Piccoli fenomeni crescono… a quale costo?

KARAMOKO DEMBELE’ E’ L’ULTIMO ESEMPIO DI UN CALCIO CHE CORRE ANCORA PIU’ FORTE DEI SUOI INTERPRETI. COL RISCHIO DI FAGOCITARNE SPERANZE E SOGNI.

Sabato scorso abbiamo celebrato, come una sorta di avvento pagano, l’esordio del primo “millennial” del nostro calcio. Moise Kean da tempo gravitava nell’orbita della prima squadra, tant’è che gli organi di stampa hanno iniziato a tracciare i primi profili del baby fenomeno di Vinovo. “Bravino”, disse in tempi recenti Max Allegri, sapendo di godere di un giovane prospetto di sicuro avvenire, ma al tempo stesso da svezzare con tutte le cautele del caso.

Purtroppo la stessa amorevole cura non è stata riservata ad altre giovani promesse, purtroppo stritolate dai media e dalle aspettative frenetiche di un mondo, quello del calcio, che viaggia a velocità supersoniche. Soprattutto nel creare aspettative su chi necessita di tempo e possibilità di crescere per poter affrontare detereminate sfide. Non si ha più tempo di sbagliare, se disponi di qualità superiori alla media occorre monetizzarle.

E tanti talenti si sono immolati, divorati dallo stress, da maneggioni senza scrupoli, ma anche da un sistema schizofrenico. Un sistema che rende alcuni genitori degli pseudo manager più dannosi che altro, protagonisti di risse verbali e fisiche anche sui campi sperduti e polverosi della provincia italiana, non più sana. Un aspetto del calcio che sta creando dei mostri più che dei ragazzi, vittime del loro stesso talento e strumento di una passione che avrebbero dovuto vivere con l’innocenza dei bambini. Perchè tali sono, in fin dei conti.

Recentemente ha destato scalpore la vicenda di Karamoko Dembelè, giovane fenomeno in forza al Celtic; a 13 anni è stato convocato nell’Under 20 dei Bhoys, e anche lo stesso Brendan Rodgers, manager della prima squadra, lo ha fatto partecipare a qualche seduta di allenamento con gente che potrebbe essere tranquillamente suo padre. Quanto può influire, sulla crescita di questo ragazzino, l’improvvisa notorietà mediatica che lo ha di fatto travolto? Il Celtic, dall’alto di una antica e nobile tradizione, sarà in grado di proteggerlo da squali e tentazioni? Già il fatto che due nazionali se lo siano contese (la natìa Scozia e l’Inghilterra), senza contare l’interesse di club come Manchester United e Arsenal, sono segnali poco confortanti.

Speriamo nel ruolo primario dei genitori, che si comportino come tali e che non sfoghino le loro mancate aspirazioni giovanili in eccessive aspettative su un figlio già sovraesposto.

Di casi come Freddy Adu o, se guardiamo nel nostro cortile, di Vincenzo Sarno il calcio non ne ha proprio bisogno.