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La Cina è vicina

Tanti i top player pronti ad approdare in Cina

Non abbiamo fatto in tempo a metabolizzare l’ingaggio fantascentifico dell'”Apache”, al secolo Carlos Tevez, che dall’Estremo Oriente hanno continuato ad avanzare proposte indecenti per i massimi protagonisti del calcio mondiale.
In Spagna, il quotidiano Marca, senza tanti giri di parole, parla di “Bestialidad”, accennando alla proposta da 300 milioni (più 500 milioni spalmati in cinque anni di contratto) che i nuovi tycoon con gli occhi a mandorla hanno presentato al re del mercato Jorge Mendes per assicurarsi le prestazioni del suo assistito più illustre, ovvero Cristiano Ronaldo.
L’Europa trema. Giustamente o meno lo si può valutare nel medio periodo, ma è comprensibile che questa nuova direttiva che ha preso il football 2.0 abbia stravolto le antiche gerarchie. Infantino e tutto l’establishment della FIFA mediterà al riguardo, salvando capra e cavoli (si spera…).
Chi nutriva dubbi comunque sul fenomeno emergente per antonomasia del mondo pallonaro, il pianeta Cina appunto, deve ricredersi; questi fanno sul serio, e lo si può evincere analizzando questa nuova realtà da più angolazioni.

Vediamole insieme:
1. ATTIVITA’ INTERNA – Alla base di un fenomeno calcistico credibile e competitivo devono regnare 3 componenti basilari: un settore giovanile sviluppato attraverso un programma ben preciso, un campionato che funga da banco di prova attendibile, una Nazionale che incarni il livello di crescita delle due precedenti componenti.
A livello sportivo, la Cina ha da sempre sviluppato un attento programma scolastico, facendo leva su un bacino d’utenza sterminato; il calcio è seguitissimo, soprattutto i principali campionati europei, come la Premier e la Liga (la nostra Serie A ha perso appeal negli anni). Difatti, club come Manchester United e Barcellona, ad esempio, facendo leva sul merchandising, hanno dato vita ad una nuova generazione di tifosi, che nell’accezione moderna del calcio sono alla stregua di veri e propri clienti dei club. La Cina, sfruttando questa passione popolare sempre in aumento, sta sviluppando un programma scolastico piuttosto capillare e selettivo, tanto che il calcio è diventato una vera e propria materia scolastica con tanto di valutazione. La Cina non è la Svizzera, i metodi di controllo sono per forza capillari data la sua enorme densità di popolazione. I migliori prodotti del calcio cinese saranno il frutto di queste scremature (e delle migliori pagelle…).

Ma questo è un programma che darà i suoi frutti nel lungo periodo, l’importante ora è investire su ciò che si ha già a disposizione. Ovvero, il campionato. Dai tempi di Deng Xiaoping la Cina ha preso un altra strada, che ha fatto inorridire i maoisti più intransigenti, ma che alla distanza si è rivelata fondamentale per il ruolo che attualmente il Paese ricopre nello scacchiere mondiale. La nuova classe dirigente cinese, asservita al Partito come se fosse una corazza protettiva, dispone di ingenti capitali, grazie anche ai fondi statali. Xi Jingping, presidente della Repubblica Popolare Cinese e grande appassionato di calcio, il 16 Marzo del 2015 ha approvato, tramite il governo, nuove riforme per rilanciare il suo Paese anche sfruttando questa grande passione popolare. La nascita della Chinese Superleague, fondata nel 2004, si compone di 16 squadre che appartengono sia a privati che a fondi statali. Il potenziale economico è infinito, e le offerte avanzate negli anni per i campioni più celebrati hanno dato lustro e maggiore visibilità al campionato. Che nel frattempo è diventato una calamita per gli sponsor.

Logico che un campionato, per aumentare di credibilità e competitività, deve arricchirsi di campioni al top del rendimento (e questo, al di là dell’aspetto economico, non seduce a sufficienza, come denunciato da recentemente da Jurgen Klopp) ma soprattutto di allenatori preparati che rappresentino scuole di pensiero calcistiche che hanno influenzato il gioco negli ultimi anni. I vari Lippi, Eriksson, Scolari e recentemente Villas Boas sicuramente reciteranno un ruolo fondamentale, diciamo anche educativo, soprattutto per i calciatori cinesi che si affacciano al professionismo, scevri di cultura calcistica di un certo livello. E che, in un futuro immediato, potrebbero diventare dei pezzi interessanti da mettere sul mercato, oltre che un arricchimento per l’ ambiziosa selezione, ora affidata a Marcello Lippi, già onusto di gloria alla guida del Guangzhou Evergrande.
2. INVESTITORI – C’è un nuovo aspetto del calcio cinese, che negli ultimi mesi coinvolge anche l’Italia. I cinesi, dopo l’ondata di sceicchi e oligarchi russi, stanno prendendo sempre più campo nello scacchiere d’Europa. Logico che un fenomeno del genere andrebbe regolamentato, e il Fair Play Finanziario non sembra un deterrente sufficiente ad arginare le inevitabili speculazioni. Il calcio è retto da equilibri sempre piuttosto melliflui, e la figura del procuratore sta rimpiazzando quella dell’allenatore e del presidente come attore principale del calcio – mercato. I cinesi lo hanno capito e, dopo aver fiutato il terreno, hanno iniziato a seminare. L’approdo del gruppo Suning di Zhang Jingdong in casa Inter e l’imminente firma della Sino Europe per quanto riguarda il Milan (salvo ulteriori rinvii…) stanno cambiando i connotati della nostra Serie A, ancora legata a logiche imprenditoriali figlie di un’antica modalità di gestione improntata sul campanile e sul familismo. Solo la Roma degli yankees ha bruciato le tappe in anticipo, ma ha pagato lo scotto dell’inesperienza e della scarsa cultura in materia dei nuovi padroni del vapore. A livello calcistico, la Cina già parte da un background di seguito maggiore, ma per entrare nel vero senso del termine in un club, che siano l’Inter e il Milan, deve apprenderne la cultura e il linguaggio. Non devono partire dal presupposto di fondarne uno nuovo, perchè la Serie A (come la Premier o la Liga…) vanta una storia ben radicata e prestigiosa. E i suoi club hanno recitato un ruolo ben preciso nella sua evoluzione e nel racconto della sua storia, attraverso figure importanti che hanno dato vita a vere e proprie filosofie di appartenenza e di rappresentanza dei propri colori. Il caso – Maldini, per esempio, ha rappresentato bene questa deriva pericolosa che potrebbe prendere il nostro calcio. Per non parlare della crisi dell’Inter di inizio stagione, con una proprietà assente e un comparto italiano che ha difettato di personalità nel farsi ascoltare. Questo nuovo fenomeno quindi si può dire che non abbia iniziato col piede giusto, ma il tempo (e il denaro…) per rimediare ai primi errori di presunzione e inesperienza non manca di certo.

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