Zebre Rugby, la carica di Paolo Pescetto
Talento e qualità nel gioco al piede non mancheranno quest’anno alle Zebre Rugby, la cui cabina di regia si rinforza con l’ingresso del genovese Paolo Pescetto. Classe 1995, il trequarti ligure è cresciuto nelle giovanili del Cus Genova, perfezionando successivamente il suo percorso di formazione in Francia con il Racing club de Narbonne Méditerranée nel campionato U20 degli Espoirs.
Esordito in prima squadra nel 2016 nel campionato francese di seconda divisione PRO D2, il giovane n° 10 è stato protagonista in quello stesso anno con l’Italia Emergenti che ha chiuso al quarto posto l’edizione della Nations Cup in scena in Romania. Nel 2018 è tornato in Italia, dove si è messo in mostra nel massimo campionato italiano con la maglia del Rugby Calvisano fino a guadagnarsi una convocazione con le Zebre lo scorso 21 febbraio, in occasione del 12° turno del Guinness PRO14 in scena a Legnano contro gli Irlandesi del Munster. A partire da quest’anno Pescetto ha firmato il suo contratto con la franchigia federale che il prossimo 22 agosto tornerà a giocare contro il Benetton Rugby nel primo dei due derby conclusivi della stagione 2019/20.
Le parole di Paolo Pescetto
A che età ti sei avvicinato al rugby e chi è stato importante nel tuo percorso di crescita? “Ho iniziato a giocare all’età di undici anni. Prima di allora il mio sogno non era la palla ovale, ma quella rotonda come tanti giovani italiani, però sia mio padre che mio nonno avevano giocato con la nazionale giovanile e hanno esercitato una grande influenza in me. Sono cresciuto nelle giovanili del Cus Genova, giocando anche qualche anno in prima squadra; le persone più importanti nel mio percorso di crescita sono stati i miei familiari ma anche i miei primi allenatori che mi hanno sempre sostenuto nelle mie esperienze in Italia e all’estero e hanno sempre creduto in me, nonostante qualche difficoltà all’inizio della mia carriera”.
Sei nato e cresciuto a Genova, proprio come Pierre Bruno e Tommaso Castello, tuoi attuali compagni di squadra alle Zebre. Che ricordi hai degli anni trascorsi con la maglia del Cus Genova? “Tantissimi! Penso ad esempio alla vittoria del Trofeo delle Alpi ai tempi delle giovanili, alle semifinali del campionato italiano che purtroppo abbiamo perso contro la Lazio, ma uno dei ricordi più belli che ho è stata la vittoria della finale di promozione in Serie A contro il Cus Perugia, giocata al Carlini di Genova, uno stadio molto grande che era stato da poco rifatto e quel giorno aveva quasi 4.000 persone sugli spalti. Giocare a diciott’anni di fronte ad un pubblico del genere e portare a casa la partita e la promozione in Serie A è stata un’esperienza pazzesca”.
All’età di 16 anni ti sei trasferito in Nuova Zelanda per un’esperienza di vita e di studio, giocando per lo Scots College di Wellington. Che esperienza è stata e come viene vissuto il rugby in Nuova Zelanda? “E’ stata un’esperienza fantastica! Ho trascorso tre mesi a Wellington ed è stato molto duro, ma anche molto bello giocare allo Scots College da cui sono usciti alcuni All Blacks come Victor Vito, ma anche tanti giovani che adesso giocano in Super Rugby. In Nuova Zelanda il rugby fa parte della cultura nazionale, basta vedere quanta gente viene a vedere le partite persino delle giovanili”.
Nel 2014 ti sei invece trasferito in Francia, giocando con il Narbona nel campionato U23 degli Espoirs. Com’è stato l’impatto con questa nuova realtà e che valore ha avuto nella tua formazione? “Dopo il liceo ho avuto la fortuna di potermi trasferire in Francia in questo club prestigioso dove il primo anno ho giocato nel campionato U23 degli Espoirs, una sorta di accademia che permette ai giovani di giocare ad un livello molto alto. Ricordo con grande piacere il primo anno perché abbiamo vinto il campionato al termine della stagione e ho avuto anche la possibilità di allenarmi in prima squadra dove giocavano atleti molto forti che si erano precedentemente distinti a livello internazionale”.
