La Spagna saluta Iniesta: Don Andrés lascerà il Barcellona da vincente

BARCELLONA, ADDIO INIESTA- Non c’è cosa migliore per un calciatore che vincere. Non c’è cosa migliore per un calciatore che vincere per salutare con gli onori una maglia e una tifoseria che lo hanno reso immortale e cui lui stesso ha contribuito a rendere immortale. Non c’è cosa migliore per un calciatore che vincere versando lacrime sincere di amore, devozione alla causa con la consapevolezza di essere diventato un immortale del calcio.

INIESTA SALUTA DA VINCENTE 

Con la manita del Barcellona al Siviglia sabato sera nella finale di Copa del Rey del “Wanda Metropolitano” di Madrid, si è chiusa (praticamente) la carriera di calciatore del Barcellona di Andrés Iniesta. Ai blaugrana basterebbe un pareggio domenica a La Coruna contro il Depor e la contemporanea sconfitta dell’Atletico Madrid ad Alaves per vincere il loro venticinquesimo titolo nazionale, dopo di che il talento di Fuentealbilla saluterà ramblas, Catalogna e Spagna per volare verso la Chinese Super League e vestire i colori (presumibilmente) del Chongqing Dangdai Lifan. Non un club di primissimo piano nella massima serie cinese, ma un buon ritiro dove poter chiudere una carriera fantastica dispensando ancora qualche magia e, magari, vincere qualche altro trofeo.

UNA CARRIERA FANTASTICA 

Si chiude nella maniera più gloriosa possibile la carriera europea di uno dei giocatori più forti di questi anni Dieci del XXI secolo se non del calcio mondiale. Un centrocampista che ha interpretato al meglio il suo ruolo, rinnovandolo e migliorandolo. Ha senso, ancora una volta, parlare (e scrivere) di quanto è forte e determinante Andres Iniesta? Evidentemente si, visto che il numero 8 del Barcellona sta continuando a fare cose…da Iniesta.  Il quasi 34enne centrocampista castigliano è il perno di un Barcellona che, nonostante l’amara eliminazione nei quarti di Champions League per mano della Roma, si appresta a compiere il suo ennesimo doublete nazionale. Il trofeo numero 31 di una carriera che lo porta ad essere uno dei giocatori più vincenti della storia del calcio. Le chiavi del centrocampo dei blaugrana passeranno da don Andrés ad un altro compagno di reparto: gli indiziati sono Sergio Busquets e Ivan Rakitić, con il centrocampista di Sabadell in vantaggio in quanto canterano e più barcelonista del croato.

BARCELLONA E SPAGNA: SEMPRE LA STESSA MUSICA 

Tornando ad Iniesta, a 34 anni l’età non sarà più dalla sua, ma l’intelligenza tattica e tecnica del giocatore sono sempre quelle di quando, con il “gemello” Xavi, dettava i tempi del centrocampo blaugrana: da Rijkaard a Guardiola passando per Vilanova, Martino, Luis Enrique fino a Valverde. Non c’è niente da fare: se il Barcellona è diventata una delle squadre che negli ultimi anni ha segnato, e vinto, di più, lo deve al tocco o alla posizione in campo di Andres Iniesta. E la stessa cosa vale per Nazionale spagnola, con cui ha vinto tutto tra il 2008 ed il 2012. Su Iniesta è stato detto e scritto di tutto: giocatore taciturno ma efficace, poco polemico ma dotato di molta concretezza, ragazzo con la testa a posto con un piede sinistro che incanta e che mette il compagno di squadra di turno nella migliore posizione possibile per essere determinante in zona tiro. Insomma, il compagno di squadra che qualsiasi calciatore vorrebbe al proprio fianco. Senza contare la sua visione di gioco, il suo tocco di palla, il suo cambio di passo e gli assist serviti a iosa ai compagni. Quale allenatore non vorrebbe un Iniesta nella propria rosa? Iniesta è la quintessenza del gioco del calcio. Stop.

