla fuori dai giochi bisogna aspettare. Fanno sempre le loro partite, questo può essere un anno in cui molti giovani potranno maturare un po’ di più. Anche Gasperini lo dice, questi sono ma hanno grandi potenzialità. Il problema è che ci hanno abituati troppo bene in questi anni, l’Atalanta come squadra dei sogni aveva due interpreti come Papu Gomez e Ilicic che davano tempi alla squadra oltre che a loro. Boga ha colpi, ma ha i tempi solo per se stesso, e questo fa rivedere lo sviluppo del gioco. Gasp sta provando a cambiare con quello che ha a disposizione”.
Il problema è nel modulo, nella mancanza di qualità… Dove?
“Bisogna prescindere dai sistemi di gioco, l’ultima squadra che ci è risuscita negli ultimi anni è solo il Napoli. E Spalletti si sta divertendo… Quando azzecchi tutto il puzzle allora il gioco diventa armonia. E loro lo fanno: costruiscono, ripartono, dribblano. Si torna sempre lì: se hai chi ti salta l’uomo e porta qualità, hai già il 50% della tua idea. Lo stesso discorso vale per il Milan: lo scorso campionato è stato vinto meritatamente da una squadra armoniosa. Ma c’era un giocatore che rompeva gli schemi, Leao, e quest’anno gli sta mancando. Vale anche per Chiesa per la Juve, ci sono certi giocatori che vanno oltre qualsiasi organizzazione difensiva”.
In Serie B invece c’è un suo “allievo” come Gilardino che al Genoa sta stupendo tutti in positivo. Se lo aspettava allenatore?
“Ha sorpreso tutti. Alla base c’è una grande, grandissima umiltà nel conoscere e domandare, ogni volta che ci incontriamo mi chiede qualcosa, gli piace confrontarci. Quando sei umile, e sei stato un grande calciatore, anche dal punto di vista gestionale riesci a capire certe dinamiche dello spogliatoio. Ha preso la squadra e d’incanto hanno iniziato ad avere un equilibrio che prima non conoscevano. La piazza è straordinaria, il popolo pazzesco. Quella gente merita tante belle cose, e lo dico anche per la Sampdoria: il loro è uno dei derby più emozionali e belli d’Italia. Le stagioni dove le cose non riescono però capitano. Si sta strameritando una riconferma in panchina: alla fine siamo giudicati sui risultati, inutile girarci intorno. Quando andò ad allenare nei Dilettanti gli chiesi se era sicuro, mi disse che sì, voleva imparare. E allora ho capito che il Gila poteva combinare qualcosa… Ormai essere campione del mondo ti fa partire subito dalla Serie B, senza capire cosa significa cambiare lavoro. Le scelte che ha fatto sono sorprendenti ma qualche anno dopo direi che la gavetta che ha fatto sia servita”.
Che consiglio darebbe al Parma per uscire dalle difficoltà che stanno vivendo dopo la retrocessione in B?
“La piazza è esigente, vuole il risultato ma anche il bel gioco. Non si accontentano troppo. La Serie B quest’anno è un campionato difficile, sulla carta vedo una decina di squadre che potrebbero salire in A. Poi ci sono magari realtà meno qualitative ma molto compatte, che stanno sul pezzo sempre. Io ho vinto due campionati di Serie B e l’ho fatto perché la squadra era determinata ed era gruppo. Sapevano che tutti prima o poi avrebbero giocato e forse il segreto è proprio quello, nella gestione. Il Parma ha giocatori di livello, non saprei però perché le cose non stanno funzionando…”.
Cosa fa oggi che ha lasciato il calcio?
“Sto facendo il nonno e il genitore, cerco di recuperare un po’ di vecchi amici. La passione per il calcio c’è sempre, quando mi vedo le partite lo sento, ma rimango a tutto ciò che ho scritto in quella lettera d’addio”.