Napoli e Fiorentina sotto la lente

Napoli-Fiorentina

La partita del San Paolo non tradisce le attese sotto due aspetti, che vengono salomonicamente divisi fra i due tempi: una frazione di gioco all’insegna della perfezione tattica nell’applicazione sistematica della pressione, soprattutto da parte della Fiorentina, e un secondo atto in cui la superiore qualità offensiva (comprensiva anche qui di una lezione di pressing) del Napoli è riuscita a forzare gli automatismi viola.

Due tipi di pressing. Napoli e Fiorentina applicano due stili di pressing tanto efficaci quanto differenti: il pressing del Napoli è basato sull’intensità fisica portata dai giocatori sin dal primo sviluppo dell’azione (il Napoli recupererà in tutta la partita 22 palloni nella metà campo avversaria), con i terzini spesso altissimi a coadiuvare il lavoro delle ali che partono a razzo sulla prima linea avversaria, mentre la Fiorentina applica un pressing meno feroce, ma, se così si può dire, più intensivo e sistematico, volto a congestionare il gioco avversario. Si tratta di una strategia di rallentamento della partita che è sottolineata anche dalla gestione del possesso viola, ancora per certi versi montelliana, certamente la più intelligente possibile per questa rosa e il suo elevato tasso tecnico, a cui però manca appunto il giocatore veloce e irresistibile nell’uno contro uno (Cuadrado). Gestione, poi, di valore difensivo, giacché sottrae la squadra dall’ingaggio di duelli aperti a ritmo alto, che per struttura fisica, come detto, difficilmente potrebbe reggere.

La partita. Il primo tempo è, ai punti, di marca viola, anche se la squadra di Paulo Sousa non ha mordente in attacco per concretizzare il possesso, che si rivela essere un’arma difensiva piuttosto che offensiva. A questa Fiorentina manca un po’ di velocità in avanti, che è quella che ha il Napoli, ma appunto il pressing viola è applicato sin troppo bene, e imbriglia lo sviluppo del gioco degli azzurri soprattutto dalle retrovie. La fase passiva viola comincia infatti sin dalla metà campo avversaria, con la Fiorentina che cerca sistematicamente l’achique lateral, cioè la pressione tendente a spostare sul lato il possesso avversario, di modo che le opzioni di passaggio di chi ha la palla si riducano al minimo, e si arrivi all’errore più facilmente. La naturalezza con cui la Fiorentina applica questa idea è favorita dalla fluidità del modulo, che passa elasticamente non solo dal 3-4-2-1 al 4-3-2-1, ma che soprattutto gestisce il centrocampo in varie forme, con le mezzepunte che, molto libere di muoversi, guidano la pressione alta, adattandosi plasticamente alla circolazione avversaria.

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La pressione alta e laterale costringe Hysaj a tornare indietro: questa schermata rende bene l’idea del lavoro di pressing sistematico che fa la Fiorentina, costringendo il Napoli a giocate difficili: come si vede, tutte le linee di passaggio sono chiuse, e la pressione viene esercitata verso l’esterno, fino allo scacco.

Al 17’ la prima occasione viola, con Kalinić che apre sulla destra per Blaszczykowski, il cui tiro però è deviato da Reina, abbastanza fortunato: avrebbe dovuto respingere, da prassi, lateralmente, e non al centro, ma proprio il corridoio centrale è paradossalmente in questo caso meno pericoloso di quello laterale, con un giocatore viola appostato.

Il primo tempo è, va ribadito, uno spartito eseguito alla perfezione dalla Fiorentina, ma manca appunto quella capacità di guizzare prima sottolineata, e il Napoli, d’altronde, a parte l’occasione del 17’, si fa trovare pronto. Il capitano azzurro ha ragione: il passaggio al 4-3-3, un 4-5-1 in fase passiva, ha fatto sì che la squadra abbia maggiore protezione soprattutto al centro (al di là di qualche amnesia ancora persistente nella copertura dello spazio fra difesa e centrocampo, vecchio e beniteziano problema), perché il terzetto di centrocampo ha meno campo da coprire, difficoltà che avevo sottolineato nell’articolo su Empoli-Napoli: le mezzali, ora libere di potersi occupare solo del centro del campo, partecipano meglio alla fase di transizione difensiva, e contemporaneamente le ali mostrano un’ottima tenuta cronologico-mentale e fisica sia nella transizione che nello staccarsi dalla linea di centrocampo per il pressing.

Secondo tempo. Se il primo tempo è un trattato di pressing dei viola, una delizia per un occhio tatticamente allenato, il secondo offre un calo da questo punto di vista, compensando però con la spettacolarità. La giocata di Hamšík spezza la partita in due, e allunga inesorabilmente la Viola alla ricerca del pareggio. Il Napoli può così approfittare dell’ampliarsi dello spazio offensivo – in verità nemmeno troppo in più di prima –, e soprattutto può recuperare la sicurezza psicologica che la pressione del primo tempo aveva scalfito. Per parte sua, la Fiorentina cambia con l’ingresso di Iličič, nel bene e nel male, dopo che Albiol fallisce clamorosamente da solo in area la palla del 2-0. Lo sloveno prima crea una palla gol per Kalinić, su cui salva Reina, e poi però si ripete qualche minuto più tardi, e stavolta il centravanti croato insacca di esterno destro.

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Sarri nel post-partita ha detto che l’errore non era di Koulibaly, e io sono d’accordo: il problema è Albiol che esce in pressione troppo presto ed è troppo alto, ma forse come lui – che pure aveva la scusante di un Jorginho indeciso, invece di scivolare su Borja Valero – sbaglia Ghoulam, che è lontano da Iličič, il quale ha tempo in abbondanza per girarsi e piazzare l’assist – a quel punto il terzino senza l’esterno difensivo che sale (Blaszczykowski aveva traslocato dopo l’infortunio ad Alonso) può uscire sul trequartista.

Poco prima, il Napoli aveva però dato saggio del suo pressing splendidamente folle applicato su tutto il campo, con Allan che di corsa sradicava un pallone in disimpegno alla difesa viola al limite dell’area di rigore toscana (sic!), senza però riuscire a concretizzare; il tutto condito da Callejón che sdilinquiva l’ennesimo gol, dopo una grande azione precedente fra Ghoulam e Mertens.

A due minuti dal gol viola, ad ogni modo, Gonzalo Baticrespomilito decide che è il momento di vincere la partita: pressa Iličič in mezzo, gli sradica la palla di forza, chiede il triangolo a Mertens che dopo il tacco a Ghoulam offre un’altra palla meravigliosa a Batistuta, che va in porta e calcia di sinistro resistendo alla carica di Giovanni Bia.

Conclusioni. Per oggi, vince il Napoli di Arrigo Sarri, e del pressing verticale: la qualità fisica e tecnica della squadra, unita all’esecuzione quasi perfetta dei movimenti offensivi, e più che buona delle coperture preventive fondamentali per sostenere il pressing, almeno in certi frangenti della partita, hanno avuto la meglio sull’estrema organizzazione del pressing e del possesso viola, uno dei sistemi meglio armonizzati che sin qui abbia finora visto. Si ha l’impressione che la rinnovata forza psicologica del Napoli possa fare la differenza in un contesto che si avvia verso il consolidamento di una struttura tattica ben definita, sebbene vi sia ancora da superare il test con le squadre sulla carta meno blasonate. Per quanto riguarda la Fiorentina, basterà forse trovare un uomo in grado di fare la differenza nell’uno contro uno davanti, per poter compiere il salto di qualità definitivo.