Materazzi da i voti alla sua Inter e…
Marco Materazzi è ancora nel cuore dei tifosi dell’Inter, protagonista della cavalcata vincente che portò al triplete con Mourinho, Matrix si racconta ai microfoni della Gazzetta dello Sport. Tra passato, presente e futuro parla della ‘sua’ Inter a 360°.
Quanto può pesare sul derby del 15 ottobre la sosta per le nazionali?
“Tanto. E capita troppo spesso. Con Leonardo, nel 2011 così ci abbiamo rimesso uno scudetto. Alla ripresa ci saranno anche Roma-Napoli e Juve-Lazio, sfide bellissime che non puoi preparare bene se fino al venerdì non hai i giocatori. Possibile che non si riesca a mettere dei paletti nel calendario? Così ci perde lo spettacolo”.
Veniamo all’Inter.
“Ha 16 punti e non la sottovaluterei. Anche perché non fa le Coppe ed è forte fisicamente. Se riesci a vincere anche quando non giochi bene e hai uno stadio come San Siro che ti spinge, nulla ti è precluso”.
Quando fischia o prende di mira qualche giocatore, San Siro però diventa un boomerang.
“Fischiano e contestano quelli dal palato fine, che poi però se la squadra vince sono i primi a salire sul carro. I veri interisti tifano sino alla fine, poi nel caso fischiano. Come alla Scala. Se no è autolesionismo”.
Dopo la sosta inizieranno gli scontri diretti. Un bene o un male?
“Ben vengano le sfide con Milan e Napoli. Per come è costruita l’Inter, vedi a Roma, se ha spazio alle spalle degli avversari può farti molto male. La famosa “palla là” che piace a Spalletti è quella che un difensore soffre di più. Non a caso contro le piccole l’Inter ha avuto più problemi, perché la “palla là” (cioè lo spazio), non te la lasciano quasi mai”.
Contro la squadre che si chiudono il problema dell’Inter è la mancanza di chi salta l’uomo?
“Non credo. Ci sono Perisic, che ha strappi incredibili, e Candreva, cui non mancano i colpi. Poi Spalletti deve scegliere gli uomini giusti. Ma in carriera ha sbagliato ben poche volte”.
Icardi è un killer, ma in alcune gare non la vede quasi mai…
“Eppure ogni stagione va in doppia cifra di gol. Meglio di lui in giro non ne vedo. Vero che nelle ultime ha un po’ sofferto, ma ci sono periodi così. E lui si esalta con la palla alle spalle dei difensori”.
Cosa pensa di Karamoh?
“Bravo, di gamba e disciplinato. Importante per uno che, come Dalbert, viene dal campionato più facile e allo stesso tempo difficile del mondo. Perché in Ligue1, a discapito della tattica, si corre come pazzi”.
L’Inter per ora è stata più brava o fortunata?
“Brava a trovarsi al posto giusto nel momento giusto, poi è chiaro che la fortuna ci vuole. Anche quegli 8 gol su 12 segnati nell’ultimo quarto d’ora dicono che l’Inter non molla mai e può sempre piazzare il colpo. Soprattutto questi gol hanno portato vittorie, non pareggi. Un segnale. L’anno scorso questa tigna non c’era”.
Quanto incide Skriniar?
“Devo ancora capire se è un giocatore già fatto o solo di prospettiva. Ha personalità e forza fisica, è già un idolo dei tifosi, ma deve osare di più, essere più intraprendente, in alcuni momenti allungare la squadra, tentare il lancio lungo a scavalcare la difesa”.
Più facile che Spalletti trovi il trequartista giusto o cambi sistema di gioco?
“Come sarto è secondo a pochi. Eder è bravo anche in mezzo, mentre Perisic non lo sposterei dalla fascia, dove può sprigionare la sua potenza. Il trequartista giusto è Candreva: ha già giocato lì, ha il passaggio e lo “scaldabagno” per segnare da fuori”.
Dei tre provati finora (Borja, Brozovic e Joao Mario) chi invece la convince di più sulla trequarti?
“Joao Mario è leggerino, lo vedo come interno o come esterno in un 4-4-2. Quello che lo può fare meglio è Brozo, che regge di più il colpo e vede meglio la porta. Però deve svegliarsi. Borja è bravo a cucire il gioco se i compagni fanno movimento. Non può certo dare lui gli strappi o i cambi di ritmo che mancano”.
Il famoso trequartista alla Nainggolan in rosa non sembra esserci.
“Ovvio, di Nainggolan ce n’è uno al mondo. Tre anni fa era ancora raggiungibile. Tecnicamente e a livello pratico. Costava 10-12 milioni. Ma allora spese piccole non potevamo farne. Solo sopra i 30…”.
Erick Thohir ha ammesso di essere preso da faccende indonesiane. Crede che abbia senso che rimanga presidente?
“Il mio presidente è uno solo: Massimo Moratti. Ma a Thohir va dato atto di avere migliorato una situazione di non ritorno a livello di bilancio. Ciò detto, l’importante è che chi lavora a Milano faccia le cose per bene. Perché se dopo 7 anni sei ancora fuori dalla Champions significa che in troppi hanno lavorato male. E non mi si parli di fairplay finanziario: i soldi, forse anche troppi, sono stati spesi. Male, però”.
Curiosità finale, ma a Cardiff lei tifava per la Juve o il Real di Zidane?
“Zidane. La Juve proprio non potevo. Anche se l’avrei applaudita nel caso avesse meritato di vincere. A Zizou voglio bene, non ho nulla contro di lui. E ne approfitto per fargli i complimenti perché ha avuto l’intelligenza per toccare i tasti giusti e creare quell’empatia tra grandi campioni che è la chiave dei successi madridisti. Mi piace anche la sua famiglia, rimasta semplice e mai fuori posto”.