Un vecchio adagio calcistico recita che le vittorie arrivano vincendo ed in casa Juventus questo mantra sta prendendo sempre più piede partita dopo partita. Chi lo avrebbe detto, dopo aver conquistato cinque punti nelle prime sei partite, che la Juve prima di Natale sarebbe stata quarta in classifica, a -6 dalla capolista Inter? Max Allegri ci ha azzeccato in pieno, dicendo in tempi non sospetti che la sua squadra a Natale sarebbe stata nelle posizioni di testa ed ora la Juventus è la squadra più in forma del torneo insieme alla capolista nerazzurra.
Champions League a parte, tra la vittoria nel derby di campionato (2 a 1 al 93′, 31 ottobre, undicesima giornata) e la vittoria di mercoledì sera contro i granata negli ottavi di Tim Cup (un 4 a 0 senza discussioni), i bianconeri hanno disputato sette partite facendo un filotto incredibile di sette-vittorie-sette che hanno portato la Juventus dalle retrovie al quarto posto con interessanti prospettive per il futuro, visto che domenica Dybala e compagni faranno visita al Carpi penultimo, poi il giorno dell’Epifania ospiteranno l’Hellas Verona che non vince una partita di campionato dal 17 maggio scorso per poi chiudere il girone di andata contro la Sampdoria a Marassi. Nove punti secchi magari no, ma sette sono fattibili per la squadra torinese. Ed in Coppa Italia la Juventus è ancora in corsa ed affronterà, ancora allo “Stadium”, la Lazio, battuta in campionato all'”Olimpico”.
Una Juve che vince, una Juve che sembra più squadra rispetto all’inizio, visto che nelle ultime sei partite di campionato i bianconeri hanno realizzato quattordici gol e capitan Buffon ha raccolto la palla in fondo alla sua rete solo tre volte, compreso il rigore di domenica. Un rullino…da Inter, la squadra prima in classifica che non giocherà il miglior calcio italiano ma che però ha dalla sua i risultati.
Ma cosa è cambiato in questa Juventus che ora fa più paura rispetto alla Juventus che non ne imbroccava una di inizio campionato e che almeno fino a metà ottobre faceva disperare i propri tifosi? Innanzitutto la rosa non è cambiata, non sono stati acquistati giocatori nuovi. I giocatori sono sempre quelli e né Andrea Pirlo, né Arturo Vidal (che i bianconeri rincontreranno a febbraio in Champions in compagnia di Kingsley Coman), né Carlos Tevez e né Fernando Llorente (che ha castigato la sua ex squadra nell’ultima giornata di Champions facendole perdere il primo posto nel girone) sono tornati a Vinovo, ma diciamo che qualche giocatore si è svegliato dal torpore iniziale (vedere alla voce “Mario Mandzukic” e “Paul Pogba”), qualcuno si è ripreso una maglia da titolare dopo alcuni infortuni (vedere alla voce “Sami Khedira”) e qualcuno invece sta diventando essenziale come lo zucchero a velo sul pandoro (vedere alla voce “Paulo Dybala”). La Juve di oggi è figlia delle incursioni di Juan Cuadrado, di un Stephan Lichsteiner ritrovao ed in salute (soprattutto), un Alex Sandro che, con Patrice Evra, da garanzie sulla fascia mancina.
La vittoria di domenica sera contro la Fiorentina potrebbe essere la partita della svolta: una Juventus molto cinica ha battuto una delle squadre più tecniche (ma senza cambia adeguati) di questo torneo e, nonostante i gigliati abbiano giocato meglio, la Juve non ha demeritato anche perché in casa la squadra bianconera ha dalla sua il tifo a favore che ha un peso specifico importante. Non si ha la sfera magica per affermarlo, ma se il rigore segnato da Ilicic invece di essere stato assegnato il 13 dicembre fosse stato assegnato nelle prime giornate, la Juventus non sarebbe riuscita a recuperare lo svantaggio. Ed invece grazie ad un Paulo Dybala sontuoso, un Mandzukic che sembra tornato il Mandzukic che tutti si aspettavano ad agosto ed un Alex Sandro che da oggetto misterioso ora sta dicendo la sua, la Juventus è tornata a far paura. La vetta occupata dall’Inter dista ancora sei punti e la ciurma di Mancini vola a suon di gol (4 a 0 contro l’Udinese, 3 a 0 contro il Cagliari in Coppa Italia) ma di questo passo (e sperando in passi falsi delle squadre che le stanno davanti), i torinesi potrebbero arrivare alla fine del girone di andata (periodo comprensivo della sosta natalizia) ancora più su in classifica. Tra il dire ed il fare c’è di mezzo…quasi un mese, ma chi ben comincia (come recita un altro vecchio adagio) è a metà dell’opera.
Chi sono gli artefici di questo (piccolo) miracolo juventino? “Gigione” Buffon ha i suoi meriti (e non solo perché in molte occasioni ci ha messo la faccia in prima persona) come la difesa, tornata ad essere imperforabile (Andrea Barzagli, a 34 anni, sarebbe da clonare), Khedira e Claudio Marchisio sembra che giochino insieme da anni con un Paul Pogba che nonostante vada ancora un po’ troppo ad intermittenza, quando gli arriva la “corrente” sono dolori per tutti; davanti l’attacco segna che un piacere e ora se anche Simone Zaza diventa decisivo, per il tecnico livornese il discorso “turn over” in attacco non sarà più una necessita ma un dovere.
