Il prossimo 11 gennaio, a Zurigo, durante il gala della FIFA, uno tra Lionel Messi, Cristiano Ronaldo e Neymar Jr riceverà il Pallone d’oro FIFA 2015. Il massimo premio calcistico individuale vede sul podio, per l’ennesima volta, i due giocatori simbolo del Barcellona e del Real Madrid (nove volte la pulga, otto volte CR7), mentre il numero 11 blaugrana per la prima volta salirà sul podio.
La short list è stata diramata lo scorso 30 novembre e se l’anno scorso ha visto come “spettatore” al duello Messi-Ronaldo il portiere del Bayern Monaco e della Nazionale tedesca Campione del Mondo,Manuel Neuer, quest’anno il terzo in comodo sarà l’ex Santos.
Il portoghese è il detentore del premio ed in casa ha già tre Ballon d’or, Leo Messi è il giocatore che di “Palloni” ne ha vinti più di tutti (quattro, tutti consecutivi) mentre il capitano del Brasile è alla prima top three, nonché il primo brasiliano candidato per il premio da quando ha cambiato denominazione (l’ultimo a vincerlo fu Kakà nel 2007 che fu anche l’ultimo verde-oro a salire sul podio).
Ogni volta che viene stilata la lista dei candidati finali, tutti gli amanti del calcio si dividono tra chi vincerà, chi perderà e chi arriverà terzo, oppure esprimo altri nominativi sull’assegnazione del premio, in quanto il calcio, non essendo una scienza esatta, divide sempre. E anche questa edizione non è stata da meno, anzi non vedrà sul podio uno degli attaccanti più forti e completi di questi primi dieci anni del XXI secolo, Luis Suarez. Ca va sans dire, del Barcellona.
Molti si sono divisi, forse più rispetto al passato, sul fatto che il numero 9 blaugrana non sia entrato in short list. Molti non hanno compreso il fatto che Ronaldo sia andato sul podio, in quanto in quest’anno non ha vinto nulla (senza nulla togliere alle qualità del giocatore, che rimane uno dei giocatori più forti della storia del calcio) e che invece non vedrà sul podio la parte mancante della “MSN”, il tridente atomico del Barcellona formato da Messi, Neymar e, appunto Suarez. Un tridente da 122 gol sui 159 segnati dall’intera squadra catalana, capace in questo 2015 di fare una incredibilemanita di vittorie (Liga, Copa del Rey, Champions League, Supercoppa europea, Mondiale per Club).
Ed in tutte queste vittorie c’è sempre stato lo zampino di Luis Suarez, avendo segnato 16 volte in campionato; nella finale di Supercoppa europea contro il Siviglia (5 a 4 il risultato finale); il gol del momentaneo 2 a 1 nella finale di Berlino contro la Juventus (3 a 1 finale) e cinque reti in due partite nell’ultimo Mondiale per Club disputato in Giappone. E sarà un caso se nell’unico trofeo perso dai catalani, la Supercoppa di Spagna (vinta dall’Athletic Club Bilbao), l’attaccante uruguaiano non abbia segnato e quindi la squadra di Luis Enrique non ha fatto il sextuple. Un caso? Può essere, anche se, come detto precedentemente, il calcio non è mai una scienza esatta.
Ma chi è questo attaccante che sebbene sia una seconda punta, segna come una prima, corre su ogni pallone ed è un mix di dribbling, fiuto del gol, grande tecnica, rapidità, maturità calcistica precoce, velocità, abilità nel giocare spalle alla porta, visione di gioco, fisicità ed altruismo (160 assist in carriera).
Luis Alberto Suárez Díaz (l’ultimo è il cognome della madre, Sandra ) è nato a Salto, città del Nord ovest dell’Uruguay, nello stesso anno (il 1987) dei compagni di squadra Gerard Piquè e Lionel Messi, di Cesc Fabregas del Chelsea, di Lucas Leiva del Liverpool, Jamie Vardy del Leicester City, Salvatore Sirigu del Psg, Sebastian Giovinco e con Edinson Cavani condivide non solo il luogo di nascita, ma anche il fatto di essere nati a distanza di ventuno giorno l’uno dall’altro (24 gennaio il barcelonista, 14 febbraio il matador).
Suarez in patria ha giocato in tre squadre: da piccolo nel Deportivo Artigas di Salto e nell’Urreta FC di Montevideo, mentre come juniores nel Club Nacional, la seconda squadra più importante della capitale uruguaiana dopo il Penarol. Con i tricolores ha militato da “pro” una sola stagione dopo aver giocato cinque anni nelle giovanili e su di lui iniziarono a muoversi le prime squadre europee, in quanto le sue giocate e le sue reti sono “arrivate” fino nel Vecchio Continente.
Nell’estate 2006 Suarez sbarcò nei Paesi Bassi e per 800 mila euro se lo aggiudicò il Groningen. Con il club bianco-verde di Groninga, l’allora 19enne Luisito militò una sola stagione, segnando quindici reti totali, con una media di una rete a partita. L’anno successivo il giocatore passò al club più importante d’Olanda, l’Ajax, per 7,5 milioni di euro. In un solo anno, il suo cartellino più che decuplicò e nella capitale olandese Suarez esplose: in tre stagioni e mezzo, l’attaccante “bucò” la porta 111 volte, servendo assist a iosa. La curva aiacide impazzì per il suo numero 16 e sperò che la squadra del loro cuore potesse tornare, grazie a lui, al più presto, ai fasti del passato.
