Grandi in campo, successo da allenatori? Zidane ci prova…

Panchina
Se Zinedine Zidane riuscisse a fare in panchina soltanto la metà di quello che ha realizzato in una carriera sul campo… beh, saremmo di fronte ad un grandissimo allenatore. La mossa di Florentino Perez ha un senso ben preciso: per voltare pagina dopo la parentesi Benitez, la scelta vincente può essere proprio Zidane, ovvero un personaggio a tutto tondo, bravo nel parlare ai grandi giocatori, in grado di capire sempre e comunque l’aria che tira in uno spogliatoio.

Sarà il futuro a dire se Zizou sarà da pallone d’oro anche come coach, ma la scommessa è stuzzicante e soprattutto rispolvera il grande dilemma: perché tanti fenomeni in campo non sono riusciti nella storia a ripetersi come tecnici? Una considerazione che non esclude eccezioni sontuose: si pensi, per esempio, a Roberto Mancini oppure a Johann Cruyff e Pep Guardiola, tre che da calciatori incantavano le platee e sono stati capaci di affermarsi anche come allenatori dando vita a squadre e cicli vincenti incredibili. Dall’altra parte, invece, il flop più clamoroso è quello di Diego Armando Maradona, il più forte calciatore di tutti i tempi che, successivamente, ha dimostrato come la panchina non facesse proprio per lui.

Vengono quindi in mente diversi grandi allenatori che da giocatori erano tutt’altro che fenomeni, piuttosto solidi gregari o arcigni difensori: Giovanni Trapattoni, Fabio Capello, Carlo Ancelotti per citarne soltanto alcuni, ma pensandoci bene questa categoria forse rappresenta la maggioranza. Perché? Qualcuno la fa semplice e risponde così: se sei un grande calciatore sei abituato a viaggiare dieci metri sopra tutti, sei altezzoso, non sei una persona che unisce, bensì dividi in virtù della tua superiorità tecnica e calcistica. Può essere: Mancini, per esempio, mandava allegramente a quel paese i compagni di squadra che non gliela davano come voleva, poi però da allenatore sta dimostrando di gradire quei giocatori di quantità che probabilmente non avrebbe amato quando portava il dieci sulle spalle.

Poi c’è la gavetta che alcuni considerano imprescindibile: Sarri, Mazzarri, Allegri, Lippi sono allenatori che prima di allenare in Serie A e vincere hanno calcato per anni i polverosi campetti di provincia alla caccia di salvezze insperate, ma anche la gavetta in alcuni casi non è così imprescindibile e ci sono fior di esempi a testimoniarlo. Ci sono addirittura grandissimi allenatori che praticamente non sono mai stati calciatori: Mourinho, Arrigo Sacchi e lo stesso Rafa Benitez e Alex Ferguson – chi più chi meno – nel mondo del calcio giocato hanno lasciato ben poche tracce, per poi invece affermarsi come teorici e innovatori dopo essersi seduti in panchina. Bisognerebbe a questo punto interrogarsi su quali caratteristiche debba avere un allenatore e su quanto davvero incida il suo lavoro su una squadra, ma il dibattito sarebbe altrettanto complicato.

C’è chi al tecnico attribuisce la stessa importanza di un grande giocatore in campo, altri invece sostengono che l’allenatore incida non più del 10% sul rendimento della squadra. Il calcio è bello perché è vario. E alla fine, gli unici ad aver ragione – sempre – sono i risultati che a Madrid, sponda Real, sono d’obbligo: in questo senso, Zinedine Zidane ce l’avrà tutt’altro che facile e dovrà mettere in panchina tutta la classe cristallina che ha messo in campo per tanti anni.