L’importanza dei numeri 1

Mino Raiola

L’importanza dei numeri 1

Quando si è piccoli, come funziona nei campi dell’oratorio o al parchetto? Il più scarso va in porta. Non è scritto da nessuna parte, ma è così. E a deciderlo sono i suoi stessi compagni di squadra che non sanno che, visto che è scarso, prenderà gol come nulla fosse facendo perdere la loro squadra.

Dura la vita dei portieri: sbaglia un attaccante, ci penseranno i suoi compagni di squadra a segnare nei novanta minuti, sbaglia il portiere è gol. Senza se e senza ma.

I portieri sono la croce e la delizia di ogni tifoso: c’è chi spera che il loro portiere non subisca gol e che pari il più possibile o nel caso malaugurato in cui prenda un gol, un suo compagno di movimento faccia (o abbia fatto) il gol decisivo.

Di solito il portiere è considerato un pazzo: veste diverso dai suoi compagni, usa le mani, al più indossa i pantaloni lunghi o il cappellino. Senza contare che si tuffa, senza subire falli come avviene invece a molti attaccanti che, non appena sfioranti dallo stesso portiere, cadono a terra come pere cotte in area.

Il calcio ha dato all’immortalità molti portieri: da Yashin a Banks, da Zamora a Higuita, da Ceni a Pfaff, da Chilavert a Campos, fino ai nostri Combi, Zoff e Buffon. E l’Italia, si sa, è terra di santi, poeti, navigatori e…portieri. E la nostra “scuola” è una delle migliori del Mondo.

Si diceva che se il portiere sbaglia, sono dolori. E noi italiani ne sappiamo qualcosa, visto che per una “papera” di Walter Zenga contro l’Argentina abbiamo gettato alle ortiche la possibilità di vincere il quarto Mondiale (perché la nostra Nazionale era la più forte di tutte a Italia ’90, parliamoci chiaro) prima di Berlino 2006. E proprio nel Mondiale tedesco si è consacrato il mito di Gigi Buffon: nonostante non abbia parato nessuno rigore nella famosa lotteria dell'”Olympiastadion” (ci ha pensato Trezeguet alla fine), ha compiuto una parata su Zidane che ha fatto storia. E se fosse stato capitano, a dicembre avrebbe vinto senza dubbio il Pallone d’oro, decenni dopo l’unico di Lev Yashin.

La storia del calcio è piena di “papere” e parate che sono valse, per importanza, come un gol. L’ultima recente parata che è valsa un gol l’ha compiuta Gianluigi Donnarumma, diciotto anni il prossimo 25 febbraio, che, al 96′ di Milan-Juventus dello scorso 22 ottobre, ha parato deviando in corner il tiro-gol di Khedira. Un altro portiere magari non l’avrebbe preso, ma la giovane promessa di Castellammare di Stabia ce l’ha fatta. Si dice che Donnarumma farà strada. I fatti, per ora, sono dalla sua.

Peccato che si ricordano di più le “papere” che le parate. E tutti i grandi portieri sono tali perché in passato hanno fatto almeno una “papera”. Ma si sa, sbagliando si impara.

Il portiere: il ruolo che nessuno vuole fare, ma è quello decisivo. Un ruolo su cui grava l’andamento di una squadra ed è per questo che tutti vogliono fare gli attaccanti. Ma non tutti segnano e se non segnano è perché tra loro e il gol si è messo in mezzo un portiere.