Inter in cerca della giusta identità

242

La sconfitta nel big match contro la Roma ha evidenziato, ancora una volta, le falle di un progetto tecnico in lenta evoluzione

Nel calcio, spesso i più grandi progetti di squadra hanno avuto origine da salutari sconfitte. Il Milan di Sacchi, la Juventus del primo Lippi e più recentemente il Barça del Pep, giusto per citare alcuni illustri predecessori, prima di consacrarsi come entità calcistiche in grado di creare nuovi dogmi nel culto di Giove Eupalla, hanno masticato amaro, a causa di portate stantìe e grevi servitegli sui poco raffinati deschi di Espanyol, Foggia e Numancia.

Ovvio che anche il più ottimista dei tifosi della Beneamata si guarda bene dallo sbilanciarsi in voli pindarici, e questo sicuramente appare paradossale per una realtà così schizofrenica come quella nerazzurra, dove si balzella pericolosamente dal giubilo alla totale frustrazione.

La vittoria pesante contro l’Incincibile Armata di Allegri ha restituito sui nostri schermi un’Inter che rischiava di perdersi anzitempo, ma reputarla sintomatica di una condizione di squadra attendibile per ogni analisi si è rivelato, come era prevedibile, piuttosto prematuro.

Oddio, indicazioni ne sono arrivate, ma hanno fatto spazio ad altre meno improntate ai facili entusiasmi, che andiamo ad elencare:

1. Franck De Boer, smentendo lo scetticismo generale (anche di chi scrive…) è “entrato nello spogliatoio”, con la forza del dialogo e delle idee; logico che un calcio come quello dell’olandese, arrivato in fretta e furia, in piena preparazione estiva, vada metabolizzato e digerito.
Come del resto anche lo stesso olandese sta imparando, di partita in partita, a conoscere una realtà ben diversa dal rassicurante cortile dell’Eredivisie.
La nuova proprietà, ma anche le ultime rivelazioni del vecchio (nuovo?) presidente Moratti, hanno rafforzato la sua posizione, soprattutto grazie al coraggio mostrato nel gestire alcune situazioni spinose come il caso-Brozovic e la bocciatura di Kondogbia. Della serie, van Gaal è il mio maestro, ma nel calcio si vince con gli uomini, non solo con le lavagne e le teorie.

2. I campionati si vincono con i Joao Mario, le partite con i Banega. Questo si è potuto evincere dalle prime sette partite, nelle quali il portoghese, al netto dei problemi fisici degli ultimi giorni, è diventato un fattore imprescindibile nello scacchiere nerazzurro. Il suo impiego sgrava di parecchio il buon Ever da compiti meno nobili, come lo sporcare il gioco avversario piuttosto che deliziare la platea col suo danzare sulla trequarti avversaria. Un Banega più trequartista e meno “volante central” (come agli esordi…) è sicuramente più funzionale al gioco di De Boer, che prevede un Icardi affamato di palloni e due ali, fin qui ampiamente convincenti, come Candreva e Perisic, pronte ad alimentare l’azione e anche a concluderla. Logico che necessiti di maggiore protezione, che lo stesso Joao Mario e un compagno di reparto alla sua altezza sono in grado di garantirgli. Finora Medel è stato decisamente il migliore, ma occhio al giovane Gnoukouri…

3. Lo scotto dell’inesperienza di De Boer la si paga finora in termini di approccio mentale alla gara. Su 9 partite, solo ad Empoli l’Inter ha sbloccato la partita, e questo è sinonimo di scarsa concentrazione e cattiveria; fattori a cui l’olandese deve assolutamente porvi rimedio. La partita di Roma ne è stata un fulgido esempio, col gol di Dzeko preso in apertura, e quello di Manolas pochi minuti dopo il momentaneo pareggio di Banega. Il fattore mentale, in una squadra che finora ha mostrato alcune pecche in termini di assemblaggio, diventa una priorità ben maggiore dei correttivi che verranno presi in sede di mercato a Gennaio.

4. La squadra, seppur tecnicamente di ottimo livello in alcuni suoi interpreti, presenta una rosa molto più corta di quanto sembri. Le alternative all’altezza dei titolari finora hanno steccato. I flop in Euroleague contro Hapoel e Sparta Praga non posso essere imputabili solamente agli obblighi sanciti dal fair-play finaziario. In campo si è vista gente poco attaccata alla maglia e vogliosa di mettere in difficoltà il tecnico in materia di scelte. I vari Ranocchia, Eder, Jovetic e Kondogbia, per citarne alcuni, sono finora dei corpi estranei nel progetto tecnico su cui De Boer sta lavorando. Logico che lo stesso allenatore deve “toccare le corde giuste” per rendere alcune seconde scelte più funzionali al tipo di gioco che vuole proporre, ma il tempo stringe e le dirette rivali non sono certo disposte ad aspettare.