Marotta: “Se hai undici talenti non vinci nessuna competizione. Inzaghi un leader. Scudetto? La favorita è l’Atalanta”

Il presidente analizza il 2024 dell'Inter

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L’AMMINISTRATORE DELEGATO DELL’INTER GIUSEPPE MAROTTA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Giuseppe Marotta ha rilasciato un’intervista a Sky Sport in occasione dello speciale “L’anno dell’Inter”.

Marotta: “Finale di Champions? Dobbiamo essere lì al momento giusto”

Quest’anno ha conquistato la seconda stella, è diventato presidente dell’Inter ed è al vertice delle classifiche di Serie A e Champions League. Si può considerare l’anno di Marotta?

“È l’anno dell’Inter con l’operatività anche di Giuseppe Marotta quindi unendo le due cose al fatto che l’Inter mi abbia dato tanto come esperienza in altri ambiti”.

A che livello è arrivata l’Inter in ambito internazionale?

“È tornata ad essere una delle protagoniste più autorevoli perché la storia e il palmares di questa società calcistica ci dice che i trofei vinti in Italia e in Europa sono tanti e con la società che c’è ora stiamo dando continuità sotto questo aspetto”.

Che differenza ha trovato con i ruoli dirigenziali occupati in passato e che proprietà è quella che c’è ora?

“Ringrazio questa proprietà che mi ha dato fiducia per avermi fatto presidente di un club come l’Inter che è una cosa straordinaria e lo hanno fatto per intraprendere un cammino vincente. Nei miei 45 anni ho vissuto la gestione diversa di tanti presidenti dove ho imparato tanto dal punto di vista professionale e questi insegnamenti mi sono utili oggi che vesto quei panni”.

Che crescita ha avuto Inzaghi e che tipo di allenatore è diventato in questi anni?

“Simone Inzaghi ha dimostrato di essere un grande professionista e una persona molto intelligente perché è arrivato in punta di piedi senza fare proclami e si è adeguato a ciò che si è trovato. Ha il riconoscimento all’interno della squadra di essere un leader e sta trasmettendo una mentalità vincente e la cultura del lavoro che lo rappresentano”.

Che dirigente sei con l’allenatore. Cambia in base al tecnico che c’è o sei standard per tutti?

“È cambiato tanto il mio ruolo anche in base al target che mi è stato attribuito. La prima cosa è il rispetto dei ruoli ma il confronto con l’allenatore è essenziale. Questo confronto avviene quotidianamente con allenatore e staff dirigenziale”.

L’unico limite che si può trovare alla sua Inter potrebbe essere la carta d’identità. È preoccupato in ottica futura?

“Io credo che se hai undici talenti non vinci nessuna competizione. Bisogna creare una simbiosi e il giusto equilibrio tra giocatori giovani e meno giovani. Noi abbiamo messo insieme la vivacità del giovane con l’esperienza dei giocatori più esperti all’interno dello spogliatoio”.

Sei ancora convinto che avere un blocco di italiani in questo campionato porti dei vantaggi?

“Assolutamente si. La Serie A è un campionato unico perché le pressioni che ci sono in Italia non ci sono da nessun’altra parte. Quindi è importante che chi giochi in Italia conosca il suo habitat e sappia cosa vuol dire andare a Cagliari o a Empoli e trovare delle difficoltà. Il blocco di italiani porta questi vantaggi”.

Hai gestito tanti calciatori nella tua carriera. Quali sono i cambiamenti che trovi con la generazione di oggi?

“È la società attorno che sta cambiando ed influisce sul calcio. I ragazzi di oggi sono più emancipati rispetto a prima e difficilmente subiscono le direttive degli allenatori senza un confronto democratico. Oggi tra le qualità di un allenatore e uno dirigente ci deve essere l’ascolto”.

Qual è la principale rivale dell’Inter per lo Scudetto?

“Siamo quasi alla fine del girone d’andata e le favorite sono sempre le stesse. C’è un gruppetto di testa composto da Atalanta, Inter, Napoli, Fiorentina e Lazio ma ci sono squadre come Juve e Milan pronte a riagganciarsi. Una delle grandi favorite è l’Atalanta perché è un modello da seguire. Ha insegnato che si può vincere senza spendere tanto”.

Conte lo hai avuto alla Juve e all’Inter. Qualche volta c’è un dibattito vivace a distanza tra voi e il tecnico. Pensa che sia vincente questo dualismo?

“Non è un dualismo. È un gioco comunicativo ma c’è grande rispetto. In Italia si fa si che con un titolo ci possa essere una risposta ma tra di noi c’è rispetto, fa parte del gioco”.

Un futuro da presidente della federazione o ministro dello sport?

“Ringrazio chi mi vede in questi ruoli. Io sono innamorato dello sport ma sono felice all’Inter. Il nostro problema è non poter garantire a tutti i bambini di fare sport in modo gratuito. Il modello Abodi è moderno ma bisogna dare lo sport gratuitamente a tutti i giovani”.

Hai fatto tre finali di Champions, due con la Juve e una con l’Inter. È un obbiettivo con i nerazzurri?

“Credo che bisogni garantire l’occasione per essere lì, poi si può vincere o perdere. Dobbiamo perseguire l’essere lì al momento giusto. Nello sport bisogna essere ambiziosi. Deve esserci la voglia di credere in certi obbiettivi seppur utopistici perché lo sport è anche questo”.