Ma i rosso-bianchi non erano più…i rosso-bianchi di un tempo: il club vinse una Coppa ed una Supercoppa d’Olanda, arrivò una volta secondo in campionato, in Champions non riuscì ad accedere alla fase a gironi ed in Europa League al massimo arrivò agli ottavi di finale. Ma soprattutto i soldi non erano più quelli del passato e nel gennaio 2011 Suarez volò in Premier: se lo aggiudicò il Liverpool per 26,5 milioni di euro nel mercato di gennaio. Rispetto al suo arrivo in Europa, in sei anni, il valore dell’attaccante classe 1987 era aumentato di trentatré volte ed aveva appena compiuto 24 anni.
E se Suarez era forte all'”Amsterdam Arena”, ad Anfield Road diventò ancora più forte ed in altre tre stagioni e mezzo, l’attaccante di Salto segnò 82 reti (la Premier League è più tosta della Eredivisie) e i Reds vinsero la Coppa di Lega, accarezzando la possibilità di vincere il torneo dopo oltre ventiquattro anni di attesa. Il primo titolo nazionale europeo per Suarez non arrivò neanche in Inghilterra, ma in compenso nel 2011, il “pistolero” (il suo soprannome) è stato tra i protagonisti della Copa America vinta dalla Celeste in Argentina e tre anni dopo vinse la Scarpa d’oro come miglior marcatore europeo in un anno solare (31 reti in campionato, come Cristiano Ronaldo).
Il resto è storia recente: la firma di un contratto quinquennale con il Barcellona che versò nelle casse del club inglese 75 milioni nel luglio 2014, rendendo il trasferimento dell’attaccante ex Nacional il terzo più costo della storia calcistica. Insomma, cose serie per un attaccante di 26 anni.
Ma c’è un problema e qui viene fuori the dark side of Luis Suarez. Eh si, perché il giocatore ha un altro profilo personale, che lo trasforma in un novello dottor Jekill e mister Hyde: l’attaccante che tutti gli allenatori e tutti i tifosi vorrebbero in squadra, troppe volte pecca di eccessiva rabbia e foga agonistica. Sono noti i morsi a Otman Bakkal del PSV Eindhoven (collo), Branislav Ivanović del Chelsea (braccio) e Giorgio Chiellini (spalla). Senza contare che ci sarebbero altri morsi “sospetti”, la querelle razzista con Patrice Evra ed il fatto che viene accusato di cadere in area con molta (forse troppa) disinvoltura.
E l’ultimo morso in ordine tempo risale allo scorso mondiale brasiliano, quando al “Dunas Arena” di Nadal, durante la partita della terza giornata del gruppo D, l’Italia affrontò proprio l’Uruguay.
Al minuto 79, al termine di uno scontro di gioco, Suarez diede a Chiellini un morso sulla spalla sinistra. Il centrale italiano, sentendosi morsicato, andò dall’arbitro, il messicano Rodríguez, facendogli vedere il “segno” lasciatogli dall’attaccante avversario. Non fu né ammonito né espulso (l’arbitro era troppo distante) ma la prova tv lo inchiodò senza pietà. Quella fu l’ultima partita del pistolero in Brasile, in quanto fu squalificato per ben 9 partite internazionali e per quattro mesi dal calcio giocato, oltre al pagare una multa di 100 mila franchi svizzeri. In pratica, fino al successivo ottobre Suarez non sarebbe più potuto entrare in campo. Il suo nickname divenne allora “cannibale”.
Ed invece il Barcellona cosa fece? Lo acquistò per 75 milioni di euro, facendolo giocare in attacco niente meno che con Lionel Messi e Neymar. Tanti storsero il naso nel vedere un giocatore forte quanto autore di gesti inconsulti militare in una “macchina” precisa e puntuale come i catalani. Il 25 ottobre 2014 Suarez poté tornare in campo in campionato, mentre in Nazionale poté disputare l’amichevole contro l’Arabia Saudita il 10 ottobre precedente.
Ad oggi, Suarez, che ha totalizzato finora 34 giornate di squalifica per i suoi comportamenti sopra le righe, ha messo la testa a posto e sta giocando in un contesto che tutti gli invidiano e lui ricambia la piazza diventando un insostituibile nello scacchiere di Luis Enrique e la scorsa settimana ha portato i catalani alla conquista del terzo Mondiale per Club della sua storia, battendo da solo i campioni d’Asia del Guangzhou Evergrande con tre reti (erano assenti contemporaneamente Messi e Neymar) e segnato una doppietta nella finale contro i campioni sudamericani del River Plate. Contro i los millonarios, la “”MSN” giocò dal primo minuto e la partita è stata unidirezionale.
Ironia della sorte, alla fine del torneo in terra giapponese, Luis Suarez è stato insignito del titolo di miglior giocatore del torneo (una sorta di “Pallone d’oro”), diventando anche il miglior marcatore di sempre in una singola edizione del trofeo. E nella storia anche dell’Intercontinentale, l’unico a segnare tre reti in una partita fu Pelé nella finale di ritorno del 1962 contro il Benfica. Numeri impressionanti che fanno di Suarez un giocatore che tutti vorrebbero sotto l’albero di Natale.
Il numero 9 di Salto, invece, non troverà sotto l’albero, o accanto al presepe, il Pallone d’oro, il trofeo che ogni calciatore vorrebbe e che invece questa volta vedrà assegnato ad un altro giocatore, molto probabilmente un suo compagno di squadra.
Molti speravano nel numero 9 blaugrana come outsider finale ed invece i capitani, i CT e i giornalisti delle Nazioni affiliate alla FIFA hanno fatto altre scelte.
Sarà per il prossimo anno, pistolero. E se l’anno nuovo sarà come il precedente (o magari migliore) a Zurigo la prossima volta ci sarai anche tu. E non da spettatore.