Il sogno di ogni tifoso di calcio è quello di vedere la propria squadra del cuore disputare una finale di Champions League e magari vederla alzare al cielo la coppa: la sera del 29 maggio 1985, 32 tifosi juventini, allo stadio Heysel, teatro della finale di Coppa dei Campioni, non videro la loro squadra vincere, ma trovarono la morte.
Oggi si celebra (tristemente) il trentesimo anniversario della strage dell’Heysel che costò alla vita in tutto a 39 persone, le trentadue appena accennate e altre sette persone tra i tifosi neutrali presenti nel settore Z dello stadio belga: quattro belgi, due francesi ed un irlandese, per un totale di 36 uomini, due donne (italiane), un bambino di 11 anni, quattocento feriti in tutto.
Lo stadio Heysel, prima di allora, era stato teatro di altre quattro finali di Coppa dei Campioni, una di Coppa Uefa e tre di Coppa della Coppe. Costruito in occasione del centenaio dell’indipendenza del Belgio, l’impianto, situato nei pressi dell’Atomium, nonostante fosse la sede delle partite casalinghe della Nazionale dei “diavoli rossi”, presentava grossi problemi strutturali ed organizzativi, ma la Uefa decise l’anno prima che vi si sarebbe giocata la finale della coppa europea più importante.
Quella sera di fine maggio si affrontarono per la seconda volta in pochi mesi i campioni d’Europa uscenti del Liverpool ed i campioni d’Italia in carica della Juventus: i Reds e la Vecchia Signora si incontrano il 16 gennaio precedente per la finale della Supercoppa europea che vide la vittoria della squadra italiana, vincitrice l’anno precedente della Coppa della Coppe. Per la squadra del Trap la partita dell’Heysel era la terza finale europea consecutiva, mentre il club inglese la coppa l’aveva vinta già quattro volte, l’ultima l’anno prima in finale contro la Roma. Per la Juve era il terzo tentativo nella coppa più prestigiosa d’Europa e cercava il primo storico successo.
Quel mercoledì alle 20:15 si sarebbe giocata la finale numero trenta della Coppa dei Campioni e allo stadio erano presenti complessivamente 58mila spettatori, ma la sera precedente gli hooligans, i temibili tifosi inglesi noti in tutta Europa per il loro tifo violento e per la loro propensione per la birra, picchiarono persone inermi alle fermate degli autobus, spaccarono le vetrine di molti esercizi commerciali ed alcuni di loro rapinarono una gioielleria fuggendo con un bottino di oltre 300 milioni di lire. La gendarmeria di Bruxelles non fece nulla per impedire agli inglesi di fare ciò che volevano in città.
Il giorno dopo, i tifosi inglesi, in minoranza rispetto agli italiani, furono sistemati nei settori X ed Y per un totale di 17.200 unità, ma a loro si unirono altri otto mila giunti in Belgio senza biglietto che entrarono armati di coltelli, lancia razzi e con casse di birra al seguito; i tifosi juventini furono fatti accomodare nella curva opposta a quella dei Reds, i settori M, N e O ed erano in tutto 23.200.
Accanto ai due settori destinati ai tifosi del Liverpool e la tribuna, fu creato un settore “cuscinetto” composto esclusivamente da tifosi non appartenenti a nessuna delle due squadre, i cosiddetti tifosi “neutrali”, (il già citato settore Z), per un totale di 6mila posti. Per motivi organizzativi quel settore non sarebbe dovuto andare a nessun tifoso “dichiarato”, mentre invece moltissimi biglietti, complici il bagarinaggio fuori dallo stadio e “pacchetti” delle agenzia di viaggio errati, andarono nelle mani dei tifosi italiani (non ultras) della Juventus con sciarpa al collo e bandiera bianconera in mano.
Già dall’esterno, lo stadio appariva logoro, fatiscente e dentro era peggio in quanto le gradinate erano rotte, scheggiate ed era facile ricavare dei sassi: uno stadio non adeguato per una manifestazione come la finale di Coppa dei Campioni.
I cancelli dello stadio si aprirono intorno alle 18:30 e gli hooligans iniziarono a spostarsi daI loro settore verso lo Z facendo partire i primi insulti verso i tifosi avversari, che non si scomponposero, anche perchè non erano tifosi violenti o pronti allo scontro (c’erano tante famiglie, per intenderci).
Alle ore 19:08 gli hooligans iniziarono a caricare: rompendo la rete di recinzione che divideva i settori, superarono gli appena cinque gendarmi impegnati nel servizio d’ordine e riuscirono ad entrare nel settore “cuscinetto”. Gli spettatori iniziarono a scappare di corsa verso l’uscita o verso il campo, ma tantissimi si riversarono a ridosso di un muretto che cadde, travolgendo quelli che non erano stati stati schiacciati e soffocati dalla ressa: alle 19:15, quando finì la carica degli hooligans, si contarono trentotto vittime. La trentanovesima morì dopo il ricovero in ospedale.
Alle 19:22 i poliziotti dentro lo stadio chiamarono i rinforzi, che arrivarono sette minuti dopo quando era troppo tardi. Alle 19:49 i tifosi inglesi tornarono ai loro posti e la “mattanza” finì.
Le bandiere bianconere servirono come veli funerari per coprire pietosamente le salme. La gente piangeva, urlava, si metteva le mani nei capelli e chiamava disperatamente parenti ed amici che erano li con loro. L’Heysel sembrava un teatro di guerra.
