Non sono solo i tacchetti che calciano i palloni di cuoio sul prato verde ad essere i protagonisti del campo da gioco, ma c’è un’altra figura che indossa la divisa diversa dalle altre ad essere un primo attore del fantastico gioco del calcio: l’arbitro. Uno dei tanti volti noti che è molto conosciuto da ormai 11 anni e che milita dagli stessi anni in Serie A è Massimiliano Irrati.
Irrati, dal prato verde al VAR: l’intervista su Repubblica
Massimiliano Irrati, arbitro che da 11 anni dirige partite di Serie A, ha preso una decisione netta sul futuro del suo lavoro. A Repubblica, l’arbitro, ha spiegato la motivazione che lo ha spinto nella decisione di fare il VAR: “È un’attività talmente specializzata che serve farlo il 100% del tempo. In campo serve avere un impatto anche irruente con i calciatori, in cabina no. Un VAR deve essere stato arbitro di alto livello, o almeno della stessa categoria in cui va ad operare. Ma anche UEFA e FIFA hanno preso questa strada: quando diventi élite fai solo una delle due”. Ma il problema di Irrati è un altro: “Quando sei arbitro pensi a quello, ma poi se vai a fare il VAR puoi essere focalizzato anche sull’aspetto arbitrale: non dico che giustifichi la decisione presa sul campo, ma rischi di solidarizzare con lui e anche se la decisione è sbagliata dici: ‘So cosa si prova, non voglio rovinargli la giornata’. Non serve assolutamente questo, serve tecnica arbitrale e una distanza che il terreno di gioco non ti dà, perché è passione, coinvolgimento emotivo. Componenti che il VAR deve eliminare il più possibile”.