Giovedì sera, al “San Nicola” di Bari, è nata la prima Italia di Giampiero Ventura. In uno degli stadi dove il nuovo CT azzurro è considerato ancora un mito, l’Italia ha perso per 3 a 1 contro i vice-Campioni d’Europa della Francia.
La sconfitta è stata, nel complesso, indolore poiché era solo un’amichevole: lunedì sera ad Haifa, gli azzurri scenderanno in campo contro Israele nella prima partita del girone di qualificazione ai Mondiali che si terranno in Russia tra due anni. Il girone è tosto in quanto oltre alla nazionale israeliana (che non affrontiamo in incontri ufficiali da Messico ’70) ci saranno anche l’Albania del “nostro” de Biasi e l Spagna del neo Commissario tecnico Julen Lopetegui: non si dovranno commettere passi falsi. In Russia andrà direttamente (quasi sicuramente) una tra la Roja e l’Italia e necessita quindi la vittoria del girone.
Tornando alla sfida di giovedì, l’attenzione è caduta su un fattore: la presenza di giocatori molto giovani nella squadra di Didier Deschamps. Ed il primo e il terzo gol dei galletti sono stati segnati da un giocatore classe 1995 (l’attaccante del ManUtd, Anthony Martial) e da un classe 1992 (il difensore Layvin Kurzawa, in forza al PSG dalla scorsa stagione) con in carniere molte partite da titolare. Il gol del 2 a 1 è stato siglato da Olivier Giroud, 30 anni e classico uomo d’area ricco di esperienza internazionale.
Oltre ai due baby talenti, nell’undici francese sono scesi in campo altri giocatori nati dal 1990 in avanti: il capitano Raphaël Varane (1993); Djibril Sidibé (1992); Paul Pogba (1993); N’Golo Kanté (1991) ed Antoine Griezmann (1991), mentre nella ripresa sono entrati Ousmane Dembélé (1997) e Samuel Umtiti (1993). Giampiero Ventura ha schierato tra i titolari il solo Matteo de Sciglio, un classe 1992 con molta esperienza internazionale alle spalle, mentre nella ripresa sono entrati i debuttanti Daniele Rugani (1994) e Andrea Belotti (1993), mentre Marco Verratti, coetaneo di de Sciglio e con altrettanta esperienza internazionale, ha ripreso “confidenza” con l’azzurro dopo tanti mesi. Il tecnico genovese ha fatto stabilire un record, sostituendo nella ripresa capitan Gianluigi Buffon (1978) con Gianluigi Donnarumma, facendolo così diventare non solo il più giovane portiere a giocare in Nazionale, ma anche fra i più giovani a giocarci, avendo 17 anni, sei mesi e una settimana al momento di entrare in campo.
La Francia quindi ha osato, l’Italia non ha osato: se la coppia d’attacco transalpina era composta dagli attaccanti di United e Gunners, noi abbiamo risposto con Pellé ed Eder. Per carità, spazio ai due attaccanti che hanno condotto l’Italia ad arrendersi solo alla Germania ai rigori nello scorso Europeo, ma se si analizzano le squadre in campo si nota che Buffon è del 1978, Barzagli del 1981, de Rossi è un 1983 e Chiellini è del 1984. Senza contare che, a parte de Sciglio, il più giovane è stato Bonaventura, classe 1989. In panchina Ventura ha avuto anche Gabbiadini (1991), Immobile (1990) e Bernardeschi (1994), ma non li ha fatti giocare. Morale: età media attacco Francia 26 anni, età media attacco italia 30 anni e mezzo.
Dare tutti questi numeri può portare a niente, ma è un segnale chiaro: i giovani calciatori italiani non ci sono e se ci sono, faticano ad imporsi. La Nazionale è lo specchio della Serie A: pochi giovani titolari, tanti giocatori stranieri di cui non molti fuoriclasse che “rubano” il posto ai nostri.
Si è invocata la convocazione di Domenico Berardi e di Alessio Romagnoli, ma Ventura non li ha portati con sé in quando ha detto che per lor è ancora tempo di Under 21. E l’idea ci potrebbe anche stare: l’attaccante del Sassuolo è un 1994, mentre il milanista è del 1995. Visto che entrambi a oggi sono gli Under con più esperienza (e più gol) in Serie A, perché non convocarli ugualmente? Solo per un discorso di testa e di anagrafe? E Cassano allora, quando era a metà tra il campione e l’uomo delle “cassanate”? Ma questo discorso non vale solo per l’attaccante del Sassuolo, ma anche per molti altri: da Bernardeschi a Cataldi, da Benassi a Sensi, da Morosini a Mazzitelli, fino ai torinisti Baselli e Zappacosta che hanno avuto Ventura lo scorso anno. I giovani chiedono spazio, lo spazio però non viene concesso ai giovani.
Lo stesso Ventura ha detto che per queste prime due partite continuerà con ciò che Conte gli ha dato in eredità: un gruppo unito, forte e capace di fare bene quando sotto pressione. Va benissimo, ci mancherebbe. Ma i giovani, dove li mettiamo?
Il calcio italiano è in crisi, è un dato di fatto, ma per uscire dalla crisi bisogna inventarsi qualcosa di nuovo. E il “qualcosa di nuovo” è il dare spazio al…nuovo: visto che era un’amichevole perché, Donnarumma a parte (capiamoci, è ancora troppo giovane), di tutti i convocati nati dal 1990 in poi ha giocato il solo de Sciglio dall’inizio? Cosa costava far far loro una passerella nella prima partita del nuovo corso azzurro? Visto che il tecnico ligure con i giovani ci sa fare, perché non osare e cambiare la carte in tavola?
Qua da noi, si ha da sempre la solita “scusa”: non bruciamo i giovani; non carichiamoli di responsabilità; non sono ancora maturietc etc.
Basta, bisogna fare un taglio netto: largo ai giovani e in panchina (se non a casa) i vecchi. E se i giovani sbagliano non bisogna arrabbiarsi, ma mettere loro una mano sulla spalla e dire loro di continuare a faticare ed ad impegnarsi, perché solo con l’impegno, la dedizione e la grinta si raccolgono i risultati e si hanno le soddisfazioni.
Il calcio è fatto di cicli e questo, si vede, non è il ciclo azzurro: a parte il secondo posto di PoloniaUcraina 2012, dopo il Mondiale 2006 la nostra Nazionale ha avuto molta difficoltà ad imporsi. Siamo in attesa che la ruota giri nuovamente e siamo convinti che girerà presto dalla nostra parte, ma bisogna iniziare a crederci, altrimenti sarà tutto inutile.
Osiamo un po’ e diamo fiducia ai nostri giovani. Come nel calcio, anche negli altri sport, nel mondo del lavoro e nella vita di tutti i giorni.