Home Editoriale La Cina è vicina… ma non per tutti

La Cina è vicina… ma non per tutti

INTER E MILAN. SUNING E SINO EUROPE. DUE REALTA’ CHE RAPPRESENTANO DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA.

Quando Zhang Jingdong e il Gruppo Suning sono succeduti a Erick Thohir alla guida dell’ Inter, lo scetticismo era lo sport preferito da chi professava il mestiere di critico in ambito pedatorio. Le incognite erano parecchie, e francamente anche dovute. Gli errori commessi in avvio di stagione hanno giustificato i dubbi su una proprietà ricca di dobloni e buone intenzioni, ma povera di cultura calcistica. Quantomeno nostrana. Soprattutto nerazzurra.

Da quando però il povero Franck De Boer ha mollato la presa – per colpe non del tutto sue – Zhang ha deciso che forse l’affidarsi al comparto italiano del club, con Ausilio in primis, sarebbe stato il viatico migliore per uscire da un periodo grigio, con la sola illusoria luce derivata dall’exploit settembrino contro la Juve.

Un tecnico di provata esperienza e capacità come Stefano Pioli, detto “il normalizzatore”, ha restituito gioco e dignità ad un’Inter sbertucciata su più fronti – soprattutto in Europa – e adesso, guardando la classifica, non si può che nutrire un certo rimpianto per la partenza ad handicap che sta zavorrando i nerazzurri nella loro corsa per un posto in Champions. Ma, si sa, che la chiave del successo sono i fallimenti, e l’aver imparato dai propri sbagli – come l’essersi affidati a pessimi consiglieri – nobilita l’operato del Gruppo Suning per un’Inter che guarda al futuro con malcelato ottimismo. I nomi, o meglio le suggestioni, che alimenteranno i sogni sotto l’ombrellone la prossima estate, sono degni della grandeur che la Beneamata vuole raggiungere dopo troppi anni di oblìo. Quel che è certo, con Pioli o meno – chi scrive caldeggia per un rinnovo a lungo termine – Suning pensa in grande, e dà l’idea che non sarà un’entità eterea nel futuro del club, ma decisamente presente. Quello che purtroppo è mancato lo scorso autunno.

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Se la Milano nerazzurra ride, quella rossonera invece ha a che fare con l’altro risvolto della medaglia. Quello permeato di mistero e incertezza, con un closing ancora da definire, un comparto societario – quello della Sino Europe – del quale si ignora la sua effettiva composizione, e un ambiente dove l’incertezza regna sovrana. Inutile negare che Montella ha svolto finora un lavoro splendido, soprattutto nell’impermeabilizzare lo spogliatoio dai continui rumors provenienti da Pechino.

Fra closing rimandati e acconti, vedere comunque il Milan lottare alla pari con tutti – Juve compresa – è quasi un mezzo miracolo. Poi, logico che Donnarumma ci rifletta un po’ troppo se rimanere o meno, vista la nebulosità che regna nella stanza dei bottoni. Per non parlare del mercato, che ha visto l’ottimo Deulofeu arrivare dopo avere nicchiato per giorni, fra un Milan disposto ad accoglierlo a braccia aperte e un Everton in cui faticava a giocare. In altri tempi avrebbe risalito il Po a nuoto pur di figurare a Milanello come semplice effettivo.

Ecco, questo manca al Milan. Un futuro solido, delle prospettive concrete, fondamentali per impostare una nuova stagione utilizzando le solide basi di quella che sta raggiungendo il suo epilogo. La Fininvest, colta colpevolmente in controtempo a inizio Marzo, deve usare il pugno di ferro. Basta farsi prendere in giro da chi in Cina non gode di nessun credito – al contrario di Suning. Basta far vivere milioni di tifosi nell’incertezza, per un club che in primis vive della passione di chi lo segue giorno per giorno, che in una visione romantica del calcio rappresenta ancora oggi la vera anima, al di sopra di dobloni, petro-rubli o chi più ne ha più ne metta. Berlusconi, Galliani, Li Yonghong, a voi. Lo merita il Milan. E soprattutto ne ha bisogno una Milano che manca a questo campionato, per ritornare al top come un tempo.

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