Alle 20:15 l’arbitro svizzero Diana avrebbe dovuto fischiare l’inizio del match, ma il fischio fu rimandato. Alle 20.28 i giocatori della Juventus si presentavano in campo dirigendosi verso la curva bianconera, anch’essa in parte devastata da coloro che avevano divelto le reti per cercare di andare a difendere i compagni dalla parte opposta. I giocatori furono sommersi da tifosi che volevano sapere se la partita si sarebbe giocata, cosa era successo realmente e qualcuno chiese anche un autografo.
Alle 21:15 i capitani della due squadre, Gaetano Scirea e Phil Neal, lessero un comunicato in cui dissero che la partita si sarebbe disputata: non giocare quela partita avrebbe potuto peggiorare la situazione. Molti giocatori juventini non avrebbero voluto giocare, ma furono obbligati a farlo.
Il match, disputato in un clima surreale, finì 1 a 0 con rete di Michel Platini su calcio di rigore procurato per fallo di Gillespie su Boniek. Il fallo del giocatore del Liverpool avvenne molti metri fuori dall’area di rigore, ma l’arbitro concesse la massima punizione per i torinesi che segnarono e vinsero la coppa.
La premiazione avvenne negli spogliatoi, ma la “coppa dalle grandi orecchie” venne portata dentro al campo per farla vedere ai tifosi italiani giunti a Bruxelles per vedere vincere la loro squadra dopo due finali perse. Marco Tardelli, in un’intervista di anni dopo, disse quella coppa non se la sentiva come propria e si scusò per i festeggiamenti sotto la curva.
In Italia, nonostante si sapesse della strage e delle vittime, i tifosi juventini scesero in piazza a festeggiare la prima vittoria in Coppa dei Campioni dopo due finali perse.
La Uefa andò giù pesante contro l’Inghilterra calcistica: per cinque anni le squadre della FA furono escluse dalle coppe europee ed i Reds ebbero un anno in più di squalifica, mentre la Juventus fu punita con due partite da giocare a porte chiuse la stagione successiva per le intemperanze dei propri tifosi, ma riuscì a barattare un turno chiedendo di iniziare l’edizione successiva dal primo turno e non dagli ottavi come avrebbe dovuto in quanto detentrice del trofeo.
Lo stadio Heysel venne abbattuto il 23 agosto 1994, ricostruito ed intitolato alla memoria di re Baldovino. Il nuovo impianto ospitò alcune partite degli Europei del 2000, ma a livello europeo, a parte la finale di Coppa delle Coppe del 1996, non gli venne più assegnata nessuna finale.
Il 5 aprile 2004 le due squadre si rincontrarono ad Anfield road nei quarti di finale di Champions e la Kop, la curva del Liverpool, fece una coreografia speciale con la scritta “friendship” (amicizia), come segno di scusa e di smorzamento degli animi dopo i tragici fatti dell’Heysel, ma la tifoseria juventina ignorò le scuse.
Il mondo degli stadi da quel momento cambiò, ma anche il calcio inglese cambiò: la strage del 15 aprile 1989 di Hillsborough, che causo la morte di 96 tifosi del Liverpool non per fatti violenti ma per la precarietà di quello stadio, fu la goccia che fece traboccare un vaso già saturo ed il governo inglese diede un forte giro di vite con il cosiddetto “rapporto Taylor”.
Sulla tragedia dell’Heysel sono stati scritti libri, girati documentari e, soprattutto, il 2 marzo 1986, Otello Lorentini, che all’Heysel persE il figlio Renato che si fermò ad aiutare un bambino in difficoltà, riunì le 31 famiglie italiane e fondò l”’Associazione famiglie vittime dell’Heysel”. Il processo, che iniziò subito dopo, vide la partecipazione di solo diciannove famiglie e dopo sei anni, e tre gradi di giudizio, furono condannati 26 hooligans (riconosciuti tramite dei video dentro lo stadio) per omicidio, mentre per “omessa prevenzione” furono condannate l’Uefa, la Fedelcalcio belga, il Ministro degli Interni del Belgio, il sindaco di Bruxelles e la gendarmeria.
Sono passati trent’anni e questi tre decenni non hanno cancellato la rabbia ed il dolore per una partita sognata da tante persone che invece una massa di animali li ha portati alla morte. Molte persone sono rimaste così scioccate da non seguire più il calcio da allora: il calcio, come tutti gli sport, è una passione ma non deve portare alla morte.
Tutti si chiesero come hanno potuto gli hooligans aver fatto ciò quando tutti sapevano che erano una tifoseria violenta: decuplicare il servizio d’ordine? Dare agli inglesi un altro settore come è stato fatto per gli juventini? Bloccare alla frontiera quelli senza biglietto? Nulla si è potuto contro autentici criminali contro i quali il servizio d’ordine belga ha fallito clamorosamente il suo compito.
L’organizzazione dei belgi, malgrado tutte le assicurazioni fornite, fu di una carenza incredibile, visto che l’anno prima, sempre a Bruxelles ci furono pesanti incidenti tra le tifoserie di Anderlecht e Tottenham in Coppa Uefa.
Parafrasando l’epitaffio della targa commemorativa di Superga, “solo la morte li vinse”. E la Juventus vinse quella coppa anche per loro.
A distanza dA allora, i bianconeri, il prossimo 6 giugno, giocheranno la loro settima finale Champions. Quei trentadue tifosi juventini forse ora sarebbero in possesso del prezioso biglietto dell’Olympiastadion come fecero trent’anni prima per l’Heysel. E chi ancora oggi insulta quei morti, dovrebbe solo vergognarsi.