Alessandro Bastoni è stato il protagonista della seconda puntata del podcast Frog Talks di Andrea Ranocchia. Il difensore ha iniziato raccontato il suo arrivo in nerazzurro: “Ho fatto a Parma una stagione e poi ho avuto la fortuna di trovare Conte qua. Io ho fatto le guerre per andare via quell’anno, avevano appena preso Godin, c’era Skriniar, c’era De Vrij. Io avevo fatto 25 partite a Parma, un buon campionato, però è un livello diverso, poi lui ha insistito”.
Inter, le dichiarazioni di Bastoni
Ecco l’intervista:
“Come mai è così bravo ad impostare? Da dove nasce questa sua vocazione?”
“A Parma giocavo con Bruno Alves, l’impostazione è sempre stata una mia caratteristica. All’Atalanta nelle giovanili non fai palestra, fai solo tecnica. Lì ho sviluppato il fatto di non aver paura di impostare. Ho vicino Calhanoglu che vuole la palla, non ha paura. C’è sintonia. A volte mi trovo quinto, a volte mezzala, a volte lui si abbassa nella linea e io vado a fare il play. Mi trovo bene”.
“Che rapporto ha con i tifosi dell’Inter?”
“Il pubblico è spettacolare. Io da quando sono all’Inter non ho mai visto San Siro sotto i 70mila spettatori. Ci aiutano tanto, non ci sono più i fischi. C’è tanto sostegno. Qualche momento negativo c’è stato, qualche momento in cui non ti senti in fiducia. Il calcio, per quanto sia importante, è dietro la mia famiglia. Per cui quello conta. Le partite le giochiamo ogni tre giorni, se ne sbaglio una c’è l’altra. Mi dà fastidio quando sbaglio, faccio passare giornate brutte a casa, ma quel che mi importa è la salute dei familiari. Io come papà? Cerco di essere più presente possibile, mi godo la mia bambina. Adesso ha appena fatto due anni, il tempo vola. Mi sembra nata ieri. Stiamo con Camilla da quattro anni, lei ne ha 23, uno in meno di me. Lei è di Bergamo, io ho fatto 11 anni di settore giovanile a Bergamo e ho tutte le conoscenze lì. Lei ha la famiglia lì”.
“Come mai è così bravo ad impostare? Da dove nasce questa sua vocazione?”
“A Parma giocavo con Bruno Alves, l’impostazione è sempre stata una mia caratteristica. All’Atalanta nelle giovanili non fai palestra, fai solo tecnica. Lì ho sviluppato il fatto di non aver paura di impostare. Ho vicino Calhanoglu che vuole la palla, non ha paura. C’è sintonia. A volte mi trovo quinto, a volte mezzala, a volte lui si abbassa nella linea e io vado a fare il play. Mi trovo bene”.
“Che rapporto ha con i tifosi dell’Inter?”
“Il pubblico è spettacolare. Io da quando sono all’Inter non ho mai visto San Siro sotto i 70mila spettatori. Ci aiutano tanto, non ci sono più i fischi. C’è tanto sostegno. Qualche momento negativo c’è stato, qualche momento in cui non ti senti in fiducia. Il calcio, per quanto sia importante, è dietro la mia famiglia. Per cui quello conta. Le partite le giochiamo ogni tre giorni, se ne sbaglio una c’è l’altra. Mi dà fastidio quando sbaglio, faccio passare giornate brutte a casa, ma quel che mi importa è la salute dei familiari. Io come papà? Cerco di essere più presente possibile, mi godo la mia bambina. Adesso ha appena fatto due anni, il tempo vola. Mi sembra nata ieri. Stiamo con Camilla da quattro anni, lei ne ha 23, uno in meno di me. Lei è di Bergamo, io ho fatto 11 anni di settore giovanile a Bergamo e ho tutte le conoscenze lì. Lei ha la famiglia lì”.
“Ti trovi bene all’Inter?”
“Io qui sto bene, ho 24 anni ma sono uno dei più ‘anziani’. È il quinto anno qui, sono arrivato a 19. Si sta bene, è bello il mondo Inter, San Siro, giocare davanti a 75mila persone. Al momento non mi vedo lontano da qui. Mi sento veramente a casa. Vedo anche allo stadio che gente di 85-90 anni aspetta il pullman. La passione che ci mette la gente ti fa dire: ‘Ma chi me lo fa fare di andare via?’. Siamo un bel gruppo. Tanti ragazzi giovani come spina dorsale, italiani. Lautaro è argentino, ma è qui da tanti anni”.
“Cosa vi ha lasciato la finale di Champions?”
“Ci ha dato tanto quella partita, ma venivamo da un bel percorso. Ci siamo guardati in faccia dopo aver perso dodici volte in campionato, abbiamo visto i video e c’era la gente che ci passava come treni. Ci siamo compattati, difendendo tutti assieme. Col City abbiamo visto che possiamo stare a quel livello e quest’anno abbiamo cominciato come avevamo terminato l’anno prima. Quest’anno ci riproviamo, assolutamente. È bello arrivare lì e penso proprio sarebbe bello vincere. La finale era quasi surreale. Partiti ad inizio stagione pensavamo di vederla in tv. Invece sei lì e quasi quasi ci provi. Noi eravamo tranquillissimi e dal campo si sentiva la pressione che avevano loro di vincere. Abbiamo provato a giocarla, abbiamo avuto anche un paio di occasioni e loro sono rimasti spiazzati”.
“Che cosa pensa sul livello che ha raggiunto oggi?”
“Che l’esperienza conta nel gestire determinati momenti. Ti accorgi che rispetto a 4-5 anni fa è diverso, valuti diversamente e prendi decisioni diverse. Penso sia un percorso normale, non si arriva qui già pronti. Certe cose le capisci col tempo, certi sbagli li devi fare. Li ho fatti, sbaglierò ancora ma migliorerò sicuramente”.