Sono già passati otto anni dalla scomparsa di Giorgio Chinaglia uno degli interpreti più illustri dell’ultracentenaria storia della Lazio
Giorgio Chinaglia è sinonimo di Lazio. È così dal 1969, anno in cui è arrivato nella città Eterna senza grosse pretese visto che era stato prelevato dal modesto Internapoli. Un personaggi d’altri tempi, che ha fatto dell’egocentrismo e della “sana presunzione” i suoi marchi di fabbrica. Sapeva di essere bravo, di avere qualità fuori dal comune, motivo per cui in campo non ci stava mai a perdere.
Una personalità di spicco, che divideva gli spogliatoi, o eri con lui o contro di lui, così come capitò nella stagione 1973/1974 quella del primo storico scudetto laziale sotto la diligente e saggia guida di Tommaso Maestrelli. Era l’unico capace di tenerlo in riga, di farlo ragionare, una sorta di padre putativo, per questo oggi i due riposano l’uno a fianco dell’altro nel Cimitero Flaminio in Roma.
La conquista del titolo gli ha permesso di diventare leggenda insieme alla “Banda Maestrelli” che passava il tempo a farsi dispetti e a darsele di santa ragione tra lo stupore della gente. Ma in campo i guai erano solamente per gli avversari. Quel gruppo all’apparenza frastagliato e privo di unione, diventava un tutt’uno capace di macinare gli avversari a suon di goal e belle giocate.
L’importanza di Chinaglia nella storia della Lazio
Ma non sono le vittorie a rendere “Long John” immortale a distanza di quasi 50 anni. A tal proposito sono emblematiche le parole di Pino Wilson, storico capitano della formazione romana di quegli anni indimenticabili: “Giorgio ha cambiato l’immagine del sostenitore laziale. Lo ha reso fiero ed orgoglioso”. Un’affermazione che può sembrare banale, ma è quanto mai significativa. In una città dove notoriamente il tifo giallorosso è in maggioranza, “Giorgione” ha sfidato gli eterni rivali nel derby di ritorno del 17 marzo 1974. Prima andò nello spogliatoio della Lupa esclamando: “Vi aspetto fuori” e poi esultò con il dito puntato sotto la Curva Sud dopo aver realizzato il goal del definitivo 2-1 su calcio di rigore.
Nessuno prima di allora si era spinto a tanto. Il numero 9 in una sola partita ha spalancato le porte del paradiso ad un popolo, che ancora conserva gelosamente nel cuore e su qualche parete quella storica istantanea. Per la gente laziale il tempo si è cristallizzato lì e nonostante l’aquila abbia continuato a spiccare il volo negli anni a venire con grandissimi campioni e successi memorabili, Giorgio Chinaglia è e resterà per sempre il grido di battaglia.