Che il calcio non sia più quello di una volta, è sotto gli occhi di tutti, sopratutto a livello tattico, dove il “giuoco” del calcio ha, negli anni, subito una trasformazione radicale. Dagli albori, dove il primo che raccoglieva il pallone tra i piedi dava il via all’azione correndo senza sosta, si è arrivati a una conoscenza tattica curata quasi al limite del maniacale: dal 4-2-4 del Brasile di Pelè, fino “gegepressing”, passando per il “catenaccio” e la famosa “B-zona”; insomma, di cambiamenti, anzi di stravolgimenti ce ne sono stati – e ce ne saranno ancora – una marea, ma qual’è l’ultima moda, tatticamente parlando, del calcio moderno?
Un calcio “spuntato”
Da qualche anno a questa parte, un numero sempre maggiore di squadre, stanno cambiando identità tattica: sono sempre meno infatti, i club che puntano sul ruolo della “classica” punta, a favore di esterni e “falsi nove”. Insomma, se una volta nell’identikit dell’attaccante perfetto rientravano attributi come fisicità e stacco di testa, adesso si cercano giocatori sempre più veloci e capaci di saltare l’uomo con dribbling ubriacanti. Cosa che prima era riservata solo agli esterni. Un esempio concreto di questa tendenza è rappresentato dal Cagliari di Maran, che è riuscito a sopperire all’assenza (per infortunio) di Pavoletti, adattandosi nel migliore dei modi con gli esterni e falsi nove a disposizione: finora, nel reparto offensivo dei sardi abbiamo infatti visto Joao Pedro, Naingollan e Giovanni Simeone, tre ottimi giocatori, ma nemmeno uno di loro è un bomber nato, una punta insomma. Eppure, i numeri parlano chiaro: il Cagliari si ritrova tuttora quarto in classifica a soli due punti dalla Lazio, e con un bottino di ben ventinove goal segnati, contro i venticinque della Juventus. Sarà forse un caso?
Il fenomeno però non si limita al solo Cagliari; sono tante le squadre che si stanno “spuntando”, come ad esempio anche Chelsea e Manchester United. La squadra di Frank Lampard infatti, scende in campo con un 4-2-3-1, schierando al centro dell’attacco il giovanissimo Tammy Abraham, che di ruolo non è proprio una prima punta. Discorso simile anche per lo United di Ole Gunnar Solskjær, che utilizza lo stesso sistema, ma che si affida ad Marcus Rashford, un altro velocista, più che prima punta di peso. Insomma, un numero sempre crescente di allenatori sta iniziando a sviluppare l’idea di un calcio “spuntato”, ma i risultati cosa ci dicono? Ci troviamo davanti a una mossa rivoluzionaria o si rivelerà solamente un errore?
Cosa ci dicono i numeri
La domanda è lecita: ma senza una vera e propria punta, non si rischia di segnare molto meno rispetto agli avversari? Assolutamente no. Già, perché i numeri dimostrano proprio il contrario: il Cagliari ad esempio, che attualmente si trova al quarto posto nella classifica della Serie A, di reti ne ha messo a segno ben ventinove, di cui quattro provengono dai piedi di Giovanni Simeone e nove da quelli di Joao Pedro. Non poche se consideriamo che attaccanti dal “peso molto più grosso” come Quagliarella e Piatek sono fermi ad appena tre reti. Stesso discorso vale anche per il Chelsea, che si trova attualmente al quarto posto della Premier League con trenta reti all’attivo: undici di queste reti sono state segnate proprio da Abraham. Il Manchester United è il club che se la passa peggio, visto che sta facendo un po’ fatica: sesto posto in classifica con ventuno punti e venti tre reti messe a segno. E indovinate chi è il miglior realizzatore della squadra? Esatto, proprio Marcus Rashford (9).
Quando il peso conta
C’è da fare una piccola precisazione: giocatori come Giovanni Simeone, Abraham e Rashford sono considerati da tutti delle vere e proprie punte, questo perchè ormai da tempo giocano in quella posizione. In tempi non sospetti però, i loro ruoli erano ben lontani rispetto a quelli che ricoprono oggi. Inoltre, non possiedono una delle più famose caratteristiche della vera prima punta: il peso. Possiamo infatti abituarci all’idea di considerare Giovanni Simeone una prima punta a forza di vederlo giocare in quel ruolo, ma non avrà mai le caratteristiche di un Lukaku o di un Zlatan Ibrahimovic: mentre Simeone può pungere sfruttando velocità e dribling – che attenzione non è roba da poco – quest’ultimi possono far salire la squadra sfruttando il loro strapotere fisico sugli avversari. Il primo goal di Lautaro Martinez nella trasferta europea dell’Inter contro lo Slavia Praga in Champions League, ne è l’esempio perfetto: Romelu Lukaku ruba il pallone all’avversario sfruttando il fisico, poi sempre con il fisico protegge palla ben due volte e infine serve in maniera perfetta il suo compagno di reparto, che davanti al portiere non sbaglia e fa uno a zero. Un giocatore come Rashford, avrebbe potuto fare la stessa giocata? Sicuramente sarebbe potuto sfuggire ai difensori utilizzando la velocità, ma quello del fisico è un valore che si sta iniziando a perdere, a favore della mera velocità. È la strada giusta? Questo potrà dircelo solamente il tempo, ma per ora i risultati sembrerebbero essere dalla parte di chi fa della velocità la arma principale.