Origine e sviluppo di un fenomeno odiato e amato allo stesso tempo dai tifosi: il trash talking
Tutti sappiamo come in America abbiano l’abitudine di parlare prima del tempo, quando si tratta di sport poi, diventa quasi più importante l’attesa dell’incontro che non l’incontro stesso, poiché alimentata da questo fenomeno detto Trash Talking, un misto di insulti e provocazioni con l’intento di aggiungere pepe alla sfida sul campo.
In NFL è ormai prassi fare trash talking e prendersi in giro, tra tutti si distingue senza dubbio Jalen Ramsey, il cornerback dei Rams è abilissimo nell’entrare nella testa degli avversari e farli innervosire, prendendosi ogni piccolo vantaggio che può. Fin dai tempi dei Jaguars, Ramsey ha provocato tutti i ricevitori che si è trovato davanti, atteggiamento spocchioso ma che ha sempre sostenuto coi fatti, guadagnandosi il diritto di fare così. Poi da quando è arrivato a Seattle DK Metcalf, lo spettacolo non è mai mancato…
Prima di Ramsey, un altro cornerback si distingueva per la sua abilità col microfono, stiamo parlando di Richard Sherman. Il membro della Legion of Boom, oltre a essere un gran giocatore, è stato protagonista di grandi battaglie a parole, su tutte quelle con l’allora ricevitore dei San Francisco 49ers Michael Crabtree. Indimenticabile la sua intervista al termine della finale di conference della stagione 2013, dopo aver evitato il touchdown decisivo all’ultimo drive, Sherman decise di mandare un messaggio direttamente ai Niners: “Questo è quello che succede quando mi metti davanti un ricevitore scarso come Crabtree” adesso lo sa tutto il mondo…
Il trash talking non è fatto di sole parole, ma anche di gesti, come ci ha mostrato nella scorsa stagione Tyreek Hill, ricevitore dei Chiefs, che dopo aver segnato il secondo touchdown lungo nel primo quarto, ha salutato la difesa di Tampa, in particolare il rookie Winfield, così:
Un’umiliazione del genere non si dimentica facilmente, anzi, genera un desiderio di vendetta incredibile. Caso vuole che poco più di due mesi dopo ci sia la rivincita tra Tampa e Kansas, sempre nello stadio di Tampa, nella cornice più importante che ci sia: il Superbowl.
Questa volta la difesa dei Bucs non si fa soprendere dalla velocità di Hill, grazie a dei raddoppi riesce a contenerlo talmente bene da renderlo innocuo. Il largo vantaggio nell’ultimo quarto sarebbe già un’ottima rivincita, ma Winfield non si accontenta, così alla prima occasione buona, cioè l’ennesimo stop difensivo, il safety rende il favore a Hill facendo lo stesso gesto di qualche mese prima, creando una delle immagini che meglio rappresentano il concetto di Karma.
Per trovare il padre del trash talking in NFL, colui che diede vita a questo fenomeno, dobbiamo tornare indietro agli anni 60, quando la NFL era ancora divisa dalla AFL, lega dove giocavano i Kansas City Chiefs, il cui safety era Fred Williamson, noto come “The Hammer” per i colpi a braccio teso che dava ai ricevitori avversari, delle vere e proprie martellate.
Prima della sfida contro i Packers del 1967, valevole per il Superbowl, Williamson affermò che avrebbe facilmente neutralizzato i ricevitori Dowler e Carroll con i suoi colpi marchio di fabbrica, poiché era abituato a giocare contro ricevitori ben più forti di loro. L’epilogo però fu ben diverso: i Packers vinsero comodamente 35-10 e a finire a terra fu proprio Fred Williamson, a causa di una ginocchiata in fronte dal running back avversario.
A quei tempi i controlli per le commozioni cerebrali non erano come quelli di oggi e lasciavano decisamente a desiderare, così Williamson, dopo essersi ripreso tornò in campo, giusto in tempo per farsi schiacciare da un compagno di squadra cadutogli sopra e rompersi il braccio. Fu così che “The Hammer got hammered“, cioè “Il martello è stato distrutto”.