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Chi ha paura del Barcellona?

Lionel Messi

Messi e compagni squadra da battere?

E’ passata una settimana dalla fantastica remuntada del Barcellona: un 6-1 al Paris Saint Germain, dopo il 4 -0 del Parco dei Principi, che rimarrà negli annali della storia del calcio.

Si è scritto tanto in questi giorni in favore della squadra di Luis Enrique e il passaggio (insperato) del turno ha un solo significato: il Barça non è morto, il suo ciclo non è ancora finito. In tanti avevano cantato il de prufundis ai blaugrana dopo il poker di Cavani e compagni dell’andata, con l’aggiunta della notizia che “Lucho” non rinnoverà a fine stagione. Insomma, è stato bello vedere il collettivo catalano dominare in Europa e nel Mondo negli ultimi dieci anni insegnando calcio e ora largo agli altri.

Luis Enrique nella conferenza stampa pre partita ha fatto il paragnosta sostenendo che la sua squadra avrebbe fatto sicuramente sei reti, una in più rispetto a quello che sarebbe servito per passare il turno. Non sappiamo se il tecnico asturiano sia andato nel futuro, abbia visto come è finita e poi sia tornato indietro dicendo che la sua squadra avrebbe segnato sei reti. Le parole usate dall’ex tecnico della Roma (a proposito, ai microfoni italiani era serio o no verso i suoi vecchi tifosi?) avevano fatto capire che per eliminare il Barcellona era necessario giocarci contro perché la sua squadra non si sarebbe arresa e avrebbe giocato con il fuoco negli occhi. Ed il gol di Luis Suarez dopo due minuti di gioco aveva fatto capire che il Nou Camp è sempre uno stadio per pochi.

Il Barcellona, diciamocelo chiaramente, è ancora una volta la squadra da battere: una squadra che segna tre reti negli ultimi otto minuti è forte. Punto, perché i campioni vengono fuori quando il gioco si fa duro. Peccato che tutti non hanno tenuto conto di una cosa: il Barcellona dall’inizio del secolo, solo quattro volte non è arrivato almeno nei quarti di finale di Champions League. Vorrà dire qualcosa o no? Recuperare un 4-0 (fortunatamente in casa dell’avversario) non è facile e la storia della Champions è ricca di remuntade (chiedere al Milan che subì due pesanti rimonte dal La Coruña e dal Liverpool).

Ed era strano per una squadra che può contare sull’apporto contemporaneo di gente come Messi, Neymar e Suarez (333 reti finora da quando giocano insieme nei blaugrana) fosse affondata così in malo modo a Parigi. E lo stesso Barcellona, ventidue giorni dopo, è parso cambiato nel modulo ma con la solita garra che contraddistingue una squadra che ininterrottamente dalla stagione 2007/2008 come minimo arriva nei quarti di finale di Champions. Si è parlato di perfezione ed assurdità, due aggettivi che hanno contraddistinto la squadra catalana fin dai tempi di Rijkaard per continuare con Guardiola, Vilanova, Martino e ora con Luis Enrique: tra il 2006 e oggi il Barcellona ha vinto dieci trofei internazionali (tra cui due triplete), serve aggiungere altro?

Lo scout del Nou Camp è stato senza pietà: tiri in porta Barcellona venti, tiri in porta PSG otto. Il possesso palla si pensava sin dall’inizio che sarebbe stato di marca barcelonista, ma non come mercoledì: 71% nell’ultimo quarto di partita, con il match sul 3 a 1 e con i francesi qualificati per i quarti. Ed è un peccato che il miglior Cavani parigino abbia dovuto chiudere la sua Champions proprio ora. Ma questo è il calcio: si gioca in undici e non con il solo matador.

