Addio ad Eriksson, l’allenatore gentiluomo

Ci lascia il tecnico svedese da tempo malato; verrà ricordato per i successi in campo e la correttezza sempre mostrata fuori

sven goran eriksson
SVEN GORAN ERIKSSON SALUTA I TIFOSI DELLA CURVA NORD ( FOTO FORNELLI/KEYPRESS )

Se ne va Eriksson, tecnico di grande valore umano

Nel calcio ha vinto tantissimo, molto anche prima di arrivare in Italia dove nei primi anni riuscirono a definirlo perfino “il perdente di successo”, forse per quell’inopinato rovescio dell’Olimpico contro il Lecce di Fascetti che gli costò di fatto un probabile scudetto sulla panchina della Roma. Ma lui non portava rancore, accettava le critiche senza alimentare polemiche e si rimetteva a lavoro, cercando sempre di migliorarsi e di trovare nuove soluzioni in campo e fuori.

Al Goteborg i primi successi

Nato a Sunne, in Svezia, Sven Goran Eriksson, per tutti “Svennis”, è stato un innovatore nel mondo del calcio; trasformò la zona “ragnatela” di Liedholm, appresa da Tord Grip, in un modulo aggressivo e veloce, un gioco fatto di pressing, fuorigioco e movimenti senza palla. Così conquistò le platee continentali con il suo Goteborg composto da semiprofessionisti, capace d’imporsi nella Coppa Uefa 1982 (primo successo di una squadra svedese in Europa), dopo aver centrato campionato e Coppa Nazionale; centra poi la doppietta Campionato-Coppa anche alla sua prima esperienza sulla panchina del Benfica, con il quale perde appena tre partite in due stagioni!

In Italia gioie e dolori

Arrivato alla Roma, reduce dalla sconfitta in finale di Coppa dei Campioni col Liverpool, in tre stagioni conquista una Coppa Italia e sfiora lo scudetto dopo una rimonta esaltante nei confronti della Juventus. Per molti osservatori ed addetti ai lavori quella squadra esprime il calcio migliore in Italia e tra i più apprezzati a livello europeo. Per molti tifosi romanisti è ancora quella la Roma più bella che abbiano mai visto, al di là di quella più vincente di Capello e Totti.

Torna al Benfica dopo un’esperienza alla Fiorentina e ricomincia a vincere in Portogallo; in Europa si deve arrendere, ma solo in finale e per 1-0, al quasi invincibile Milan di Arrigo Sacchi, altro profeta del calcio a zona.

Il suo rapporto con l’Italia però non si ferma lì; nel 1992 Mantovani lo riporta in Serie A per guidare la sua Sampdoria che conduce al terzo posto in classifica ed alla vittoria di una Coppa Italia.

Eriksson e la più forte Lazio di sempre

Nel 1997 un altro magnate del nostro calcio decide di dare una svolta decisiva alla storia del suo club e così dopo le esperienze positive ma non vincenti di Zoff e Zeman, arriva sulla panchina della Lazio, portando subito con sé Roberto Mancini (o viceversa…) e poi altri suoi “pupilli” come Mihajilovic e Veron.

Nel frattempo “Svennis” è cambiato caratterialmente; meno rigido e maniacale rispetto alle sue idee tattiche, più morbido nei confronti dei calciatori dai quali però ottiene il massimo nell’ambito di un rapporto di estremo rispetto e franchezza. Meno pressing, meno ritmi forsennati ed una praticità e malleabilità tattica ne fanno un tecnico perfetto per gestire al meglio una formazione di campioni, piena di personalità anche in contrasto tra loro ma che remano tutte verso la stessa direzione seguendo le sue sapienti indicazioni. Nella stagione 1997-98 surclassa la Roma di Zeman per quattro volte su quattro, entrando di fatto nell’olimpo degli eroi biancocelesti. La Lazio nei suoi tre anni di permanenza vince quasi tutto: Scudetto, due volte la Coppa Italia, due volte la Supercoppa Italiana, la Coppa delle Coppe e la Supercoppa Europea conquistata ai danni dell’invincibile armata di Sir Alex Ferguson, tecnico del Manchester United che anni dopo nella sua biografia descriverà la squadra di Eriksson come “la più forte al mondo in quel momento”.

Eriksson e l’Inghilterra

Le sue qualità tecnico-tattiche, la sua eleganza e correttezza fuori dal campo (mai una polemica, mai una parola di troppo), il suo essere “gentleman” a tutto tondo, ne disegnano il profilo perfetto per la conduzione della Nazionale inglese. Così, nel gennaio del 2001 lascia la Lazio e diventa il primo tecnico straniero ad allenare l’Inghilterra, a caccia di successi dal 1966, ma Eriksson non riesce a portare a casa alcun trofeo; con lui gli albionici si fermano sempre ai quarti di finale sia ai Mondiali sia agli Europei.

