L’eccezione Ciro, storia di un grande amore. E che accoglienza da re in Turchia!

L'attaccante napoletano ha lasciato la Lazio dopo 8 anni d'amore

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LA GRINTA DI CIRO IMMOBILE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Era una sera di quasi estate; la Lazio tornava finalmente ad alzare un trofeo; il primo per me che ero troppo piccolo nel 74’. L’uomo determinante quella sera fu il carneade Gottardi, quello decisivo il giovane Nesta, ma il perno centrale della squadra, impassibile ed infallibile dal dischetto era Jugovic, serbo di ferro che alla Lazio balló per una sola annata.

Dalla sua improvvisa e dolorosa partenza m’imposi di non affezionarmi più a nessun calciatore: da allora per me ci sarebbe stata “solo la maglia”.

Negli anni a venire sono stato poi folgorato dalle giocate di Zarate, estasiato dalla classe di Klose ed ho volato pindaricamente sulle invenzioni di Anderson, le magie di Luis Alberto e le prodezze poderose di Milinkovic; ma più nessuno mai ha rubato calcisticamente il mio cuore.

Per Ciro Immobile tuttavia devo fare una piccola eccezione. La tessera da giornalista con conseguente possibilità d’ingresso in tribuna stampa, non mi ha consentito a mo’ di “voto” di acquistare un abbonamento al suo approdo in biancoceleste come feci anni prima per Signori, ma ero fermamente convinto che avrebbe sostituito al meglio l’anziano bomber teutonico ritrovando lo smalto parzialmente perduto nelle sue campagne in Spagna e Germania.

Col tempo ci siamo abituati alla sua andatura ciondolante per il campo, alle sue rincorse, alla sua indole generosa, al suo volerci essere sempre e a tutti i costi… ma soprattutto ci siamo abituati ai suoi gol, realizzati in ogni modo: di destro, di sinistro, di testa, in acrobazia, al volo, d’astuzia, di classe, su rigore. Per ben 207 volte abbiamo esultato alle sue realizzazioni, spesso decisive, quasi mai banali. A volte ci ha fatto arrabbiare o sospirare per una finalizzazione fallita o un’occasione mancata, ma quasi sempre a stretto giro di posta ci mandava di nuovo in visibilio con l’ennesima rete, l’ennesimo slancio.

Immobile e la Lazio, è solo un arrivederci?

Per tre volte è stato capocannoniere con l’aquila sul petto, battendo record che parevano inarrivabili, calzando la Scarpa D’Oro e portando ovunque il nostro orgoglio, anche sul tetto d’Europa con la casacca azzurra.
Per tutto questo, ma anche per il suo essere il più normale e semplice possibile in un mondo ormai artefatto e troppo “social” per essere vero, non potrò mai dimenticarlo; le generazioni future avranno lui come figura di riferimento lontana e inarrivabile come per me è stato Piola.
Ciro, che pure portava il numero 17, ha idealmente ereditato la 9 del più grande centravanti italiano della storia, seguendo il corso di Chinaglia, Giordano, Signori e Klose, superandoli e distaccandoli tutti!

Con lui in mezzo all’area avevamo sempre una soluzione, un appiglio, una via d’uscita, e poco conta se negli ultimi tempi il suo rendimento fosse calato, in fondo le bandiere restano sempre tali, anche quando il tempo ne sbiadisce i colori o ne logora un pochino il tessuto; sono sempre lì, a farci coraggio, pronte ad essere nuovamente sventolate con veemenza per festeggiare una vittoria o rivendicare un’appartenenza…

Ecco, ovunque andrà nel suo percorso di vita e di calcio Ciro Immobile non sarà mai lontano, perché appartiene ormai, e da oggi ancor di più, a quello strano, incontrollabile ed imprevedibile Mondo chiamato Lazio.

Forse poteva finire diversamente, forse avrebbe potuto chiudere qui la carriera, magari con un ruolo “alla Altafini” che Sarri, irritandolo, gli aveva già presagito, ma non sempre le vicende della vita assecondano i desideri, forse doveva andare proprio così..

Idealmente chiudo gli occhi e mi ritrovo in un Olimpico gremito ed esultante mentre una voce grida: “…vola l’aquila con la maglia numero 17, il capitano, Cirooooo…” e cinquantamila anime che rispondono esultanti “IMMOBILE”.
Buona fortuna al RE.