Dei quattro attaccanti fortemente voluti in estate e lasciati a svernare in panchina già si è detto. Si è detto anche dei terzini che continuano ad alternarsi senza una logica apparente. Si è ampiamente detto di un centrocampo privo di qualità, in cui i muscoli di Felipe Melo sono stati preferiti ai piedi buoni dei seppur incostanti Hernanes e Kovacic.
MERCATO DELUDENTE
Da tempo si dice di un Icardi mal servito che borbotta appena può. Si è detto pure, ancor prima, di Shaqiri e Podolski presi e buttati dopo pochi mesi. Si è detto tutto, insomma. E tutto porta ad una conclusione piuttosto chiara: Roberto Mancini, oggi, sembra sempre più un tecnico in confusione senza una precisa linea tecnica e progettuale necessaria a rilanciare l’Inter in questo e nei prossimi campionati.
MANCINI L’UOMO GIUSTO?
Pare strano, forse, per una squadra che solo due mesi fa si divertiva a stupire dall’alto del primo posto in classifica: due mesi che sembrano oggi un’era geologica, dopo un tracollo di stramaccioniana e mazzarriana memoria. Roberto Mancini, dicevamo: nel novembre del 2014 la nuova proprietà indonesiana lo richiamava a gran voce a Milano, a lui veniva affidata la ricostruzione, a lui che con l’Inter aveva già vinto e rivinto.
Un top coach di livello europeo, universalmente riconosciuto e, soprattutto, amatissimo dal popolo nerazzurro. Un tecnico di “garanzia”, oseremmo dire, un personaggio indiscutibile che oggi tuttavia non può non essere discusso. E allora lo si discuta, come avviene talvolta anche a proposito dei più grandi: il calcio, si sa, di sconti ne fa ben pochi. Si discutano gli ultimi due mesi orribili, ma non si tralascino gli ultimi sei anni in cui l’Inter ha mostrato lati di sé davvero poco incoraggianti. Dopo Mourinho, verrebbe da dire, il nulla. Rafa Benitez pochi mesi, Leonardo, Gasperini per un attimo, Claudio Ranieri, quindi Andrea Stramaccioni.
I NUMERI DICONO CHE…
Quella vittoria allo Juventus Stadium dell’autunno 2012 sembrava il punto cardinale di una brillante rinascita, poi la discesa alla normalità e l’arrivo di Walter Mazzarri, uno che – si diceva – ha gli attributi ed è finito spernacchiato tra critiche e satira. Con Mancini, l’Inter è a quota sette allenatori in sei anni, roba che perfino Zamparini potrebbe essere un po’ invidioso. Ecco perché questi ultimi sei anni non devono essere offuscati dagli ultimi due mesi. Simeone, Di Francesco, Bielsa, chi più ne ha più ne metta: ben venga l’ottavo cambio al timone se programmato e ben ponderato, altrimenti sarebbe soltanto l’ennesimo “avanti un altro” che si trasformerebbe ben presto in un ulteriore “avanti un altro, ancora”.
MANCIO SI, MANCIO NO
Non significa che Roberto Mancini non si tocchi: si tocca eccome, come qualsiasi allenatore in qualsiasi grande piazza. Ma siamo sicuri che il problema sia solo e soltanto in panchina? Le continue chiacchiere sull’assetto societario dell’Inter, forse, fanno pensare ad una confusione ai piani alti che rende impossibile una navigazione tranquilla.