Quello al timone della nazionale inglese è certamente il periodo più difficile a livello ambientale vissuto dal tecnico svedese, spiato e attaccato spesso dai tabloid per le sue vicende private e sentimentali in particolare quelle legate alla lunga storia con Nancy Dell’Olio.

Singolare, ma sintomatico del personaggio, quanto avviene nel 2008; il suo Manchester United delude in campionato arrivando nono nonostante un’imponente campagna acquisti, ma quando la proprietà decide di non confermarlo, i tifosi scendono in piazza lanciando perfino la campagna mediatica SOS (Save Our Sven) pur di trattenerlo sulla panchina dei Diavoli Rossi, senza però riuscire nell’intento.

Parte a questo punto un vero e proprio giro del mondo che vede lo svedese sulla panchina delle nazionali del Messico e della Costa d’Avorio, per poi tornare in Inghilterra, al Leicester, e allenare successivamente club cinesi e perfino la nazionale delle Filippine. Nel 2013 è anche uno dei primi europei a lavorare negli Emirati Arabi, accettando l’incarico di direttore tecnico dell’Al-Nasr allenato da Zenga.

Da direttore generale del Notts County compie un bel gesto quando, per agevolare il passaggio di proprietà della società in grave crisi economica, si dimette dall’incarico rinunciando a tutti i suoi crediti nei confronti del club.

Allenatore di successo e grande gentiluomo

In carriera centra vari record: è l’unico tecnico ad aver centrato il double, costituito dalla vittoria del campionato e della coppa federale nello stesso anno, in tre paesi diversi: Svezia, Portogallo e Italia. In queste tre federazioni calcistiche vanta un totale di cinque scudetti e dieci tra coppe federali e supercoppe. Ha vinto quattro volte la Coppa Italia (con Roma, Sampdoria e due volte con la Lazio): una in meno di Massimiliano Allegri, detentore del record, ed a pari merito con Roberto Mancini. La vittoria di una coppa nazionale con tre squadre diverse costituisce a sua volta un record, ancora condiviso con Mancini, ed è l’unico allenatore ad averne vinte due con due squadre della stessa città (Roma).

Padre di due figli, nati dal matrimonio con Ann-Christine Pettersson, Eriksson non ha mai nascosto il suo amore per i piaceri della vita e gli sono stati attribuiti numerosi flirt tra i quali quelli con l’attrice Debora Caprioglio, la conduttrice televisiva svedese Ulrika Jonsson e la segretaria della Federazione calcistica inglese Faria Alam, oltre alla nota e già menzionata relazione con l’avvocata italoamericana Nancy Dell’Olio, chiusa nel 2007.

Nel novembre 2013 ha pubblicato il suo libro autobiografico, dal titolo Sven: My Story.

Il “tour” d’addio negli stadi della sua vita

Commuove il mondo, non solo quello del calcio, quando lo scorso gennaio comunica in un’intervista alla radio svedese SRP1, di essere afflitto da un cancro al pancreas in fase terminale e che “nel migliore dei casi” di avere ancora davanti un anno di vita.

Da quel momento parte una vera gara di solidarietà da parte di tutte le squadre che lo hanno avuto come tecnico e che lo invitano nei loro stadi per salutarlo ed omaggiarlo come merita. Eriksson affronta questo periodo con la consueta classe ed eleganza, regalando a tutti coloro che hanno avuto la possibilità di vederlo in presa diretta una lezione di vita.

Noi eravamo presenti allo stadio il 26 maggio scorso e quando lo speaker ha annunciato il suo nome e la sua figura, appesantita dalle cure cui era sottoposta ma sempre elegante, si è cominciata ad intravedere sul tartan dell’Olimpico, si è levato al cielo il canto a lui dedicato nel periodo laziale, un canto che è andato avanti per tutta la sua permanenza al centro del terreno di gioco e durante il suo giro di campo, quell’inconfondibile ed emozionante scansione ritmata che nessun tifoso biancoceleste potrà mai dimenticare: SVEN GORAN ERIKSSON, LA LA LA LA che ne accompagnava le gesta nel suo momento di massima gloria.

Oggi tutto il mondo del calcio piange un grande uomo di sport; il nostro augurio è che il suo esempio venga seguito dal maggior numero di persone possibili, affinché questo calcio sempre più spoetizzato possa ritrovare il sorriso; un sorriso che lui, Svennis, non negava mai a nessuno…