“It’s official – Jurgen Klopp is the new manager of Liverpool football club”. Sono passate da poco le 10 dell’8 Ottobre 2015 quando, in una tiepida notte d’autunno, l’ufficio stampa del club più glorioso di Inghilterra annuncia l’arrivo sulla propria panchina del tedesco con l’aggiunta di un tweet destinato inevitabilmente a fare tendenza: “#KloppLFC”. La notizia ha infatti del clamoroso, JK negli ultimi 15 anni ha allenato soltanto due club: il Mainz – che lo ha lanciato nella Bundesliga – e naturalmente il Borussia Dortmund che lo ha consacrato.
Rivederlo adesso su una terza panchina ci disegna la portata della sua grandezza e le aspettative dell’intera platea di appassionati. Klopp è tutto quello che un tifoso di calcio vorrebbe vedere da un proprio allenatore: gioco offensivo, coraggio, patriottismo ed empatia. Forse il termine patriottismo potrebbe sviare ma è il termine più forte, e probabilmente più giusto, per descrivere l’empatia di Jurgen con il suo pubblico. Quando il suo Borussia Dortmund scendeva in campo, la sua area tecnica scatenava le stesse vibrazioni di Woodstock. In palio per lui e per il suo pubblico non c’erano soltanto i 3 punti ma la difesa del territorio. Eppure – per quanto la Ruhr sia la zona più passionale di Germania – non sarebbe mai stato possibile creare questo straordinario rapporto se l’allenatore non fosse stato anche un architetto perfetto. JK è infatti soprattutto un buonissimo programmatore. Il castello giallonero è stato costruito in due stagioni e all’inizio di grandioso si era visto ben poco. Ma come tutte le persone lungimiranti, JK aveva ben chiare le idee di successo. Il gegenpressing era la via. Questa strana espressione rappresentava la luce per uscire dal sentiero dall’anonimato. Come? Pressando gli avversari fin dentro l’area di rigore costringendoli all’errore. E poi imponendo un ritmo forsennato anche in fase di possesso con un calcio totale che pensava solo in verticale. Questo gioco eliminava ogni tipo di gap con i top club. Per la serie “se corriamo il doppio degli altri dobbiamo preoccuparci solo di segnare, tanto loro non lo fanno”. Il vero capolavoro di Klopp infatti è il primo scudetto. In quella squadra i protagonisti non erano i Reus, Lewandowski e Gotze ma solo abili mestieranti, eppure le partite quella squadra le portava a casa. Anche più della iperincensata stagione 2012/13 – dove il Borussia Dortmund stupì l’Europa con un calcio celestiale arrivando ad un passo dalla gloria – quella 2011 è la carta che dimostra l’infinita credibilità dell’ex attaccante del Magonza. Iscriversi nell’albo dei vincenti dalla categoria “inventori” ti catapulta di diritto nel Gotha del calcio.
Ora, due anni e mezzo dopo aver raggiunto l’apogeo della sua carriera, JK è pronto ad una nuova sfida. Lo attende Liverpool, una città non esattamente banale per una rock star mancata come lui. Il problema è che i Reds sono in riserva di pazienza. Toccherà a lui accelerare i tempi senza adeguarsi troppo alla realtà. Questo perché il pragmatismo lo ucciderebbe. Alla Kop serve un Klopp genuino che pensi in grande: grande come la storia da difendere e il titolo da inseguire. Un titolo che manca – ahiloro – da 25 anni.
ph: Komunicare.it