La probabilità che capitasse era alta, e ieri abbiamo avuto la conferma: Ben Simmons non si è presentato al training camp dei Philadelphia 76ers in quanto vuole essere ceduto ad ogni costo (letteralmente, dato che pioveranno multe imposte dalla società a causa del suo comportamento).
Non è la prima volta che si assiste ad addii sgradevoli e forzati, vedasi Jimmy Butler (finto proprio a Philadelphia a fine 2018, da Minnesota), James Harden e, a breve, anche John Wall.
Le multe potrebbero risultate anche piuttosto salate: un giorno di lavoro saltato significa un giorno senza stipendio, e dato che, convenzionalmente, la stagione NBA è composta da 145 giorni lavorativi, Simmons sarebbe costretto a pagare la bellezza di più di $227.000 dollari al giorno (il suo contratto annuale vale $33.003.936, per HoopsHype).
Le alternative, per l’australiano, non esistono: l’unica opzione è andarsene.
Personalmente, ad ogni modo, trovo ridicola questa telenovela, sia per il comportamento immaturo e per nulla professionale di Simmons, sia per la gestione della società: è possibile che si debba attendere tutto questo tempo per sbarazzarsi di un dipendente che non vuole più lavorare per te? È normale che tutto ciò venga reso pubblico, andando dunque ad intaccare l’immagine pubblica di una franchigia già poco ammirata nel mondo NBA? La serietà, all’intento di tale questione, è la più grande sconfitta.