Nel 2016 hai esordito, sempre con il Narbona, in prima squadra nel campionato francese di seconda divisione. In cosa è diverso il rugby francese da quello italiano e come valuti questa tua esperienza nel PRO D2? “Il giorno dell’esordio è stato molto bello perché i miei genitori erano venuti da Genova a vedermi giocare ed è stata un’emozione fortissima. In rugby francese, anche in seconda divisione, ha un ritmo molto alto, con giocatori di mischia molto tecnici che sanno muovere la palla e con tanti atleti stranieri di prestigio, soprattutto isolani. In generale, il livello è molto intenso e mi ha offerto la possibilità di crescere molto”.
Sempre nel 2016 è arrivato il debutto in Nations Cup con l’Italia Emergenti. Che sensazione è stata poter indossare la maglia Azzurra e che ti motivazioni in più ti ha dato? “E’ stata un sogno che mi ha dato sicuramente una grande spinta e determinazione verso nuovi obietti, come quello di poter raggiungere un giorno -come di fatto poi è successo- una franchigia italiana. L’esordio in Nations Cup è stato bellissimo e ancora una volta mi avevano raggiunto a Bucarest mio padre assieme ad alcuni miei amici che mi hanno dato tanta forza in campo”.
L’opportunità della Zebre
Dopo aver esordito con le Zebre lo scorso febbraio come giocatore invitato ti si è aperta la possibilità di entrare in rosa da quest’anno. Come sfrutterai questa opportunità? “Lavorando sodo e cercando di mettermi in mostra con le mie qualità quando sarò chiamato a giocare. Darò sempre il 100 % e spero di poter contribuire ad un’ottima prestazione della squadra quando mi sarà concessa l’occasione. Arrivare alle Zebre era uno dei miei obiettivi una volta tornato dalla Francia e sono molto orgoglioso di averlo raggiunto. Adesso spero di poter mostrare il mio valore in campo”.
Cosa porti di nuovo nel giovane gruppo delle Zebre e come ti stai ambientando? “Porto tanto entusiasmo e voglia di lavorare. In spogliatoio mi sto ambientando molto bene e ho trovato dei ragazzi molto simpatici e accoglienti”.
Qual è il tuo punto di forza di n° 10 e come ti piace interpretare il tuo ruolo? “Uno dei miei punti di forza è sicuramente il calcio piazzato, ma mi piace anche la fase difensiva; sono infatti un n° 10 abbastanza fisico, una qualità che nel rugby moderno è sempre più richiesta alle aperture che devono anche saper attaccare la linea per creare spazio per i compagni i squadra”.
Quale aspetto del tuo gioco vorresti invece approfondire maggiormente e migliorare? “Sicuramente crescere sul piano della leadership, acquisire sempre maggior confidenza e fiducia nelle mie potenzialità per poter gestire meglio la squadra in campo”.
Hai un tuo giocatore modello cui ti rifai? “Tra i n° 10 che non giocano più, in primis direi Johnny Wilkinson che a livello di piazzati e calci era tra i migliori interpreti, ma era anche molto solido in difesa. Al giorno d’oggi ci sono tante altre aperture che hanno queste caratteristiche e apprezzo molto anche Dan Carter e Andre Pollard, quest’ultimo soprattutto per il modo in cui attacca la linea”.
Tanta concorrenza in un reparto di qualità con i giovanissimi Rizzi e Biondelli e l’Azzurro Canna. Che stimoli ti dà contendere la maglia con giocatori così talentuosi come te? “E’ un grande stimolo perché ci sarà da sudare per guadagnarmi un posto in squadra. E’ vero c’è tanta competitività in squadra, ma è quella sana: ci incitiamo tutti a vicenda, ci confrontiamo e ci diamo sempre tanti consigli, lavorando molto insieme sulla tecnica individuale senza alcun tipo di scontro”.
Che stagioni ti aspetti a livello personale e di squadra? “Spero di poter giocare il più possibile e di contribuire a delle buone prestazioni della squadra. Prima del lockdown le Zebre venivano da una striscia di risultati positivi, per cui cercheremo di proseguire su quest’onda e di regalare al nostro pubblico altre vittorie importanti”.