Milan, Costacurta: “Imbarazzante sceneggiata a Marsiglia. Galliani…”

Galliani

Sono passati 25 anni dalla famosa notte di Marsiglia, nella mente di tutti gli appassionati di calcio l’immagine dei giocatori del Milan che abbandanonano il campo su ordine di Adriano Galliani per colpa dei riflettori spenti. Il Milan pagò con un anno di eslusione dalle coppe europee.

COSTACURTA: “A MARSIGLIA SCENEGGIATA IMBARAZZANTE”

A distanza di anni torna sull’argomento uno dei protagonisti di quella amara sera, Alessandro Costacurta. Queste le parole riportate da gazzetta.it: “Eravamo convinti che fosse una scelta condivisa col delegato Uefa. Eravamo pronti a giocare, poi arrivò Galliani e ci disse di rientrare negli spogliatoi. La luce era ritornata, mancava pochissimo e il Marsiglia si stava qualificando in modo meritato. Nessuno di noi voleva fuggire o cercare una scorciatoia… La squadra è uscita convinta che c’era un accordo in quel senso. Abbiamo scoperto l’amara verità dai giornalisti, dopo la doccia. C’è cascato il mondo addosso. Ricordo ancora la faccia scura di Arrigo Sacchi. Da quel momento in avanti eravamo consapevoli di aver preso parte a una imbarazzante sceneggiata. Sono passati 25 anni, ma quella macchia non si cancellerà mai”. Ma fu Galliani a prendere quella decisione, senza il parere di Silvio Berlusconi? “Non credo sia possibile. Galliani riunì la squadra il giorno dopo e ci chiese scusa, parlò di un suo errore di valutazione. Secondo me una responsabilità del genere non poteva essere stata presa solo dal vicepresidente. Anche perché se fosse andata così, allora avrebbe pagato con il licenziamento. Diciamo che Galliani si è “sacrificato”, prendendosi tutte le colpe. Ma io ho un’altra idea: l’ordine arrivò da Arcore. Anche altri miei ex compagni la pensano allo stesso modo. Quella uscita dal campo fu davvero una figuraccia, ma non mi sento responsabile. Nessuno dei giocatori lo è stato: se avessimo saputo che quella era una scelta unilaterale, avremmo finito la gara. Gente come Baresi, Maldini, Gullit non aveva paura di andare contro la dirigenza, specie se era convinta di fare una cosa giusta”.