Il talento prima o poi emerge; così Kjaer ha conquistato il paradiso
Vi sono talenti che esplodono subito, altri che invece sono più lenti nel trovare la strada verso il successo, che incontrano maggiori difficoltà a tirare fuori le loro qualità; ma per fortuna nel calcio, come nella vita, esistono le seconde occasioni e sfruttarle non è da tutti…
Simon Thorup Kjær, difensore danese del Milan è decisamente uno di questi; bollato come bidone dopo la sfortunata stagione romanista, si è preso una decisa ed importante rivincita tornando a giocare in Italia a distanza di circa un decennio ed arrivando ad essere iscritto per la stagione 2021 addirittura nella lista dei candidati al Pallone d’Oro!
Gli inizi del calciatore danese
Nato nel 1989 ad Horsens, Kjaer muove i primi passi da professionista nella stagione 2007-08 con la maglia del Midtjylland disputando 19 partite. Senso della posizione, fisicità, gioco d’anticipo e capacità d’inserimento ne fanno uno dei giovani difensori più promettenti del momento. La sua partecipazione al Torneo di Viareggio, durante il quale realizza una rete all’esordio su calcio di rigore, non passa inosservata e nel mese di febbraio del 2008 Rino Foschi, lungimirante direttore sportivo del Palermo, lo mette subito sotto contratto per la società rosanero, facendo sborsare al presidente Zamparini una cifra intorno ai 3 milioni di euro (poi salita a 4), aggregandolo però alla prima squadra soltanto al termine di quella stagione.
Arriva la prima occasione italiana
Ad ottobre del 2008, ad appena 19 anni, esordisce così nella nostra massima serie; 27 presenze (spesso da titolare) condite da ben 3 marcature costituiscono per lui un ottimo biglietto da visita. L’anno dopo diventa titolare nel cuore del reparto arretrato palermitano e complessivamente colleziona 38 presenze tra campionato e Coppa Italia con all’attivo altre due reti.
Dopo il Mondiale in Sudafrica disputato con la Danimarca, eliminata al primo turno, il Palermo decide di monetizzare i suoi progressi vendendolo ai tedeschi del Wolfsburg per quasi 13 milioni di euro.
Avventura tedesca
In Bundesliga si disimpegna bene ed alla fine di agosto del 2011 Walter Sabatini, neo direttore sportivo della nascente Roma “americana”, punta su di lui per rinforzare la difesa della formazione giallorossa affidata ad un giovanissimo Luis Enrique; 3 milioni per il prestito e riscatto fissato a 7 milioni: è il prezzo strappato ai tedeschi dal valido operatore di mercato dei capitolini, quasi 4milioni netti l’ingaggio riconosciuto al danese.
Con la Roma fallisce e diventa un…bidone
La stagione della Roma però delude le attese e Kjaer non fa eccezione; nelle sue 22 presenze non raccoglie molti consensi, anzi. Nella Capitale, dove si fa presto ad incensare un calciatore attribuendogli troppo facilmente le “stimmate” del campione ed altrettanto rapidamente si “bruciano” giovani speranze sull’altare di una piazza che ha sempre fame di vittorie che non arrivano (quasi) mai, viene etichettato come “bidone”, uno dei tanti fallimenti di un progetto tecnico tanto pubblicizzato quanto mai davvero intrapreso con convinzione e determinazione. E così la società non esercita il riscatto, rispedendolo al Wolfsburg, dove resta per un’altra stagione.
In giro per l’Europa cercando il successo
Da lì inizia un percorso un po’ periferico che lo vede girovagare tra Francia, Turchia e Spagna con le maglie di Lilla, Fenerbahçe e Siviglia. Sebbene il suo rendimento sia sempre dignitoso è chiaro come il treno per il successo, quello vero, sembri inevitabilmente perso. Poi, nel settembre 2019 l’Atalanta gli offre la possibilità di rientrare in Italia.
Kjaer accetta ben volentieri, convinto di poter dare ancora molto e soprattutto, non dimentico dell’ultima esperienza in serie A, desideroso di riscattarsi agli occhi della platea italiana. Il nuovo esordio nel nostro campionato, per uno scherzo del destino, avviene proprio all’Olimpico contro la Roma ed i bergamaschi s’impongono per 2-0. Tuttavia, nonostante l’ottimo e ben augurante viatico, il centrale danese non trova molto spazio in nerazzurro in quanto poco adattabile al modulo tattico di Gasperini che prevede il suo schieramento nella difesa a tre. Un’altra bocciatura solenne per Kjaer che evidentemente, dicono e scrivono gli esperti, non è adatto al nostro calcio. Così a gennaio il calciatore e la società orobica si separano consensualmente rescindendo il contratto.
Col Diavolo sale in paradiso
Subito dopo si fa avanti il Milan che deve tappare qualche falla in difesa e Kjaer non si fa pregare, sposando il rossonero ed il credo tattico di Pioli. A Milano sembra rinascere calcisticamente; conquista subito il posto da titolare divenendo un pilastro inamovibile della retroguardia dei meneghini che ritrovano l’Europa League dopo due anni anche grazie al rigore trasformato dal difensore contro il Rio Ave nello spareggio qualificazione. L’anno dopo va anche meglio perché i rossoneri, con Kjaer indiscusso titolare, centrano un sorprendente secondo posto in campionato alle spalle dei cugini dell’Inter. Prestigiosa la prima rete rossonera di Kjaer che la realizza contro il Manchester Utd all’Old Trafford (1-1 il risultato finale) negli ottavi di Europa League. Le sempre più convincenti prestazioni gli valgono il rinnovo del contratto col Milan, recentemente sottoscritto, fino al giugno 2024.
I soccorsi ad Eriksen e la candidatura al Pallone d’Oro
Nazionale sin dalle selezioni giovanili, ha partecipato a due Mondiali e due Europei, divenendo capitano dal 2016, a dimostrazione di una forte personalità. In occasione della recente manifestazione vinta dagli azzurri si è messo particolarmente in evidenza non solo per le sue ottime prestazioni ma soprattutto per la prontezza di riflessi e la freddezza mostrata nell’intervenire in soccorso del compagno di squadra Eriksen vittima di un arresto cardiaco durante la partita inaugurale contro la Finlandia. Prontezza e freddezza pari all’umanità con la quale ha poi abbracciato e rassicurato la moglie del collega nel frattempo entrata in campo. Doti umane che gli sono valse al pari dello staff della nazionale danese e a sei medici di cui due appartenenti allo staff medico UEFA, l’assegnazione del Uefa President’s Award e ne hanno favorito l’inserimento nell’elenco dei trenta migliori giocatori candidati al Pallone d’Oro.
La rivincita è servita; il brutto anatroccolo di Roma ormai dimenticato, per sempre.