Ciclismo, le incognite di una passione bella e terribile
La mattina, quando canta il gallo, l’aria è di quelle che temprano, sferzano, indipendentemente dalla stagione. Ci si veste, perchè quella del ciclista è una vera e propria ritualità fatta di piccoli gesti, fra cui la vestizione, prima di montare sul destriero a due ruote.
Davanti, la strada. Solo la strada. E la si affronta nudi, nudi di fronte alla fatica, al sudore, al caldo che aumenta e al freddo che stronca, alla pioggia e agli spruzzi di neve che mordono fin dalle caviglie.
Il corridore, che si tratti di un campione o di un semplice amatore, è parte integrante di una tribù. Quando i membri si incontrano per strada, si salutano, condividendo lo sforzo, ma anche la ricerca di un qualcosa che è al di là del bene e del male.
La perdita di Michele Scarponi
Michele Scarponi, marchigiano di Filottrano, paese di cui era “L’aquila”, si sarà svegliato con i medesimi pensieri. Reduce da una corsa come il Tour of the Alps, nella quale ha portato a casa una bella vittoria di tappa una settimana fa, si preparava ad una seduta di allenamento insolita per un atleta appena tornato a casa, ma che rendeva l’idea del tasso di attaccamento alla disciplina di un personaggio molto amato e stimato nel gruppo.
Già, il gruppo. Un’ entità che trascende Giri e Tours, Sanremo e Roubaix. Un qualcosa che non si sgretola mai, nemmeno davanti al Colle dell’Agnello o all’Izoard, perchè sono tutti lì, ai quattro angoli del pianeta, pronti a sfidare i loro demoni. Folco Terzani, figlio di Tiziano, parlava di Grande Organizzazione, ovvero di un pensiero, un istinto condiviso che ci accomuna, indipendentemente dai chilometri di distanza.
Michele Scarponi da Filottrano provava le medesime sensazioni di tutti coloro che abbracciano il ciclismo, quella tempra, quel fuoco che arde prima di mordere il manubrio e partire.
L’eredità di Michele Scarponi
Ha vinto un Giro d’Italia per squalifica di un avversario, quello stesso avversario che, alla notizia della sua scomparsa, è stato fra i primi a manifestare il proprio dolore. Vincenzo Nibali, il suo capitano, quest’anno proverà a vestirsi di rosa senza il suo fondamentale supporto, dopo che l’anno passato è riuscito nell’impresa proprio grazie al suo pretoriano. Scudiero che avrà sentito più sua quella vittoria rispetto a quella del 2011, perchè gli albi d’oro sono freddi, ma anche molto ingannevoli a volte.
Ma quello che ha lasciato in eredità , Michele Scarponi da Filottrano, è quel senso di allegria che lui comunicava alla gente che popolava le corse, al di là della fatica, delle intemperie, delle delusioni di chi occupa tutti i piazzamenti al di fuori del primo. Al ciclismo, che a Liegi gli ha reso omaggio, al nostro sport e alla sua gente mancherà tantissimo.