I NON SUCCESSI PERSONALI 

Due cose però balzano all’occhio nella carriera del castigliano: nessun Pallone d’oro vinto e niente fascia di capitano della Spagna. Se nel primo caso, Iniesta ha dalla sua il fatto di non essere un attaccante (anche se il pentacampeon Lionel Messi, oltre a essere forte di suo, ha segnato molti dei suoi 547 gol con il Barcellona grazie ad azioni partite dai piedi di Iniesta), nel secondo il centrocampista di Valverde ha avuto davanti a sé prima un mostro sacro come Iker Casillas e ora Sergio Ramos. Ironia della sorte, “beffato” da due giocatori del Real Madrid.
Se il numero 6 blaugrana ha avuto l’onore di segnare in una finale mondiale e di bissare un Europeo, quello che spiace è che non abbia mai vinto il premio di France Football. Sarebbe stato il trionfo finale di una carriera che lo ha visto vincere, tra Barça e Roja, ben trenquaquattro titoli. E poi perché il premio più ambito di ogni calciatore manca alla Spagna addirittura dal 1960, quando lo vinse “Luisito” Suarez. Non ci sarebbe miglior vincitore spagnolo se non Iniesta. E al giocatore “brucia” ancora il fatto di essere arrivato secondo dietro a Messi nel 2010 (nonostante don Andrés avesse segnato il gol della vittoria mondiale contro i Paesi Bassi a Johannesburg) e terzo nel 2012, dietro a Messi e Cristiano Ronaldo.

VERSO LA CINA 

Dopo aver alzato al cielo di Madrid la trentesima Copa del Rey della storia del Barcellona e quasi certamente la sua nona Liga, diventando il terzo plurivincitore della massima serie spagnola, sulla sua mano arriverà il biglietto intercontinentale per Chongqing. Un viaggio lunghissimo in cerca di un’altra avventura dopo sedici anni passati all’ombra della Sagrada Familia e del Nou Camp. Si era detto che ci sarebbe stata la possibilità di vederlo con la maglia della Juventus, ma era una boutade di mercato. Ma siamo certi che anche dall’altra parte del Mondo riceverà, almeno una volta, quella cosa che ogni calciatore sogna ma che pochi possono permettersi di ricevere: la standing ovation.

LACRIME E RICONOSCENZA: ADDIO INIESTA

E lo stesso Iniesta ha ricevuto la standing ovation proprio dai tifosi juventini lo scorso 22 novembre all’Allianz Stadium. Sinonimo di aver fatto la partita perfetta ed il gesto dei tifosi è stato corretto nei confronti di uno che in campo “fa un altro sport”. E non a caso Iniesta è uno dei calciatori più amati di Spagna e ammirati d’Europa. Sicuramente Andres Iniesta, il gesto dei tifosi juventini non se lo sarebbe mai aspettato, ma dopo che si è giocato una grande partita, la “standing” è il minimo che una tifoseria (anche ospite) possa fare. E poi le lacrime, ciò che rendono un essere umano…umano. E in questa stagione il buon Andrés in panchina ha pianto due volte nel giro di tre settimane: prima all’Olimpico vedendo naufragare il suo Barcellona contro la Roma e poi sabato sera nel vedere che avrebbe vinto da vero protagonista la sua settima coppa del Re, con tanto di gol.
Sono passati ventidue anni dal suo arrivo alla Masia e Iniesta non ha intenzione di appendere gli scarpini al chiodo. La sua vita (sportiva) dal 1° luglio cambierà, ma chi ama il calcio non potrà che essere grato al talento castigliano di aver dimostrato a tutti che il calciatore non è solo “donne, macchine e soldi”, ma è un essere senziente capace di prendere per mano Barcellona e Spagna e portarli sul tetto d’Europa e del Mondo.
Per questa ragione deve levarsi al cielo un solo grido: buena continuación de carrera, don Andrés. Y gracias por todo.