Social media, discipline sportive, nuove mode e modelli che spesso fanno discutere. Nell’era della rivoluzione digitale i giovani sono costantemente alle prese con taluni modelli di riferimento (sportivi e non) che non di rado lasciano perplessi. L’esempio più lampante non tanto tempo fa, quando il Codacons prese una posizione dura nei confronti di Wanda Nara, rea di lanciare messaggi deviati e pericolosi verso gli adolescenti. Rapper e influencer spesso inseriti (giustamente o meno, non siamo certamente noi a doverlo stabilire) nel banco degli imputati, ma ai giovani – o meglio ancora a quella che segue la Generazione Y, ovvero la Generazione Z – ciò interessa ben poco e sempre più frequentemente tendono a seguire specifiche e “non meglio identificate” figure, compresi gli influencer sportivi più “trasgressivi”. Ebbene sì, cercano di imitarle, prendono spunto da loro, le considerano veri e propri modelli di vita.
Influencer nella vita, influencer in tv, influencer, endorser o testimonial nello sport. “Noi che colpa abbiamo se i giovani ci seguono, nessuno obbliga loro a seguirci“, è uno dei leit-motiv più ricorrenti nel filone degli influencer a tal proposito. Anzitutto va fatta una distinzione: esistono influencer “bravi e in gamba” e influencer “meno bravi e più cattivi, spericolati e spregiudicati”. Dilagano a quanto pare gli influencer “borderline”, menefreghisti nei confronti della giustizia e del vivere sano. Droga, alcool e cattive abitudini talvolta vanno di pari passo, purtroppo, in un mondo dove si vuole condividere emozioni, giuste o sbagliate che siano. Su un punto bisogna essere tutti d’accordo: agli influencer (che essi siano “bravi” o “cattivi”) bisogna dar ragione, perché nessuno impone alle nuove generazioni di imitare questi personaggi nell’ambito delle più differenti situazioni di vita.
I giovani 2.0 hanno una loro famiglia (oltre che una propria mente) e se nemmeno al nucleo familiare in senso stretto interessa che il proprio figlio cresca in maniera poco seria e responsabile, imitando personaggi spesso poco affidabili e raccomandabili (come dire, alla faccia dei sani valori della vita), gli influencer possono farci ben poco. Non hanno colpe, anzi sono ancora più incentivati a proseguire con sfrontatezza e onore la propria attività di “portatore sano” di valori etici, comportamentali e culturali. Ciò succede anche nello sport, così come nella vita, nelle mode, un po’ ovunque si trovano personaggi ritenuti da alcuni “poco affidabili”. Ma ribadiamo come non dobbiamo essere noi a stabilire tutto ciò. Come dire, quando influencer e culture contagiose fanno la differenza… Consuetudini che contagiano, che si espandono in maniera esponenziale, giorno dopo giorno, ai tempi del web, ai tempi di internet e relativi social media. Alcuni sostengono che non conviene nemmeno più affrontare questo problema (se così lo vogliamo definire): ormai la situazione è divenuta “troppo grande”, difficile da gestire e contrastare. Sarebbe un atteggiamento che potrebbe divenire perfino autolesionistico da parte di quel giornalista, di quel notiziario, di quello stakeholder.
Come dire: perché mettersi contro un influencer “cattivo esempio” che viene seguito da numerosissimi giovani? Perché mettersi contro un big dello sport (che fa discutere, non facciamo nomi, ma ce ne sono eccome!) o meglio ancora contro un ormai vip, invitato pure da trasmissioni tv? Non conviene più, lasciamo passare tutto, facciamo finta di niente e non ci mettiamo contro nessuno. Ribadiamo il nostro pensiero: ormai con questa enorme diffusione degli influencer (in tv, nello sport – si pensi negli ultimi anni al buon Balotelli, uno degli sportivi con più follower, e non solo) e dei pseudo digital-marketer, anche affrontando nel dettaglio quella che potrebbe essere definita un’emergenza pragmatica, il quadro cambierebbe ben poco perché le nuove generazioni (in primis la Generazione Z) ormai sono entrate, per così dire, nel “sistema” dove sono sempre più frequenti anche sensualità profonde e “pose” eccessive o borderline. L’influenza è ormai troppo forte, del resto i followers fanno rima con redditività, fama, visibilità e non solo…
Eppure ognuno di noi ha un suo cervello, una sua testa. Si dice spesso ai giovani di crescere responsabilmente, di farsi le proprie idee, ma se poi la responsabilità viene loro dettata direttamente dagli influencer senza distinzioni tra realtà e utopia (qui il ruolo fondamentale della famiglia, degli insegnanti..) allora diventa tutto più complicato, impossibile. Ma facciamo un piccolo esempio. Fedez è ormai amato da tutti. Con la Ferragni è esploso il fenomeno mediatico dei Ferragnez, il binomio più amato forse dai giovani. Nel 2014, ospite ad una trasmissione, Fedez rispose al politico Giovanardi sostenendo che un bicchiere di lambrusco avrebbe potuto far molto più male di uno spinello, di una canna. E’ davvero così, peggio il lambrusco di uno spinello? Ci vorrebbe in generale, in tutte le situazioni della vita, un’informazione chiara, sincera trasparente da parte degli addetti ai lavori. Argomenti “troppo scomodi” (quelli relativi agli influencer), secondo il nostro pensiero, per essere probabilmente affrontati face-to-face anche dai massimi esperti di comunicazione e psicologia. Evviva i valori, quelli sani, di questa fantastica vita…