Stagione ‘92/’93, avevo 9 anni ed ero con mio papà e mio nonno a San Siro. C’era Inter-Brescia: in porta – per le Rondinelle – Nello Cusin, mentre il centravanti dell’Inter era Darko Pancev. Con la maglia nerazzurra numero 10, invece, c’era un tedesco un po’ biondo un po’ rossiccio, arrivato in estate dallo Stoccarda con un bel bagaglio di speranze. In quegli anni, si sa, il binomio Inter-tedeschi funzionava parecchio. Verso la metà del primo tempo, un pallone si impennò al limite dell’area del Brescia. Lì vicino c’era quel tedesco con la 10, Matthias Sammer, che guardava attentamente la sfera mentre scendeva. Ricordo che tutti intorno a me gridavano “Al volo! Al volo!”.
Sammer caricò un destro devastante ma fece clamorosamente cilecca, nel senso che il pallone non lo colpì, tra le risate amare del pubblico di San Siro. Avevo quel ricordo di Matthias Sammer nel 1996, quando arrivò la notizia incredibile: quel biondo-rossiccio tedesco che nell’Inter proprio non funzionava aveva vinto il Pallone d’Oro.
Certo, aveva giocato e vinto l’Europeo in estate da protagonista con la Germania, ma il pensiero non poteva non andare a Paolo Maldini, a Franco Baresi, a Giacinto Facchetti, a Gaetano Scirea, a Francesco Totti o, per restare in Germania, ad Andreas Brehme. Un Pallone d’Oro, quello, che più di tutti gli altri minò la credibilità del trofeo, anche se ogni anno il dibattito è sempre accesissimo perché nonostante tutto è sempre il Pallone d’Oro.
Quest’anno, per esempio, nella lista dei pretendenti non c’era Gigi Buffon e c’era invece Gary Medel. Strano, eh? Nel 2010, invece, dopo il Triplete dell’Inter non era nemmeno in nomination Diego Milito, il trascinatore a suon di gol e prodezze di quella squadra. Incongruenze che non si trasformano in polemiche feroci solo perché negli ultimi anni il Pallone d’Oro ha perso un po’ di smalto e interesse più che altro alla luce di un dominio assoluto e tirannico di Messi e Cristiano Ronaldo.
A pensarci bene, i candidati dovrebbero essere solo loro due, che mettono d’accordo un po’ tutti. Dare il giusto peso, anche mediaticamente parlando, al trofeo sarebbe inoltre cosa buona e giusta. Ah, dimenticavo. Nel 1991 il Pallone d’Oro lo vinse Jean-Pierre Papin, centravanti del Marsiglia e poi del Milan. Alle sue spalle, medaglia d’argento, Darko Pancev, fresco vincitore della Coppa dei Campioni la Stella Rossa di Belgrado. Sì, proprio quel Darko Pancev che nell’Inter-Brescia di cui sopra ad un certo punto aveva la porta completamente spalancata davanti a sé e prese la mira.
A differenza di Sammer, Pancev il pallone lo prese, eccome se lo prese, lo prese di collo pieno e partì un siluro. Il problema è che il siluro finì nei pressi del secondo anello blu, per la gioia di Nello Cusin e della Gialappa’s. Per fortuna, ci pensò Sergio Battistini con un colpo di testa in zona Cesarini.