Tra la sera di Hallowe’en (derby di campionato) e quando manca una settimana al Natale, la Juventus ha concesso poco, ha fatto fare molto giro palla ed è diventata (quasi) implacabile davanti: se fino ad ottobre inoltrato la Juventus segnava meno di quanto creasse ed incassava molto, da circa un mese gli Allegri boys sembrano una squadra più solida, più precisa e più consapevole di essere ancora (nel bene e nel male) la squadra più forte del Paese.
Se all’inizio la Juventus macinava più in Champions (vittoria contro ManCity e Siviglia) che in campionato, quando ha iniziato a “cedere” in Europa (doppio pareggio con il Borussia M’Gladbach, vittoria netta con gli Sky blues e sconfitta inaspettata contro gli andalusi) ha iniziato a volare in Italia. Anche se col senno di poi non si dovrebbe mai parlare, gridano vendetta i soli due punti conquistati con i tedeschi che ora vedrebbero negli ottavi una Juventus sorteggiata con un’altra squadra e non con la corazzata Bayern Monaco (che lunedì non ha senz’altro stappato lo champagne dopo aver visto che agli ottavi avrebbe trovato i vice-Campioni d’Europa in carica). Fatto sta che la tanto temuta batosta psicologica del sorteggio con i bavaresi non c’è stata e anzi la vittoria contro un Torino battagliero ha portato fiducia in casa bianconera. E vincere il secondo derby stagionale (anche se ancora una volta in casa) non può che avere un effetto positivo l’ambiente.
La Juve gioca bene, segna, difende, il centrocampo sta tornando ad un ottimo livello ma la strada è ancora lunga, in quanto ora c’è la pausa invernale poi all’inizio del girone di ritorno a Torino arriveranno la Roma (24 gennaio salvo anticipo/posticipo) ed il Napoli (14 febbraio salvo anticipi/posticipo) e poi, il 23 febbraio inizierà la Champions con il Bayern Monaco che arriverà allo “Stadium” quando il torneo di A sarà alla ventiseiesima giornata.
I bianconeri hanno impiegato troppi mesi per essere la Juve che tutti conoscono: cinque punti nelle prime sei giornate (0.83 punti a partita), 30 punti dopo sedici (1.88 punti a partita, più del doppio). Dove sta l’errore? Da nessuna parte, visto che giocavano due Juventus diverse: quella che non segnava nonostante una moltitudine di palle gol (Udinese e Frosinone, tanto per intenderci) e quella ora implacabile e con una difesa imperforabile. Senza contare che ora in difesa potrebbe far giocare dal primo minuto anche Daniele Rugani che contro il Torino è stato impeccabile alla prima da titolare.
Questa Juve non sarà mai come quella “contiana” dei 102 punti o quella del primo Allegri (triplete nazionale): forte sì, ma per vedere se questa squadra vale le due precedenti la strada è ancora lunga ed il percorso tortuoso ed accidentato. A molti tifosi (ed addetti a lavori) sembrava strano che la squadra, che con la Roma condivide la miglior rosa (a livello qualitativo) del torneo, annaspasse nelle retrovie, che avrebbe avuto il peggiore avvio di campionato degli ultimi cento anni, che pareggiava con Chievo e Frosinone e perdeva contro l’Udinese (a oggi per i friulani cinque vittorie in sedici incontri) ed il Sassuolo (il miglior Sassuolo in A quello di quest’anno, tra l’altro). E ora ritrovata la quadra, la forma, la porta avversaria è diventata “più grande” e una sensibile riduzione degli infortuni, la Juventus sembra essere tornata la Juventus che ha dominato gli ultimi quattro campionati, una Squadra. Ma da qua al 15 maggio (ultima giornata di campionato) i pericoli saranno dietro l’angolo.
In questa Juventus, un discorso a parte merita Paulo Dybala. Parlare di nuovo Tevez è un azzardo ma, a soli ventidue anni, si può dire che la Joya stia studiando da Apache. Come l’ex numero 10, il ragazzino di Laguna Larga torna a centrocampo, serve splendide palle ai compagni (chiedere a Mandzukic per il gol contro Palermo e Fiorentina ad esempio) e segna gol importanti e belli. Insomma, non si pensava che in cinque mesi di Juve avrebbe segnato già undici reti e preso la squadra per mano. Dybala non si tocca ed Allegri lo sta capendo.
Per un Dybala che sguscia via all’avversario e che sta facendo gongolare i tifosi nel vedere maturare il forte investimento estivo della società, ecco un Alvaro Morata magari meno decisivo dello scorso anno, ma che comunque sta dando il suo contributo. I bianconeri lo hanno fermato fino al 2020 anche se il Real ha sempre la recompra su di lui, ma ora il numero 9 bianconero non deve far rimpiangere la fiducia che società e tifosi gli stanno dando.
Ma un plauso se lo merita anche il deus ex machina di questa “Juventus 2.0”, cioè Massimiliano Allegri: da capro espiatorio a salvatore della patria in pochi mesi, un classico del calcio. Allegri non era né Oronzo Canà prima, né sarà mai il prossimo sir Ferguson, ma è un tecnico preparato, che mette anche lui la faccia e che alla fine è riuscito a trovare la quadra, anche grazie all’uso massiccio di Dybala che si sta trasformando in un vero crack tecnico e non più solo economico. Se la Juve dello scorso anno era ancora figlia di quella di Antonio Conte, quella di quest’anno è tutta made in Massimiliano Allegri: tanta fatica all’inizio che ha portato ad un quarto posto impensabile. Ora tifosi juventini iniziano a crederci e sperano che il 2016 sia come il 2015.
E per (non dirla) come Buffon: in casa Juve non ci sono più “pellegrini”. Questo è poco ma sicuro.