Antonello Venditti, nel 1991, scrisse “Amici mai”, pubblicata nell’album “Benvenuti in Paradiso”. La seconda strofa di questa canzone, molto nota, dice: “certi amori non finiscono/fanno dei giri immensi e poi ritornano/amori indivisibili, indissolubili, inseparabili”. Nel 1991, Mario Götze non era ancora nato, sarebbe venuto alla luce l’anno dopo a Memmingen, in Baviera. Götze sicuramente non conoscerà questa canzone, ma la nota strofa rende chiaro il suo motivo del definirlo “figliol prodigo”.
Mario Götze, faccino tondo, capelli biondi e occhi azzurri, è un a centrocampista offensivo ed è uno dei pochi che posso fregiarsi del titolo di man of the match in una finale mondiale: se la Germania ha avuto la meglio nella finale del “Maracanã” di due anni fa sull’Argentina, lo deve ad un guizzo del suo numero 19. Un gesto semplice (il gol per un attaccante), in un momento caldo della partita (il 113′), realizzata da un giocatore con il sangue freddo (cross da sinistra, stop di petto e sinistro al volo).
Götze è da ieri un giocatore del Borussia Dortmund. O meglio, Götze ritorna ad essere un giocatore del Borussia Dortmund.
Esploso nelle giovanili del club giallonero, a 17 anni era nel giro della prima squadra, diventandone successivamente un cardine. Ha militato in un Borussia Dortmund molto forte dopo anni di anonimato, guidato in panchina da Jurgen Klopp e capace di vincere dueMeistershale consecutivi e una coppa di Germania, oltre ad arrivare in finale di Champions League, nella stagione 2012/2013, a Wembley nel derby contro il Bayern Monaco. Era una squadra davvero competitiva: da Weinfeler a Gundogan, da Lewandoswsly a Reus, da Błaszczykowski a Subotić, da Hummels allo stesso Götze.
Quella di Wembley fu la seconda finale della squadra di Dortmund (dopo la vittoria contro la Juventus nel 1997) e i ragazzi di Klopp fecero sudare le cosiddette “sette camicie” ai bavaresi, che vinsero la coppa. Götze purtroppo quella partita non la disputò a causa di un infortunio (forse anche per tutelarlo dalla “grinta” dei suoi ex compagni), ma se il fantasista avesse giocato, la partita sarebbe potuta andata diversamente.
Da almeno tre stagioni, il Bayern Monaco fa la “spesa” in casa Borussia, portando in Baviera i pezzi pregiati della squadra vestfaliana: da Lewandosky a Hummels fino a Götze. Ovviamente, la squadra da quattro anni consecutiva campione di Germania non può portare tutti i pezzi pregiati all'”Allianz Arena”, ma solo quelli che potrebbero far rivincere la Champions al club bavarese. E se Lewandosky è arrivato svincolato (anche se tra il club e il polacco c’era già un accordo), Hummels è stato pagato 38 milioni, mentre tre anni fa Götze addirittura uno in meno, rendendo il suo passaggio allora come il più costoso della storia della Bundesliga.Mario Götze allora aveva ventuno anni.
Un acquisto ottimo e di prospettiva: giocatore offensivo universale, dotato di buon dribbling, buona visione di gioco e buon fiuto del gol. Insomma, il Bayer aveva fatto il colpaccio andando a creare un solco tra di lui e le avversarie della Bundesliga.
La prima stagione vide Götze, numero 19 sulle spalle, fare buone cose: quindici reti, di cui tre in Champions League. La stagione successiva i gol in Europa furono quattro, mentre tra campionato e Coppa nazionale si fermò a undici. Trenta reti in due stagioni non erano un bottino entusiasmante per il nuovo talento del calcio teutonico, anche se molte volte non partì titolare per scelta tecnica e per qualche infortunio di troppo.
Su di lui si fiondò l’estate scorsa la Juventus, pronta a dare a Max Allegri quel trequartista che nel suo (ipotetico) 4-3-1-2 avrebbe dato al biondino le chiavi della fantasia, con lo scopo di dare alla Vecchia signora quel quid in più non solo per vincere ancora in Italia, ma per cercare di vincere quella Champions League che in casa bianconera manca da troppi anni.
L’ultima stagione di Götze è stata negativa: sei reti in venti partite, troppo poco. In più in casa Bayern è andato via Guardiola per fare spazio a Carlo Ancelotti che non ha voluto dare un’altra chance al giovane giocatore bavarese.
Morale: il traditore Götze passerà, anzi ritornerà a vestire la maglia del Borussia Dortmund. Un’operazione che peserà alle casse bavaresi (- 9 milioni di euro), ma che farà felice senza dubbio Götze che potrà giocare in un ambiente che conosce già, senza tante pressioni, tornando ad essere un calciatore utile alla causa.
A Dortmund ritroverà l’amico Marco Reus, uno dei giocatori tedeschi più interessanti degli ultimi anni, ma anche André Schürrle, che firmerà fra pochi giorni, pronto a ripartire dalla Ruhr per risalire anche lui la china dopo una stagione un po’ opaca al Wolfsburg. Mettiamoci anche i nuovi acquisti Marc Bartra, Raphaël Guerreiro, Emre Mor oltre ai collaudati Weidenfeller, Bender, Şahin, Aubameyang e Piszczek ed ecco una squadra che dovrebbe, per la quarta volta negli ultimi cinque anni, lottare per il secondo posto, visto che il Bayern Monaco, dalla stagione 2012/2013, disputa un campionato a parte.
Tornando a Götze, a Monaco di Baviera il fantasista classe 1992 ha avuto la sfortuna di incappare in qualche infortunio di troppo e di aver sentito troppo la pressione di dover dimostrare che quei 37 milioni sono stati la spesa giusta per un giocatore duttile come lui.
Al Borussia troverà un tecnico giovane e abile come Thomas Tuchel, erede di Klopp e con un unico obiettivo: andare avanti il più possibile in Champions League e spezzare l’egemonia del Bayer Monaco in patria.
Non sarà facile per i gialloneri, ma se troveranno il Mario Götze ispirato e freddo della sera del 13 luglio 2014, allora la “Sudtribüne” potrà sperare in meglio. Il giocatore ha firmato un quadriennale e fino al 2020 avrà il compito di non deludere (ancora) i suoi supporter.