L’importanza di un allenatore

La trama è una storia vecchia, trita e ritrita: quando una squadra va male, perde e non convince, a rimetterci è sempre l’allenatore. Non potendo esonerare i giocatori deludenti, cosa fanno i presidenti, cercando di dare una scossa all’ambiente? Semplice: sostituiscono il tecnico con uno (si spera) migliore, per cercare di risollevare le sorti di una stagione, sebbene debbano comunque pagargli l’ingaggio fino al termine del contratto (o fino a quando questo non trova una nuova squadra). Nella storia della nostra Serie A, solo in sette casi (di cui due volte per “motivi personali”) una squadra che ha esonerato un tecnico in stagione ha poi vinto lo scudetto, molte hanno migliorato la propria classifica qualificandosi per l’Europa mentre altre o si sono salvate (lo sarebbero state anche con il tecnico precedente?) o sono retrocesse. In Europa, molti allenatori da subentrati hanno vinto almeno un titolo in stagione: uno su tutti Roberto Di Matteo nella primavera 2012, subentrato ad André Villas Boas a marzo e vincitore della Champions League con il Chelsea due mesi dopo.

L’importanza dell’allenatore, quanto incide il tecnico?

La Juventus, ad esempio, è una squadra che nella sua storia ha all’attivo pochissimi esoneri (solo tre in 119 anni), mentre il Palermo lo scorso anno ha stabilito un record con sette avvicendamenti (con sei tecnici diversi), salvandosi solo all’ultima giornata. E la squadra rosanero di Zamparini quest’anno è partita con “il piede giusto”: Ballardini ha rescisso dopo la seconda giornata.

Tutti i migliori allenatori del Mondo hanno subito almeno un esonero nella propria carriera o comunque hanno visto interrompersi il proprio percorso professionale dopo aver avuto una discussione con qualche “senatore” dello spogliatoio o con il Presidente: un esonero non si nega a nessuno, si direbbe.

Tra gli ultimi, Roberto Mancini. Il “Mancio” ha chiuso i suoi rapporti con l’Inter poco più che un mese fa ed il suo posto è stato preso da Frank de Boer, colonna dell’Ajax di Van Gaal negli anni Novanta e che da allenatore ha vinto, nelle ultime sei stagioni, quattro titoli consecutivi (ed una Coppa nazionale) con i “lancieri” di Amsterdam. Il motivo dell’addio del tecnico jesino è da ricercare in alcuni malumori che lo stesso ebbe nei confronti della dirigenza nerazzurra già al termine della scorsa stagione ed esplosi dopo una campagna estiva fino a quel momento non all’altezza. Da quando De Boer è sulla panchina interista, il club meneghino ha giocato cinque partite ufficiali, vincendo le ultime due contro Pescara (al 91′) e Juventus (vittoria in rimonta ed Icardi stellare). La vittoria contro i campioni d’Italia sembra aver “salvato” la panchina del tecnico di Hoorn dopo un avvio molto stentato, con l’apice della sconfitta di giovedì contro i carneadi israeliani del Hapoel Be’er Sheva. Ma, nonostante la vittoria contro Buffon e compagni, per la quinta volta in cinque l’Inter è passata in svantaggio.

Tutti si sono divisi tra l’esonerare De Boer o il continuare con De Boer. La nuova dirigenza non vuole assolutamente cambiare tecnico, ma un cambio di passo dovrà avvenire. La domanda (senza risposta) è la seguente: con Mancini, come sarebbe andata?

Nella condizione di De Boer ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre tanti allenatori in tutte le parti del Mondo. Abbiamo citato il caso più recente, ma la storia del calcio ogni anno riserva sempre esiti imprevisti per allenatori chiamati per far fare il salto di qualità alla propria squadra ma che invece non ci riescono.

Prendiamo invece un caso opposto, sempre alle nostre latitudini: Massimiliano Allegri. Il tecnico livornese è approdato sulla panchina della Juventus dopo il triennio di Conte, con cui vinse tre scudetti di fila. Il 15 luglio 2014 Conte salutò la Juve per la Nazionale ed il giorno dopo Agnelli e company chiamarono al suo posto Allegri, già campione d’Italia con il Milan ed esonerato dallo stesso club all’inizio dell’anno. Apriti cielo: un tecnico per nulla spettacolare al posto di un tecnico spettacolare; un tecnico esonerato al posto di uno che ha vinto tre scudetti (di cui uno senza sconfitte ed uno con il record nazionale di punti), un cuore Juve contro uno che se non avesse avuto Ibrahimovic in squadra non avrebbe vinto nulla e che non aveva mai allenato a grandi livelli. Senza contare che la Juve non si poteva permettere di far dimettere il suo allenatore dopo un solo giorno di ritiro estivo. Morale della vicenda: leggere il palmares della Juventus con il tecnico livornese in panchina nelle ultimi due stagioni. E poi si diceva “Allegri non sa allenare”. Meno male eh, espertoni di calcio.

Nel calcio l’allenatore non importa che sia istrionico come José Mourinho o un sergente di ferro come Fabio Capello, ma basta che sia anche come (tanto per fare un nome a caso) Rolando Maran: il tecnico trentino del Chievo sono anni che allena in provincia ed in provincia ha sempre fatto bene (dall’esperienza di Varese al record di punti in A con il Catania), non ha mai alzato la voce, ha lavorato senza apparire ed i risultati sono dalla sua. Rolando Maran per dire Sarri, Oddo, Donadoni, Guidolin: tecnici preparati che hanno fatto in modo di farsi volere bene dalle proprie tifoserie con il lavoro, la dedizione e l’umiltà.

Che qualità deve avere un buon allenatore? Il buon allenatore dovrebbe averne almeno tre: dare fiducia alla squadra e riceverla; essere umile; non pensare alle tensioni; essere flessibile, pronto a tutto. Sperando che questo non si trovi davanti Presidenti “mangia-allenatori” che dopo un periodo negativo, magari senza una sola volta che abbia parlato con la squadra, decida di esautorarlo, anche perché l’allenatore è l’unica cosa esautorabile (come detto) in una squadra.

Fare l’allenatore non è per nulla facile e anzi le tante aspettative possono anche non farlo stare sereno. Prendiamo altri quattro allenatori, però a livello top: Luis Enrique, Josep Guardiola, José Mourinho e Carlo Ancelotti. Questi quattro coach sono i migliori d’Europa e hanno la fortuna di guidare delle “corazzate”, ma se i risultati non dovessero arrivare la paura dell’esonero o dell’addio a fine stagione sarà dietro l’angolo per loro. E nonostante alleni una squadra costata carissima in estate, Mourinho ha già perso il primo derby di Manchester contro Guardiola, la prima partita in Europa League e sabato ha perso contro il Watford del “nemico” Mazzarri e ora si trova a sei punti dalla capolista ManCity.

Fare l’allenatore viene considerato come un mestiere ancora migliore dell’essere calciatori, ma sedere in panchina ha i suoi onori ed i suoi oneri ma, soprattutto, non è per tutti. Destreggiarsi tra moduli che devono cambiare in base alle esigenze (ecco la flessibilità), avere a che fare con giocatori infortunati, squalificati, deludenti e gradite sorprese, non è davvero un lavoro per tutti. Anche se noi allo stadio, al bar con gli amici o sul divano di casa siamo tutti allenatori.

L’allenatore vincente non si dimentica…

Il calcio, come tutti gli sport, non regala nulla e gli allenatori lo sanno: tutti si ricordano degli allenatori che vincono e non di quelli che si sono classificati secondi.