Home Editoriale La legge è uguale per tutti? Il caso Acerbi e il precedente Sarri-Mancini

La legge è uguale per tutti? Il caso Acerbi e il precedente Sarri-Mancini

Lotta al razzismo, senza se e senza ma. I casi recenti...

sarri mancini
Sarri e Mancini - immagini RAI

Di razzismo in razzismo, la Procura Federale si trova nuovamente ad analizzare un episodio spiacevole accaduto in campo. Fa discutere la scelta del Giudice Sportivo di rimandare la decisione, così come fanno discutere le parole di Acerbi, pronto a metterci una pezza su e a fare cadere nel dimenticatoio l’accaduto. Le situazioni analoghe, però, non datate, non mancano. Ricordiamo il caso SarriMancini? In quell’occasione si optò per sole due giornate di squalifica. Andiamo con ordine e torniamo al gennaio 2016.

Da Napoli-Inter a Inter-Napoli, torna l’incubo razzismo

Ancora un NapoliInter, questa volta di Coppa Italia. In panchina Maurizio Sarri e Roberto Mancini. Il tecnico partenopeo dà, secondo quanto riportato nel referto di Di Bello e dalla prova TV, del “frocio”, prima, del “finocchio”, poi, al suo collega. Si inaspriscono le polemiche, fioccano le accuse nel post-gara, ma il tutto finisce dentro una bolla di sapone, pronta ad esplodere nelle mani della Procura Federale. Nonostante il chiaro riferimento offensivo, il giudice sportivo, Giampaolo Tosel, decide di infliggere una “pena” di due giornate e una multa di 20mila euro per l’allenatore toscano, declassando gli insulti a “epiteti pesantemente insultantinon facendo ricorso all’articolo 11 del codice della giustizia sportiva teso a punire i “comportamenti discriminatori”.

Il tutto si conclude con un quasi nulla di fatto: felice il Napoli, felice il suo mister. L’avvocato dei partenopei, Mattia Grassani, secondo quanto riporta Il Fatto Quotidiano del 16 gennaio 2016, commenterà l’accaduto, dichiarando:“Tosel ha applicato le regole. Per la discriminazione dev’esserci un trattamento diverso ed offensivo nei confronti di un soggetto che appartiene a quella diversità. In questo caso la discriminazione è impossibile all’oggetto. Gli epiteti di Sarri erano direttamente riferiti a Mancini, e a lui va circoscritta l’interpretazione. Diverso sarebbe stato se, ad esempio, avesse detto: “L’Inter è una squadra di froci’. Allora ci sarebbero stati gli estremi per una squalifica maggiore”.

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FRANCESCO ACERBI PERPLESSO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Inter-Napoli, San Siro, domenica 17 marzo 2024. Al termine della gara, Juan Jesus, autore del gol del pari, accusa Acerbi di aver riferito nei suoi confronti ingiurie di tipo razzista: si apre il caso. Il centrale nerazzurro, allontanato dal ritiro della Nazionale, si difende e dice: “Non ho mai pronunciato alcuna frase razzista, sono molto sereno. Sono un professionista da vent’anni e so quello che dico, nessuna parola di quel tipo è uscita dalla mia bocca, è stato lui che ha frainteso. Dispiace aver lasciato la Nazionale, al razzismo dico vaff…”; nella serata di lunedì, però, il difensore brasiliano risponde e addita il calciatore di aver sminuito quanto accaduto, scrivendo sui suoi canali social: “Per me la questione si era chiusa ieri in campo con le scuse di Acerbi e sinceramente avrei preferito non tornare su una cosa così ignobile come quella che ho dovuto subire. Oggi però leggo dichiarazioni di Acerbi totalmente contrastanti con la realtà dei fatti, con quanto detto da lui stesso ieri sul terreno di gioco e con l’evidenza mostrata anche da filmati e labiali inequivocabili in cui mi domanda perdono. Così non ci sto. Il razzismo si combatte qui e ora. Acerbi mi ha detto “vai via nero, sei solo un negro”. In seguito alla mia protesta con l’arbitro ha ammesso di aver sbagliato e mi ha chiesto scusa aggiungendo poi anche: “Per me negro è un insulto come un altro”. Oggi ha cambiato versione e sostiene che non c’è stato alcun insulto razzista. Non ho nulla da aggiungere”.

Nel frattempo, la Procura delle FIGC prende una posizione e dichiara: “Letto il referto del Direttore di gara, si ritiene necessario che venga approfondito da parte della Procura federale per riferire a questo Giudice, sentiti se del caso anche i diretti interessati”. Bene, e ora?

Ricompare Grassani, qualche anno dopo, a Radio Kiss Kiss, sotto la veste di accusatore, e afferma: “Se dovesse emergere un’offesa razziale, Acerbi rischierebbe almeno 10 giornate di stop ed un’ammenda tra i 10 ed i 20 mila euro. Altre sanzioni potrebbero arrivare anche ai suoi compagni di squadra che hanno visto e non hanno denunciato. La procedura della Figc è corretta, anche l’allontanamento del giocatore dalla Nazionale è conforme a quello che sta promuovendo la Federazione. Si parla di ipotesi. Ovviamente la terna arbitrale non ha visto o sentito altrimenti ci sarebbe stato un intervento diretto in campo. La Figc ha posto su indicazione del Coni la lotta a qualsiasi discriminazione come diktat assoluto”. Le cui dichiarazioni risultato smentite dallo stesso protagonista con una lettera esplicita alle redazioni.

Torniamo a noi. In attesa di un riscontro da parte della Procura Federale, ci auguriamo si faccia chiarezza sulla questione discriminazione, affinché il razzismo venga punito in ogni sua forma e con ogni mezzo, evitando eventuali incoerenze anche a distanza di anni. Nella speranza che la Giustizia Sportiva faccia il suo corso, ci si auspica che questo sia un ultimo caso e che sia l’inizio di un periodo in cui la lotta al razzismo non resti soltanto sulle maniche delle maglie da calcio, come un comune sponsor, ma diventi concreta, con una visione oggettiva e univoca da parte degli organi di legge, dei calciatori, degli allenatori, dei tifosi e dei comuni cittadini.

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