Poi si può stare a parlare per ore e ore (o anche giorni e giorni) sul rigore assegnato per fallo di Marquinhos su Suarez: quel penalty è stato molto generoso e magari la partita sarebbe finita 5 a 1. Ma se fosse finita in quel modo, ad uscire sconfitto sarebbe stato comunque il PSG in quanto schiacciato in trasferta. Come dire: hai perso contro una squadra “cotta”, e se venerdì pescherai il Bayern Monaco (che ha rifilato dieci-gol-dieci al malcapitato Arsenal) oppure il Real (che ne ha fatti sei al Napoli) o il Manchester City (che all’andata ha vinto 5 a 3 contro il Monaco segnando tre reti decise in undici minuti), come ti presenterai? Non proprio un buon biglietto da visita per Emery.

Il migliore in campo del Nou Camp è stato senza dubbio Neymar. Il numero 11 di Mogi das Cruzes sta migliorando di stagione in stagione e sta diventando di una spietatezza disarmante. Il talento brasiliano può piacere o non piacere, ma ciò che ha fatto in campo, soprattutto negli ultimi dieci minuti, ha fatto capire che è davvero un fenomeno: non si segna una punizione con il radiocomando all’87’ per caso, non si segna un rigore al 90′ con quella freddezza per caso e non si serve ad un compagno (Sergi Roberto) l’assist decisivo al bacio per caso. E fa sorridere che a castigare il PSG sia stato proprio colui che i parigini avevano cercato con insistenza, arrivando ad offrire (si disse) 40 milioni a stagione al giocatore oltre 190 milioni cash al Barcellona rispediti al mittente.

I francesi hanno sbagliato l’approccio alla partita: una squadra che vuole fare il salto di qualità dovrebbe giocare meglio rispetto a come i parigini hanno giocato al Nou Camp. Ed è stata una sconfitta storica che il club parigino non subiva dai tempi della Juventus di Lippi (l’1-6 al Parco dei Principi nella finale di andata di Supercoppa Europea nel gennaio 1997). E ciò va a nozze con la storia dei club francesi: da quando esiste la Coppa dei Campioni (1955/1956), i club transalpini possono contare una vittoria, cinque finali perse e nove semifinaliste. Poca roba.

Cosa doveva fare il Paris? Chiudersi “all’italiana” e poi ripartire in avanti con di Maria (che dal suo ingresso in campo nella ripresa ha dato un po’ di pepe ai suoi compagni ) e Cavani, vista la poca vena di Iniesta in mezzo al campo da parte degli avversari. Un’occasione perduta, l’ennesima per la squadra della ville lumiere: da quando è stato acquistato da Nasser Al-Khelaïfi, la squadra ha dominato in Francia (quattro titoli consecutivi, due Coppe di Francia consecutive, tre coppe di Lega consecutive, quattro Supercoppe di Francia consecutive), ma in Europa la corsa verso la “coppa dalle grandi orecchie” si è fermata al massimo nei quarti. Anche se c’è da dire che nella fase ad eliminazione diretta, i francesi hanno sempre avuto accoppiamenti ostici (tre volte il Barcellona, una volta il Chelsea e il Manchester City). Ma del resto, se si vogliono vincere le coppe bisogna sconfiggere tutti gli avversari. Ed il fatto che mai il PSG abbia superato i quarti di finale in Champions, vorrà dire o no? Un conto è fare la raccolta di figurine ogni anno pagando ingaggi stellari, un conto è scrivere la storia. Che poi a pensarci bene, bastava solo che Thiago Silva e i compagni avessero messo in fuorigioco Sergi Roberto sull’assist di Neymar e oggi si parlerebbe di altro.

Il Barcellona sarà l’avversario da battere, l’avversario che tutti dovranno temere nell’urna di Nyon e che lascia sempre sbalorditi i propri tifosi e chi quella squadra la segue anche senza essere azulgrana o catalano di nascita.

La finale del “Millennium Stadium” dista ancora cinquanta giorni ma, c’è da scommettere, la MSN, Iniesta, Mascherano e soci saranno in prima linea per guadagnarsi la quinta finale nelle ultime dodici stagioni.

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